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Attualità

IL CORAGGIO DELL’UTOPIA

LIVIO GHIRINGHELLI - 25/11/2011

 

Di fronte ai tanti mali che affliggono la nostra società, pur non allontanandoci mai da una visione realistica dei problemi, bisogna che ritroviamo al contempo il coraggio dell’utopia: per quanto riguarda noi cattolici significa rifuggire dall’idolatria del mercato (non esiste allo stato puro), che comporta una deregolamentazione generalizzata, da un impiego delle risorse finanziarie, che è di norma meramente speculativo, da una visione economica che prescindendo dall’etica si sottrae alla logica di un funzionamento corretto. Va privilegiato il principio della sostenibilità dello sviluppo; la visione globale dell’uomo deve comportare la promozione di tutti gli uomini e di tutto l’uomo, rispettando sempre il valore incondizionato della persona umana e dando un senso alla sua crescita.

 Assistiamo invece ai fenomeni dell’individualismo disgregatore, del consumismo che è fonte di alienazione, di un diffuso appiattimento culturale, al trionfo del relativismo tra i due versanti dello scetticismo e del fanatismo (egoismo di fondo, volontà di potenza), mentre l’amore reciproco non si stabilisce certo sul sincretismo e sull’eclettismo.

Il mondo che auspichiamo deve favorire il bene comune, che non è la somma dei beni individuali, incoraggiare una partecipazione sempre maggiore alla res publica e tutelare e garantire sempre e comunque la dignità del lavoro (assicurarlo è esigenza primaria). Principio di gratuità e logica del dono (Benedetto XVI , Enciclica Caritas in veritate, cap. III), centralità della carità devono ispirare la nostra azione e la sobrietà contraddistinguere il nostro costume. L’orientamento culturale sia personalista e comunitario, mentre si persegue un approfondimento critico e valoriale della categoria della relazione.

Sullo sfondo il richiamo al diritto naturale, che precede la volontà del popolo e nel rispetto dell’autonomia delle realtà temporali l’ancorarsi sempre al principio di coscienza, di responsabilità. Così i cattolici, recuperandosi dalla diaspora, in qualunque settore militino, possono dimostrarsi una valida forza sociale capace di visione e di rete nella civiltà del dialogo, della mediazione.

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