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Divagando

MA QUALE VARESE DEL FUTURO?

AMBROGIO VAGHI - 11/02/2013

Sia pure con la massima buona volontà credo che nessuno possa disconoscere l’inarrestabile declino economico di Varese unitamente a un suo degrado urbano. Si possono ricercare spiegazioni e ciò è apprezzabile se teso al fine di evitare in futuro certi errori. Oppure, sopratutto da parte dei diretti responsabili della gestione della cosa pubblica, si possono esporre tutte le giustificazioni del mondo ma i fatti rimangono.

Iniziamo dalla qualità del vivere, dal civismo e dal degrado urbano. Questo è sotto gli occhi di ogni varesino e non intendiamo riesporlo. Sarebbe un lungo rosario di misfatti che finisce per annoiare. Giornali e istituti specializzati che valutano la qualità della vita nella varie città, secondo determinati parametri, presentano classifiche che vedono la nostra città in veloce regresso. Si perdono di anno in anno posizioni su posizioni. Secondo il sindaco Attilio Fontana si tratta di “balle”, di rappresentazioni lontane dalla realtà. Il tutto per responsabilità soprattutto dei media che, chissà perché, avrebbero interesse a rappresentare negativamente Varese.

Ma quali media? I giornali cartacei o quelli on line? Ma sono sopratutto questi media locali il termometro del disagio dei varesini, riportando ogni giorno non statistiche ma problemi, che angustiano la nostra città. Tanto che lo stesso sindaco Fontana, anche recentemente, si è sentito in dovere, con una lunghissima lettera aperta, di dare alcune spiegazioni ai cittadini. Partendo dalla Caserma Garibaldi, annunciando l’ennesima definizione dei rapporti tra tutti gli enti interessati, la possibilità di avviare quindi una procedura di finanziamento di progetto bisognevole però di un accordo di programma con la Regione Lombardia. Che per ora non c’è, siamo in fase di ricostituzione democratica degli organismi rappresentativi regionali. Aspettiamo quindi l’evolversi degli eventi.

Sugli altri problemi, illuminazione pubblica, manutenzione di strade e marciapiedi, aree verdi e così via i mancati interventi sarebbero, secondo il sindaco, tutti conseguenza di quel benedetto patto di stabilità che impedisce ai Comuni di utilizzare i propri mezzi finanziari anche quando ne hanno a disposizione. Colpe da addebitare al “governo centrale”, magari dimenticando la presenza in esso di propri sodali politici.

Sulla caotica viabilità, soste selvagge e cose del genere Fontana giustamente si dice impegnato a battersi per “una maggiore e incisiva osservanza delle regole e del rispetto delle norme del codice della strada”. Ovviamente il sindaco, sollecitato in merito, si trova d’accordo “sulla necessità di maggiori controlli e sulla irrogazione di sanzioni esemplari per i cittadini maleducati e inosservanti delle leggi e delle norme regolamentari presidio del corretto vivere civile”.

Tutto giusto ma con quali mezzi esercitare questo giro di vite sulla legalità urbana? In questi giorni, festeggiando il patrono del corpo, il Comando dei Vigili Urbani ha denunciato che dal proprio organico mancano ben dieci addetti. E i varesini se ne accorgono assai bene dell’assenza di polizia comunale sulle strade sopratutto in occasione di eventi straordinari. All’inserzione viale Ippodromo/viale Aguggiari, per esempio, il mancato funzionamento dell’impianto semaforico per diversi giorni ha prodotto il caos viabilistico in ogni ora del giorno. Il tutto senza una costante presenza di vigili a regolare in traffico. Anche qui contano gli obblighi di riduzione della spesa pubblica. Ma dove tagliare? Non è il caso di rivedere organici di certi uffici comunali e sopratutto di migliorare organizzazione e procedure interne laddove l’informatizzazione, anziché snellire, ha prodotto maggiore lavoro col mantenimento delle vecchie parti cartacee?

A proposito dei ritardi del PGT il sindaco di Varese, uscito indenne dal voto del Consiglio comunale dove le opposizioni avevano chiesto di sfiduciarlo, si è detto sicuro che l’amministrazione riuscirà a superarli e che sarà in grado nei tempi brevi di approvare tale importante documento programmatico. In effetti senza ulteriori indugi è stata convocata una prima Conferenza di valutazione delle proposte di Documento di Piano (DdP) e del Rapporto ambientale. Documenti tutti inerenti il PGT in gestazione, commissionati fin dal 2008, ben cinque anni or sono. Gravi ritardi da parte degli studi esterni di collaborazione, di certo non sufficientemente richiamati all’ordine da parte del committente Comune di Varese.

L’amico architetto Ovidio Cazzola la scorsa settimana ha già puntualmente e con la riconosciuta competenza scritto di questi primi documenti presentati alla città. Forniscono indubbiamente alcuni dettagliati elementi di riflessione, dice Cazzola, ma non si intravede un’idea della città possibile futura, di Varese e del suo ruolo. Questo il punto. Ma ce l’hanno gli attuali reggitori comunali un’idea? Finora ne sono circolate poche e ben confuse. Mentre ce ne sarebbe tanto di bisogno per fermare questo generale declino della nostra città.

Proprio nell’anno appena iniziato ricorrerà il sessantesimo anniversario di due avvenimenti che consideriamo l’inizio miliare del regresso cittadino: l’abbattimento del Teatro Sociale e la chiusura delle funicolari del Campo dei Fiori e del Sacro Monte. Era il 1953. Due fatti purtroppo passati tra tanta indifferenza della città e dei suoi amministratori. Era la fine della vocazione del turismo alberghiero che tanto aveva dato a Varese fin dai primi del secolo scorso. Era la fine della funzione di una borghesia illuminata che sapeva, investendo, coniugare i propri interessi economici a quelli della comunità.

Nei decenni successivi veniva progressivamente a mancare anche quella vocazione manifatturiera insita in quel magnifico distretto dei pellami rappresentato da concerie, calzaturifici, valigerie.

Varese finora non ha saputo cambiare pelle. Non ha saputo trasformarsi adeguatamente. Ha cercato sbocchi nel terziario, non in quello dei servizi avanzati ma in quello più banale della grande distribuzione commerciale che spesso genera più problemi di quanti ne risolve. Varese naviga dunque da anni senza bussola gestendo male due possibili vocazioni, quella turistica degli anni Duemila e quella universitaria. Credo che dovremo qui concentrare le nostre riflessioni e le nostre proposte.

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