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Apologie Paradossali

LA COMMEDIA DELL’ARTE POLITICA

COSTANTE PORTATADINO - 01/03/2013

Questo socialdemocratico tedesco dal nome impronunciabile ha fatto proprio un gesto poco cortese  e giustamente Napolitano ha difeso l’immagine dell’Italia.

Ma  il crucco non aveva visto del tutto sbagliato. Anzi, non i clown, meglio, gli attori di una Commedia dell’Arte, recitata a soggetto, forse non sono mica solo due.

Che ve ne pare di Di Pietro? E di Giannino? E di Ingroia? E di La Russa? E di Bossi? Ma lo smacchiatore del giaguaro non è  riconoscibile nella figura del “clown triste” o di un “Pierrot lunaire”? E in questa categoria non compaiono i crepuscolari  Fini e Casini?  E lo studiato distacco di Monti non vi fa venire in mente quello del presentatore dei numeri del circo? Alla fine il mattatore è sempre Capitan Fracassa, rompe le ossa a tutti, a parole, ma la bella Colombina finisce per sfuggirgli…

Veramente non sono le persone, ma è la comunicazione politica che è arrivata ai numeri da circo!

Non è colpa solo dei politici, questa situazione è figlia di una degradazione del linguaggio iniziata molti anni fa.

Il sintomo iniziale fu il successo della comicità demenziale, più di vent’anni fa. Se il divertimento non nasce dall’ironia, ma da una forzatura di toni che sfonda il muro del buon gusto, la volgarità diventa presto diffusiva, virale, come si dice adesso.

Il passo successivo fu la pubblicità demenziale, pur non così invasiva, ma più significativa per la dimostrazione del nostro assunto.  Vediamo un caso: la pubblicità demenziale è stata da anni scelta come filone comunicativo dalla più nota casa automobilistica italiana. Come mai? Forse perché apparirebbe incredibile il confronto sulla qualità? Forse perché basta far parlare di sé, far girare il nome in modo “simpatico”?

Ma il linguaggio della pubblicità e quello della comunicazione politica sono assai contigui, anzi sono diventati il medesimo. Ricordate quando quella casa automobilistica scelse Forattini per la campagna di lancio di un nuovo modello? Da allora l’evoluzione del linguaggio è andata via via degradando. Se guardiamo alla vignettistica satirica  siamo passati dalla pur pesante ironia forattiniana al puro e semplice insulto di molte produzioni di Vauro e compagni. Alla fine la comunicazione politica   si è adeguata, complice la sintassi dei talk show, che non sopporta il lungo periodare di un ragionamento, ma premia la battuta,  l’interruzione, persino l’insulto o il gesto di insofferenza. Lontani tempi dei discorsi di De Gasperi, di Togliatti, di Moro che spiegavano la coerenza programmatica di ogni singola scelta.

Ormai è così, facciamocene una ragione. La Commedia dell’Arte non ammette copioni fissi e i risultati sono imprevedibili.

Ecco la paradossale spiegazione di certi risultati elettorali inattesi, della frammentazione dell’elettorato in scelte di voto non coerenti con le condizioni sociali, culturali,  ideali di chi le compie. Alla fine, accanto al miope opportunismo di chi si attacca alla convenienza economica di un particolare, cresce il peso del voto d’impulso, di ribellione, di disgusto, di pretesa utopica.

La comunicazione ha preso il posto della politica, o, per dirla da colti, il mezzo ha soverchiato il messaggio.

Dentro questo contesto, la mia mente mette sullo stesso piano l’uscita dall’euro e i lecca-lecca acquistati con i soldi del finanziamento pubblico, le tangenti rubacchiate per interesse personale e le provvigioni date all’estero da Eni, Finmeccanica eccetera, i no Tav e i no qualsiasi cosa: non so più cosa fare, ho dimenticato le ragioni che sorreggono il mio desiderio di bene, personale e comune. Voto contro i lecca-lecca e non so valutare l’euro, la Tav,  la  Grecia, la Siria  e tutto quanto conta veramente.  Se l’ultimo tweet può farmi cambiare una scelta importante, che un tempo sarebbe stata una scelta di appartenenza, come posso essere sicuro di chi mi rappresenta, se non sono sicuro di me stesso?

Non conosco rimedi alla politica demenziale. Potrei dire: occorre studiare, educare le nuove generazioni, discutere a fondo non su twitter, ma guardandosi negli occhi, leggendo libri, confrontando i programmi e che volete di più?

Lo so che  volete di più: tutto questo non emoziona, non fa ridere, non fa incazzare, non ci muove.

E allora: allegria! Avanti con i clown!

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