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Attualità

IL VIGORELLI PATRIMONIO ARCHITETTONICO

CESARE CHIERICATI - 07/06/2013

Il Vigorelli negli anni ‘60

Forse avere un ministro dei Beni culturali come Massimo Bray, direttore editoriale dell’Enciclopedia Treccani, è una fortuna sia per i difensori delle memorie storiche architettoniche del Paese sia per gli appassionati di ciclismo e di tutto quello che questo sport ha rappresentato e continua a rappresentare nel costume del paese. Nonostante il perdurare colpevole di episodi di doping fraudolento e idiota.

Massimo Bray, nel giro di un paio di giorni, ha messo a segno due interventi che lasciano ben sperare per il patrimonio monumentale italico: primo, in incognito, addobbato da cicloturista, è entrato nel parco e poi negli appartamenti della Reggia di Caserta del Vanvitelli, sito Unesco e patrimonio dell’Umanità, e ne ha constatato di persona il disperante abbandono in cui si trova ormai da anni, al punto da risultare esclusa dalle locali mete turistiche; secondo, di essere intervenuto nel merito del progetto di ristrutturazione del Velodromo Maspes – Vigorelli di Milano approntato da uno studio di valentissimi progettisti, specializzato in impianti sportivi, al termine di un concorso che ha visto in gara altri nove studi di livello internazionale. Raggiunto da sollecitazioni di associazioni (numerose società ciclistiche) e privati cittadini, il neo ministro, nel caso del Velodromo milanese, ha eccepito che il progetto approvato prevede, in parziale contrasto con gli indirizzi della Soprintendenza meneghina, la completa demolizione della pista storica considerata invece dal ministro “elemento essenziale per la permanenza dei valori storico monumentali rappresentati dall’edificio”. Come dire che quanto meno la trasformazione, come da progetto, del leggendario Vigo in un centro polifunzionale, flessibile nelle strutture dunque disponibile per molte attività, non esclusivamente sportive, va bene a patto che la sua anima ciclistica venga opportunamente evidenziata dall’imminente ristrutturazione.

In realtà fu la grande nevicata dell’85 a decretare, oltre a quella del Palasport alle spalle di San Siro, anche la fine della pista già semi abbandonata da un ciclismo ormai del tutto subalterno agli sponsor, alle televisioni e dunque sempre meno interessato alle riunioni nei velodromi dove invece si dava appuntamento la “competenza”, formata al più da manipoli di appassionati, veri e propri buongustai delle due ruote, stregati dai lunghi surplace dei velocisti, dalle incredibili trenate degli inseguitori, dai volteggi acrobatici dietro motori. Un mondo scomparso. Ha invece ripreso piede – e non poteva essere altrimenti – la pista come scuola propedeutica, per molti, alla strada come dimostrano le recenti fortune del ciclismo inglese, il primo a dotarsi di impianti moderni, coperti e pertanto utilizzabili tutto l’anno. Campioni completi come Wiggins, vincitore del Tour 2012, e velocisti strabilianti come Cavendish sono i frutti migliori di questo ritorno alle radici del ciclismo. Anche se in ritardo e con dolenti nostalgie è giusto mettersi su questa strada. Infatti il progetto Vigorelli prevede anche l’allestimento di una pista smontabile di duecentocinquanta metri che è naturalmente tutt’altra cosa rispetto a quella, splendida, disegnata nel 1932 – e realizzata tre anni dopo – dall’architetto tedesco Clemente Shurmann sulle macerie del vecchio velodromo Sempione di inizio novecento. Giusta quindi la preoccupazione del ministro “ciclista” affinché si cerchi di tutelare al meglio la memoria di un impianto sportivo che è, a buon diritto, tra i simboli della milanesità architettonica.

Assai più complicata e grave appare invece, come è ovvio, l’agonia della Versailles dei Borbone e per Bray non sarà semplice porvi rimedio vista la mancanza di fondi, i nodi gordiani delle competenze, il menefreghismo dei politici locali. Comunque sia l’esplorazione a pedali della Reggia gli ha offerto un inventario concreto della decomposizione in corso, un drammatico ventaglio di guasti e trascuratezze, certo più convincente delle relazioni burocratiche che nei prossimi mesi lo sommergeranno.

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