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Storia

I CONCLAVI DI SAN CARLO

SERGIO REDAELLI - 08/03/2013

San Pio V ritratto da El Greco

Carlo Borromeo partecipò a due conclavi e fu determinante in entrambi i casi per la scelta del nuovo vicario di Cristo. Morto per complicazioni dovute alla gotta e al diabete il papa Pio IV, suo zio, al secolo Gian Angelo Medici (1499-1565) che lo aveva chiamato a Roma nominandolo segretario di Stato, membro della commissione per la ripresa del Concilio di Trento e cardinale, Borromeo si prodigò per l’elezione di Michele Ghislieri, acclamato il 7 gennaio 1566, che prese significativamente il nome di Pio V. Sessantuno anni, già grande inquisitore di Roma, Ghislieri possedeva le qualità per essere un buon papa, ma molti dubitavano che avrebbe ottenuto i voti necessari temendo proprio l’opposizione del Borromeo, “non potendosi credere che il nipote di Pio IV decidesse a favore di un cardinale che lo zio non vedeva di buon occhio”.

Ghislieri era di umili origini, da piccolo pascolava le pecore nei dintorni di Alessandria dov’era nato e forse per questo il predecessore lo teneva in scarsa considerazione, lo chiamava “frate Scarpone” e diceva che volentieri lo “farebbe ritornare al refettorio”. In realtà, Carlo gradiva la sua candidatura sin dall’inizio del conclave e se non si dichiarò subito, fu per non mandare all’aria i piani. Ebbe invece il merito di “trascurare i miseri riguardi di una politica famigliare dalle corte vedute” e decidere proprio a favore del domenicano inviso allo zio. Ghislieri a quattordici anni era entrato nel convento di Voghera, a ventiquattro aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale, era poi stato nominato parroco a Soncino presso Cremona, Inquisitore a Pavia, Como, Bergamo, vescovo di Sutri e di Nepi nel 1556, Grande Inquisitore nel 1558 e vescovo a Mondovì nel 1560.

Energico e severo, diede impulso ai processi dell’Inquisizione e s’impegnò a diffondere la riforma tridentina con una mistica opera di riedificazione spirituale, cara proprio al Borromeo. In cinque anni, emanò centodue bolle per dare esecuzione ai decreti conciliari. Le sue regole di vita erano monastiche, pregava, leggeva le Sacre scritture e digiunava. Nel popolo suscitava ammirazione. I romani non erano abituati a vedere un papa camminare in processione alle basiliche portando l’ostensorio. Era morigerato anche nelle abitudini quotidiane. Consumava pasti frugali, sotto gli abiti pontificali indossava il saio e dormiva su un pagliericcio. Pretese che la cerimonia dell’incoronazione si svolgesse in tono dimesso: “Il denaro destinato ai festeggiamenti andrà ai poveri”, ordinò. Su Roma prese a soffiare un vento d’austerità.

Cardinali e vescovi avevano l’obbligo di residenza pena la reclusione, azzerò i privilegi ai canonici di San Pietro, vietò conversare, ridere e scherzare in chiesa come si faceva prima. C’era una questione morale da risolvere e bisognava rigare diritto. La bestemmia e il concubinaggio furono puniti, le feste di Carnevale proibite, gli adulteri pubblicamente fustigati e dalle vie di Roma scomparvero le prostitute. Fece ricostruire il palazzo dell’Inquisizione che il popolo aveva distrutto alla morte di Paolo IV e prese l’abitudine di assistere personalmente alle esecuzioni capitali. Divenne così il bersaglio di Pasquino che lo dileggiava: “Quasi che fosse inverno, brucia cristiani Pio siccome legna, per avvezzarsi al fuoco dell’Inferno”, ma l’autore pagò cara la propria audacia bruciando sul rogo a Ponte Sant’Angelo.

Pio V affidò a Nicolò Ormaneto la riorganizzazione della curia romana. Portò a termine il catechismo iniziato dal Concilio di Trento, pubblicò il breviario e riformulò il messale. Spese grandi energie per difendere il cattolicesimo ovunque la sua autorità fosse messa in pericolo. In Francia soccorse la reggente Caterina dei Medici che combatteva il calvinismo, in Inghilterra scomunicò la regina Elisabetta e sciolse gli inglesi dal dovere d’obbedirle e la sovrana si vendicò facendo decapitare la cugina cattolica Maria Stuarda che vantava diritti di successione al trono inglese. Quando la Mezzaluna rialzò la testa in terra e sui mari, resuscitò lo spirito crociato contro il nuovo sultano Selim III, il figlio di Solimano il Magnifico, inviò nunzi in ogni angolo d’Occidente ed egli stesso fornì navi, uomini e denaro.

Nel 1570, il sultano attaccò l’isola di Cipro, conquistò Famagosta trucidando la popolazione cristiana e punì il governatore veneziano Marcantono Bragadin facendolo scuoiare vivo, riempire di paglia la pelle e appendere il macabro fagotto all’albero di una nave turca. A queste notizie il papa promosse una Lega con Venezia, i Cavalieri di Malta, Genova, la Savoia, la Toscana e Filippo II re di Spagna e accorse a Cipro con una squadra navale di 245 galee, 84mila tra marinai, rematori, soldati e 1815 cannoni comandata da Don Giovanni d’Austria, fratellastro di Filippo II. Il 7 ottobre 1571 la flotta affrontò nelle acque di Lepanto, nel golfo di Corinto, l’armata navale turca di 282 galee, 88mila uomini e 750 cannoni al comando di Mehmet Alì Pascià e le inflisse la più sonora sconfitta della storia della marineria a remi provocando il tramonto della potenza turca sui mari.

Alla morte di Pio V il primo maggio 1572 (poi canonizzato da Clemente XI nel 1712), Borromeo fu ancora decisivo nella scelta del successore, il bolognese Ugo Boncompagni, che aveva ricevuto la berretta rossa dallo zio nel concistoro del 12 marzo 1565 con le parole “Ecce vir in quo dolus non est”. Era titolare della segnatura dei Brevi, “un carico di tanta importanza che si da solo a cardinali confidentissimi”. Il nuovo papa fu eletto in ventiquattr’ore il 13 maggio 1572 e prese il nome di Gregorio XIII. “Lo stretto contatto con il cardinale Carlo che viveva da santo gli fu di esempio per la vita interiore ed esterna”, scrive lo storico Ludwig Von Pastor. Taciturno, prudente e capace, di buoni studi giuridici, già fiduciario del legato pontificio Ludovico Simonetta al concilio di Trento, Boncompagni era disinteressato agli intrighi di corte e di fermo carattere.

Da successore di Pietro nominò una commissione cardinalizia per vigilare sull’osservanza delle norme conciliari e intensificò il lavoro diplomatico dei nunzi pontifici negli Stati stranieri per il controllo di vescovi, preti e diaconi. Bandì il Giubileo nel 1575 e fece costruire i Collegi per stranieri Germanico, Greco, Inglese, Maronita, Armeno; fondò l’Università Gregoriana con il diritto di concedere i gradi accademici in filosofia e teologia; promosse la scoperta delle catacombe ed è ricordato soprattutto per la riforma del calendario, tuttora operante a distanza di oltre quattro secoli. L’anno solare, calcolato in origine di 11 minuti e 14 secondi più lungo, creava un sopravanzo che determinava ogni 128 anni un giorno completo e provocava problemi al calendario festivo della Chiesa con la regressione dell’equinozio di primavera. Tralasciando dieci giorni nell’ottobre 1582 – il 5 diventò il 15 – si restituì l’armonia della cronologia ecclesiastico-civile con quella reale.

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