Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Politica

QUALE PRESIDENZIALISMO PER IL PAESE

GIUSEPPE ADAMOLI - 07/06/2013

Fare la manutenzione al sistema istituzionale o cambiarlo in profondità?
Se questo è il dilemma confermo che sono da parecchi anni a favore del cambiamento della seconda parte della Costituzione. Nel Partito Popolare ero parte di una minuscola porzione, nella Margherita ero in una consistente minoranza, nel PD non lo so ancora.

Sono pervenuto invece in tempi più recenti a condividere l’idea del doppio turno di collegio (proposta ufficiale del PD) come sistema elettorale. E da parecchi mesi mi sento di appoggiare il sistema semi-presidenziale francese, comunque da ben prima delle incredibili vicende che hanno portato alla riconferma imprevedibile del Presidente Napolitano. Benché grave questa ordalia non giustifica da sola la scelta di cambiare radicalmente il sistema.

Serve in realtà un Presidente della Repubblica che possa rappresentare l’unità nazionale perché eletto dagli elettori. E serve un “governo forte” che governi davvero. La paura della sinistra a questo riguardo la trovo immotivata. Se teme di perdere in eterno e quindi si sente protetta solo dal potere di veto che questo inconcludente sistema le offre, è una sinistra che si appalesa incapace di vincere e che non merita di vincere. Affermare che i partiti sono forti solo con dei governi deboli è buffo e non rispondente alle altre realtà europee. Un governo forte autorevole favorisce, non ostacola, l’evoluzione positiva della politica e delle istituzioni.

Il governo Monti aveva deciso l’eliminazione delle province e ha dovuto accettare il no dei partiti facendo abortire una buona riforma. Da molti anni si vuole il dimezzamento dei parlamentari, la fine del doppione di Camera e Senato e non succede niente non per colpa di un potere governativo forte ma viceversa troppo debole.

Come può una forza politica che ha chiesto a Napolitano di assumersi delle responsabilità quasi simili a quelle di un Presidente francese (senza essere stato eletto dal popolo) rifiutare la prospettiva di una legittimazione popolare del Presidente che gli conferirebbe, questa si, l’autorità di scegliere il capo del governo e di guidarlo con la garanzia della stabilità?

Ci sono però almeno tre condizioni per attuare questo disegno. La prima è l’approvazione di una legge sul conflitto d’interesse. Il Presidente non può portare sulle spalle il fardello intollerabile della commistione fra affari pubblici e privati. Ma diciamo la verità: chi non vuole una forma attenuata di presidenzialismo per paura di Berlusconi fotografa il disastro di tutti i suoi oppositori.

La seconda condizione è che non si pervenga al modello francese in ragione di uno scambio nudo e crudo fra il PD e il PDL: a noi il sistema elettorale che ci piace, a voi il presidenzialismo. Si può registrare una convergenza di vedute con una mediazione utile sul pacchetto complessivo della riforma ma non un baratto di questo tipo.
La terza condizione riguarda il mio partito ed è la seguente: è indispensabile porre questa riforma al centro del congresso. Non vedo nessun’altra scorciatoia possibile. Né quella del caminetto degli uomini forti (?) del PD, né quella della Direzione, e nemmeno quella dell’Assemblea nazionale di mille persone.

Chiamato a votare in quella sede voterei contro perché sede inappropriata.
Mi piacerebbe anzi che questo problema fosse presentato al congresso come “tesi” autonoma da tutto il resto. So bene che sotto molti aspetti è un’incongruenza ma penso a una sorta di referendum interno su cui ciascuno possa esprimersi liberamente a prescindere dai gruppi di appartenenza o dalla simpatia per questo o quel leader.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login