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Cultura

L’ANNO DI COSTANTINO

LIVIO GHIRINGHELLI - 13/09/2013

Costantino è conosciuto nella storia come l’autore del cosiddetto Editto di Milano (febbraio 313), in realtà una lettera circolare, frutto di un accordo con Licinio, l’altro Augusto padrone dell’Oriente, da inviare ai governatori delle province al fine di assicurare la libertà di culto per tutte le religioni dell’impero. Veniva così posta ufficialmente fine alle persecuzioni contro i cristiani; ne derivava la restituzione dei beni alle loro comunità e sancita in tal modo la loro esistenza come istituzione di diritto.

Lo scopo preminente era di assicurare che ogni potenza divina e celeste, qualunque fosse, potesse essere benevola verso gli imperatori e verso quanti vivevano sotto la loro autorità. In precedenza, discendendo vittorioso verso Roma, per prepararsi allo scontro finale contro l’usurpatore Massenzio (avvenuto a Ponte Milvio sulla via Flaminia alle porte di Roma presso i Saxa Rubra – 28 ottobre del 312), a Costantino era apparso un trofeo luminoso a forma di croce con la scritta “Hoc signo victor eris”.

Figlio di Costanzo Cloro e di Elena, entrambi cristiani, ma cresciuto alla corte di Diocleziano, non ancora convertito (in realtà ricevette il battesimo solo in punto di morte – 337), Costantino aveva prestato dapprima attenzione al culto del Sol invictus, rifiutando la teologia tetrarchica fondata sul primato di Giove e di Ercole (sincretismo solare alla ricerca del Dio supremo).

Nell’episodio di Ponte Milvio si rivela una decisa conversione di rotta: Costantino legge il risultato della battaglia in chiave provvidenziale: è avvenuta sotto il braccio protettore del Dio cristiano, tutti i tetrarchi che l’hanno preceduto sono periti miseramente, tranne il padre Costanzo, cristiano. Anche se la sua non è una conversione verificatasi al termine di un processo tormentato, quale sarà per Agostino, non pare essere frutto di machiavellismo politico, una scelta scaltra, strumentale e pragmatica, opera di un cinico calcolatore; oltre tutto la nuova fede riguarda ancora una parte minima della popolazione; egli l’attribuisce a un’ispirazione diretta di Dio, collocandola in un’epopea soprannaturale. Si tenga anche conto del fatto che Eusebio nella sua biografia lo definisce già da giovane fiero delle virtù dello spirito più che di quelle del corpo.

Comunque già Galerio, feroce persecutore dei cristiani, aveva emanato un editto di tolleranza a Serdica il 30 aprile del 311 (promulgato anche a nome degli altri membri del collegio tetrarchico, Massimino, Licinio e Costantino), con la condizione “di pregare il loro Dio per la nostra salute, quella dello Stato e la loro propria, affinché lo Stato si conservi sicuro dappertutto ed essi possano vivere tranquillamente nelle loro sedi” (Eusebio, Storia ecclesiastica ,VIII,17).

Già a partire dal periodo di coreggenza con Licinio (tolto di mezzo a Crisopoli nel 324) nei confronti del Cristianesimo Costantino adotta una legislazione favorevole, promuove una politica edilizia di costruzione delle chiese (cominciando dalla basilica del Laterano), ristabilisce ordine nelle Chiese cristiane afflitte da scismi ed eresie, avendo a consiglieri Lattanzio e Osio di Cordova. Alla sua corte sono presenti rappresentanti del potere ecclesiastico, soprattutto nel corso delle campagne militari (specialmente in quella contro i Persiani).

Fino agli ultimi istanti, secondo tradizione, si considera pontifex maximus. Interpreta l’unicità del Dio cristiano come unicità della sua verità rivelata e la fa esclusiva. Quindi perseguita gli eretici alla stregua dei volgari delinquenti, perché vede in ogni divergenza una minaccia alla sua autorità. Eleva insomma l’ortodossia a legge. Memorabili le intromissioni nella vita della Chiesa. Si oppone a Donato, vescovo della Numidia, rappresentante della vera Chiesa dei martiri, dei puri, prediligendo invece il primate d’Africa Ceciliano, in comunione con Roma. Convoca perciò il Concilio di Arles (agosto del 314) , che trasforma addirittura i vescovi in funzionari imperiali; ne deriva un codice destinato a disciplinare la vita delle Chiese. Qui la prima accettazione ecclesiastica del servizio militare. Con una sentenza del 10 novembre del 317, che implica anche la possibilità di intervento della forza pubblica, i donatisti sono costretti a restituire ai cattolici le basiliche occupate; sangue è versato da parte dei martiri donatisti.

Tra i privilegi accordati alle Chiese cattoliche la capacità giudiziaria, l’esenzione dall’annona, la capacità di ricevere donazioni ed eredità, la manomissione degli schiavi nelle chiese, la giurisdizione episcopale. Soprattutto Costantino si proclama episkopos ton ektos, vescovo degli affari esterni; nonostante sia ancora un laico non battezzato .

Infine convoca il 20 maggio del 325 il Concilio di Nicea (alla presenza di più di duecentocinquanta vescovi per lo più orientali) per risolvere il conflitto tra Alessandro e Ario, intromettendosi come giudice di pace col richiamo all’unità. Ne è sancita la dottrina del Figlio ugualmente Dio, della stessa sostanza del Padre – homoousion – da lui generato ab aeterno. Solo Ario e due vescovi sostenitori non sottoscrivono tali conclusioni e sono condannati all’esilio. Strano epilogo: a battezzare l’imperatore in punto di morte è Eusebio di Nicomedia, capofila del partito ariano. Nei confronti dei pagani e dei culti tradizionali, anche dopo il 324, Costantino non si dimostra intollerante, ma esercita comunque un’opera efficace e ferma di convinzione.

L’imperatore isoapostolo, casto e rigoroso nell’osservare gli esercizi spirituali, lascia ai successori un impero, in cui la lotta teologica si carica sempre più di valenze politiche e una pericolosa commistione nei rapporti tra autorità temporale e autorità spirituale.

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