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Attualità

IL GELIDO “OSSOLA” SCORAGGIA I TIFOSI

CESARE CHIERICATI - 25/10/2013

Una buona notizia, venerdì primo novembre alle 12.30 all’incontro Varese–Juve Stabia saranno i bambini gli invitati d’onore in particolare quelli delle scuole calcio e degli oratori di tutta la provincia. Verranno raggruppati nei “Distinti Nord” e quindi la loro presenza non potrà passare inosservata ma al contrario risulterà evidente se ogni gruppo si organizzerà con bandiere e vessilli colorati per segnalare i luoghi di provenienza e il loro entusiasmo.

Da parte della società biancorossa si tratta di un primo lungimirante passo sul sentiero – lungo e tortuoso non illudiamoci – di una rinascita del tifo per la squadra del capoluogo che negli ultimi anni ha fornito in serie ottime prove: due promozioni consecutive (dalla C2 alla C1 e da questa alla B), due partecipazioni consecutive ai playoff per la A ( con Padova 2011 e Sampdoria 2012). Risultati incredibili non confortati però – dicono le cronache più aggiornate – dal sostegno di pubblico. A fronte di una promettente crescita di pubblico al Franco Ossola negli anni delle promozioni, è seguito un calo preoccupante certificato dalle statistiche che vedono il Varese al quart’ultimo posto nella graduatoria delle presenze medie di spettatori negli stadi di serie B. Alle spalle dei biancorossi (2764) – riferiva la Prealpina del 12 ottobre – solo Juve Stabia (2562), Carpi (1951) e Cittadella (1880), tre realtà urbane neanche lontanamente paragonabili al capoluogo per densità demografica, storia sportiva e forza economica complessiva. Le ragioni di questa disaffezione ciclica non sono in questa fase storica evidentemente legate ai risultati ma vanno cercate altrove guardando in primo luogo alla storia sportiva della città e allo stato del suo impianto, in seconda battuta allo spostamento al sabato delle partite di B per ragioni televisive, alla concorrenza di Milano e in parte anche di Torino, le due piazze leader del calcio nazionale.

A partire dal secondo dopoguerra la storia sportiva della città racconta di una crescente polarizzazione di interesse di intere generazioni a favore del basket che ha indubbiamente fornito grandi risultati in serie e che ancor oggi raccoglie consensi e un numero molto confortante di abbonati grazie a campionati spesso di buon livello. Il Varese Calcio ha conosciuto invece un percorso altalenante caratterizzato da alcuni grandi acuti in A ai tempi di Giovanni Borghi, buone presenze in B, ma anche catastrofici sprofondi agli inferi dei campionati più modesti, tonfi quasi sempre coincidenti con l’assenza di una proprietà locale forte e disposta a investire su progetti a lungo termine. In questo contesto di debolezza strutturale sul versante degli spettatori si inserisce il problema centrale del Franco Ossola, “il gelido impianto varesino” come lo definiscono i radiotelecronisti, ormai del tutto inadeguato ai tempi come del resto la stragrande maggioranza dei campi di serie A e B.

Nel calcio che conta l’Italia è fra le nazioni peggio attrezzate. Diversamente che nel resto d’Europa non si è capito che lo stadio di proprietà è la principale risorsa del calcio moderno. Da più di un decennio si aspetta una legge che consenta, con agevolazioni e garanzie finanziarie a beneficio delle società, la costruzione di nuovi impianti in cui accanto al terreno di gioco ci siano cinema, ristoranti, spazi museali, punti di accoglienza per i bambini più piccoli, negozi e quant’altro. L’unica strada per creare ricavi aggiuntivi da un lato e per riportare dall’altro le famiglie sulle tribune. In assenza di rapide scelte in questa direzione l’italica pedata sarà condannata a stadi sempre più desolatamente vuoti e di fatto consegnati alle fasce più estreme del tifo. Senza una seria politica degli impianti non si va da nessuna parte e gli sforzi delle società, peraltro molto apprezzabili, di allevare nuovi tifosi sono destinati a incidere non più di tanto.

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