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Ambiente

VARESE, BELLA E IMPOSSIBILE

LUISA NEGRI - 25/10/2013

La centralina di via Copelli

Il mio amore è una camera a gas. Lo cantava Gianna Nannini, oggi anche noi varesini, innamorati da sempre – e nonostante tutto – della nostra città, possiamo ripetere in coro lo stesso refrain.

Che Varese sia una camera a gas lo ha di recente confermato il rapporto annuale sulla qualità dell’aria stilato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente. Ci siamo guadagnati il nono posto nel Continente, nella classifica dei peggio messi tra città, per un venefico intreccio tra un ozono altissimo e polveri sottili ben al disopra della media. Sotto accusa le troppe auto in circolazione, un primato che Varese non ha mai saputo o voluto abbassare, e gli eccessi nell’uso di riscaldamenti domestici e pubblici.

Lo sapevamo e non lo sapevamo.

I dati registrati in loco dalle centraline, per bene o male che fossero collocate, ce lo raccontavano già. Ma in molti non volevamo crederci, continuando a dar fede, più che all’olfatto e ai malesseri fisici, alle rassicurazioni degli ottimisti per partito preso o degli imbonitori per mestiere. E ritenendo che l’antica fama di città giardino bastasse già da sola a mettere a tacere ogni paura.

Eppure lo sapevamo.

Forse adesso servirà, ma era proprio necessario che fosse l’Europa a spiattellarci la verità in faccia? Bastava annusare l’aria soprattutto nelle ore di punta, di maggior traffico, bastava il sapore di veleno sulle labbra dopo una mezz’oretta trascorsa all’aperto in pieno centro, ma anche in strade defilate rispetto al cuore della città. Bastava mettere assieme le bronchiti croniche dei nostri bambini, le allergie stagionali in continua crescita, le cefalee e nausee ricorrenti, l’escalation di malattie cardiovascolari e i tumori. Tutti malanni non frutto d’amore, piuttosto del non rispetto per quell’ambiente di cui quasi nessuno più si cura nei fatti.

Che la nostra città non fosse più la stessa lo avevamo capito, lo sapevamo, ma continuavamo a fingere indifferenza. Trattandola con occhio e orecchi, e soprattutto cuore, distratti. Ora che l’intera Europa ci guarda, e ci racconta che i Paesi dell’Est sono messi meglio di noi, e che la ricca Pianura padana – la decantata pianura padana – è e a sua volta un’immensa camera a gas, non possiamo più raccontarci bugie o dirci che forse le centraline sono collocate nei punti sbagliati. È ora di rimettere tutto, centraline comprese – se non è troppo impegno o troppa spesa – e visto che chissà perché non si è pensato di farlo, in ogni punto opportuno. È ora di darci piste ciclabili come esistono in ogni paese civile – e non è indispensabile fare chissà quali lavori, basta utilizzare e ripartire al meglio – tra macchine, pedoni e ciclisti – gli spazi di strade e marciapiedi che già ci sono: ricorrendo all’indispensabile segnaletica come fanno altrove. È ora di avere dei bus non inquinanti che funzionino nel modo giusto, con orari e informazioni e servizi biglietti a portata degli utenti. È ora insomma di aver voglia tutti assieme di pedalare nella giusta direzione, anziché correre a rotta di collo verso il collasso ambientale.

Un’amica di Varese, delusa da anni dalla sua amata città, eppure sempre pronta a riconoscere il bicchiere mezzo pieno, confessa di coltivare un sogno impossibile, un’utopia per lei irrinunciabile. Vedere il viale Europa trasformato in un grande spazio verde dedicato al camminamento e alle attività ricreative all’aperto, con piccoli specchi d’acqua, con scale mobili che salgono verso il cuore della città e un manufatto leggero e sopraelevato dove il traffico possa scorrere per conto proprio e più in alto dei nostri polmoni oltre il perimetro cittadino. Naturalmente è un sogno e forse è una colossale sciocchezza pensata da chi non sa nulla di urbanistica. Ma chissà invece che magari qualche pronipote, sopravvissuto ai balli venefici di ozono e polveri sottili toccati alle precedenti generazioni, possa vedere qualcosa di simile nel secolo venturo.

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