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Chiesa

VANGELI E PAROLE “NUOVE”

ORESTE PREMOLI - 29/03/2013

Tiziano, Cristo e il Cireneo, Madrid Museo del Prado

Ogni volta che leggo i Vangeli della Passione di Gesù, stranamente trovo qualche parola “nuova”, che mi sembra di non aver mai visto prima.

Sarei tentato di scoprire perché ciò mi accada, ma evito di avventurarmi in un’indagine dagli esiti incerti. Mi limito a prendere atto che forse ho preoccupanti lacune anche riguardo alle pagine più conosciute della Parola.

* * *

Nell’ Orto degli Ulivi. “Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione”.

“Per non entrare in tentazione”. In Matteo (cap.26, vers. 41), Marco (14, 38) e Luca (22, 40) trovo queste parole che evidentemente mi sono sempre sfuggite. Ora, però, che mi appaiono ben chiare davanti agli occhi, mi chiedo quale significato possano avere.

È la notte del Giovedì Santo. Al termine dell’Ultima Cena – consumata con i Discepoli per festeggiare, secondo il rito ebraico, la Pasqua – Gesù si reca con i Suoi Amici sul Monte degli Ulivi per pregare. Egli sente fortemente di essere ormai giunto al termine della Sua missione, al sacrificio della vita per la salvezza degli uomini. I Discepoli invece non avvertono il dramma di Gesù e, mentre il Maestro prega, si addormentano. Gesù li trova addormentati e li ammonisce : “Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione”.

Di quale tentazione Gesù sta parlando a quegli uomini che, dopo una cena festosa, si sono appisolati sotto gli Ulivi del Getsemani? Penso che la tentazione sia proprio quella di addormentarsi, di dormire mentre si sta realizzando l’evento straordinario, che cambierà la vita dell’umanità: attraverso le sofferenze ed il sacrificio di Gesù, ogni uomo viene riscattato dal peccato originale! Gesù sa che se i Discepoli non partecipano consapevolmente ai momenti della Sua Passione, non riusciranno a comprendere il mistero della Risurrezione. E, infatti, essi dormono; e così verranno subito travolti dagli eventi. Capiranno qualcosa solo più tardi, quando il Maestro verrà a trovarli nel Cenacolo, dopo la Risurrezione.

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Simone il Cireneo. “Fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi”. (Luca cap. 23, vers. 26). Non mi sono mai accorto di questo “ritorno dai campi”. Siamo sulla via che porta al Calvario. Gesù, sfinito per le torture e le percosse subite, non è più in grado di proseguire; e i soldati romani fermano Simone e lo caricano della Croce.

Simone è certamente un personaggio che suscita simpatia, perché aiuta Gesù in quel terribile frangente. E lo fa certamente col cuore, mosso da compassione per quella povera Creatura tanto provata. L’ Evangelista non dice nulla sul punto, ma proprio per questo si può riconoscere la generosa volontà di Simone di adempiere al compito impostogli. Unica è l’annotazione di Luca: Simone era uno “che tornava dai campi”, la frase appunto sfuggita in precedenza alla mia attenzione. Simone quindi era un contadino.

Si può pensare dunque che solo un povero, un uomo di campagna, una persona semplice, ha aiutato Gesù; una persona certamente diversa dalle persone “di città”, che a gran voce avevano richiesto la condanna a morte di Gesù e che ancora sulla via del patibolo lo insultavano e dileggiavano.

Gesù sembra ci voglia indicare che soltanto le persone semplici e buone possano starGli vicino.

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Sul Calvario. “Il popolo stava a vedere” (Luca cap. 23, vers. 35).

Probabilmente assorbito dall’enormità della Crocifissione di Dio, mi è sempre sfuggita questa presenza del popolo di Gerusalemme sul Calvario. È un popolo che non ha nessuna reazione di fronte all’efferata crudeltà del supplizio, cui Gesù è sottoposto, anzi probabilmente gode dello spettacolo, come il popolo di Roma sugli spalti del Colosseo o il popolo di Parigi davanti al palco della ghigliottina.

“Popoli” che non hanno sussulti di umanità! Forse la frase di Luca è messa lì per far riflettere sulla capacità dell’uomo (quindi anche nostra) di annullare la propria coscienza.

***

Non so se sia stato il Signore a “fermarmi” su queste parole evangeliche, che avevo ignorate. Se sì, lo ha fatto certamente, prima di tutto, per richiamarmi ad una maggior attenzione per Gesù, la Sua Parola, l’unico vero faro della mia vita. E lo ha fatto forse anche per ricordarmi che, comunque, non si può mai dormire quando gli altri soffrono; che riusciamo a prenderci cura di chi è nel dolore solo se siamo poveri nello spirito, semplici, misericordiosi; e che non ci basta guardare la Croce per salvarci, ma dobbiamo caricarci della nostra croce e camminare con questa seguendo le orme del Salvatore.

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