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Editoriale

LA SORPRESA PAPALE

GIAMPAOLO COTTINI - 15/03/2013

Ancora una volta lo Spirito Santo ha stupito tutti, sparigliando le carte e mandando in frantumi le certezze che pensavamo di avere sulla fisionomia del nuovo Papa. Contro ogni previsione, senza tener conto degli equilibrismi ecclesiastici e delle discordie tra fazioni espressive di tensioni interne, il conclave ha scelto un Papa che, assumendo il nome di Francesco, introduce un elemento di discontinuità rispetto agli immediati predecessori, indicando chiaramente la volontà di imprimere alla vita della Chiesa un nuovo stile di sobrietà ed essenzialità nel realizzare le riforme necessarie alla sua presenza nel mondo. Per questo, spostando l’asse dalla vecchia Europa al nuovo mondo la Chiesa consegna la sua guida al primo latino-americano, un gesuita-francescano noto per la sua vicinanza ai poveri e alla gente del popolo di cui si sente parte.

Ma chi è veramente Papa Francesco? Cominceremo a scoprirlo seguendo le sue prime uscite pubbliche ed imparando ad ascoltare le parole del suo magistero; ma già dal suo primo saluto di inizio dal balcone di S. Pietro, sappiamo che si sente anzitutto Vescovo di Roma, in un’ottica che non ha nulla di verticistico ma presuppone il compito di presiedere alla carità tra le chiese locali in una prospettiva di fratellanza. Papa Francesco si è mostrato anzitutto come un uomo di preghiera e di profonda spiritualità, dando un primo assaggio di uno stile lontano dalla difesa di un papato mondano, politico, centralistico e burocraticamente curiale, mostrando invece il desiderio di una reale comunione di preghiera tra il vescovo ed il popolo di cui fa parte.

La sua precedente esperienza pastorale lo rivela uomo di grande spiritualità, desideroso di condividere le sofferenze dell’umanità e le varie forme di povertà, e perciò aperto all’annuncio della fede. Il primo incontro e la prima benedizione ci hanno fatto tornare alla mente l’immagine umile di Albino Luciani o la figura fisica di San Pio X o del beato Pio IX, distanziandolo dalla fisionomia dei Papi cui eravamo abituati, ma la certezza che Cristo sceglie per la Chiesa l’uomo giusto al tempo giusto ci porterà ad amare sempre di più colui che oggi ci regala, nella certezza del legame tra la tradizione e la novità di cui il Vaticano II è emblema e l’anno della fede è segno.

Chiediamo perciò già da ora al nuovo Papa di non abbandonare la vecchia Europa al destino di decadenza della perdita delle sue matrici cristiane, ma di rilanciare la nuova evangelizzazione là dove c’è il cuore storico e geografico della fede e dove sono le radici stesse dell’impegno ad evangelizzare gli ambienti quotidiani in cui vive l’uomo. Il giorno dopo l’elezione del Papa si apre dunque il nuovo passo del cammino della Chiesa nel mondo, per cui ritornando alle proprie chiese di origine toccherà ai cardinali far rivivere la comunione e la fraternità sperimentate durante il conclave.

Per noi fedeli si tratta di cominciare ad amare il nuovo Papa, così come ci si presenterà: un uomo che nel nome indica la scelta di uno stile di vita intessuto di essenzialità di fede e di povertà di mezzi, un latino-americano per cultura e temperamento, primo gesuita a diventare Papa con una propensione alla spiritualità francescana, un uomo di preghiera capace di essere pastore affabile, un vescovo che ha coscienza del destino che lo lega indissolubilmente al suo popolo. E certo già vogliamo bene al nuovo Papa che Dio ci ha dato, e ci uniamo anche alle sue preghiere di ringraziamento per il suo predecessore emerito, assicurandogli la nostra obbedienza e il nostro affetto. E siamo gioiosamente stupiti della richiesta che il Papa ci ha fatto di pregare per lui come vescovo prima di impartire al mondo la sua benedizione a noi che siamo con lui il popolo di Dio. Siamo probabilmente all’inizio di una nuova stagione della vita ecclesiale che chiede quella libertà dello spirito e quell’esperienza di fratellanza essenziali per poter essere all’altezza delle sfide che ci stanno davanti.

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