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Società

LA COLPA NON È SOLO DEI POLITICI

CAMILLO MASSIMO FIORI - 01/11/2013

Dopo due esecutivi “anomali” – quello “tecnico” di Mario Monti e quello delle “larghe intese” di Enrico Letta – l’esperimento di governare senza una maggioranza parlamentare qualificata è solo parzialmente riuscito; si è tamponata l’emergenza ma il Paese non riesce a riprendersi e sta lentamente sprofondando nel degrado.

La seconda Repubblica, secondo lo studioso Ilvo Diamanti, aveva due bandiere, il bipolarismo e il leaderismo, ma la prima ha contribuito ad accentuare la tradizionale faziosità dei cittadini, la seconda ha dimostrato che un moderno e complesso Paese non può essere governato da un singolo leader e che la continua ricerca dell’ “uomo nuovo” che conosce i desideri dei cittadini e ha il potere carismatico di risolverli è una “bufala”: da Bossi a Berlusconi, da Grillo a Renzi si dimostra come l’anomalia italiana consiste nel fatto che gli italiani pensano di far gestire la politica ai personaggi delle favole della nonna.

Il risultato di questa surreale vicenda è che non si riescono ad ottenere, neppure con vistosi “premi” in seggi, le maggioranze parlamentari, né si possono costituire governi di coalizione tra partiti che si considerano non solo avversari ma nemici. Il governo Letta procede fortunosamente alla gestione dei disastrati conti pubblici procedendo tra un ultimatum e l’altro. Fino a quando potrà reggere questa situazione in cui si impedisce all’esistente di funzionare e si è continuamente alla ricerca di un futuro improbabile?

Le colpe della classe politica dirigente sono evidenti: per paura di perdere i consensi e le relative posizioni di potere non si fanno le riforme e si continua a dilatare una spesa pubblica fuori controllo (che aumenta ad un tasso maggiore di quello dell’inflazione), offrendo servizi sociali di secondo livello, con assunzioni clientelari che hanno gonfiato gli organici della Pubblica Amministrazione, con investimenti sbagliati che non sono neppure riusciti a difendere il nostro paesaggio, una risorsa di prim’ordine, e a mettere in sicurezza il nostro territorio, devastato da smottamenti, alluvioni, disastri vari. Se lo Stato era soltanto pochi mesi fa vicino al “default”, i comuni sono alla “canna del gas”, le inutili provincie sono sempre lì a pesare sui conti pubblici, mentre soltanto le Regioni, in nome della retorica del federalismo, hanno un buon margine di risorse, e più ne pretendono, senza neppure essere capaci, salvo pochissime eccezioni, di applicare i costi standard alla sanità pubblica. L’espansione delle autonomie e dei poteri locali non ha rimodellato dal basso il sistema politico ma, al contrario, ha moltiplicato i centri di spesa, ha incentivato la spartizione clientelare delle risorse, la lottizzazione degli incarichi, l’incapacità di progettare.

Se le virtù non vengono praticate dal basso, come possono essere imposte dall’alto? Ha scritto recentemente l’autorevole “New York Times”: “L’Italia ci spezza il cuore; vi sono così tante bellezze e promesse ma anche tanto spreco”. Non è solo colpa dei politici se l’Italia si è ridotta in tale stato, vi hanno concorso anche i cittadini con le tante illegalità tollerate, con gli abusi quotidiani (nel settore dell’urbanistica, nella circolazione stradale, nella raccolta dei rifiuti, nelle scritte sui muri e sui treni), soprattutto con l’indifferenza e lo scetticismo con cui si giudicano i governanti anche se sanzionati dalla legge per gravi reati e con la superficialità e la leggerezza con cui si guardano i gravi problemi collettivi.

Mentre il dibattito pubblico discute se debbano essere i partiti a rappresentare i cittadini nelle istituzioni oppure se sia auspicabile superare il principio della delega a favore di una più attiva partecipazione della società civile, non ci si rende conto che siamo tutti in ostaggio di quella che l’opinionista Ernesto Galli Della Loggia chiama la “minoranza disinformata settaria” che condiziona negativamente l’opinione pubblica attraverso il circuito mediatico della televisione. “Non è colpa nostra se le cose vanno male” è l’urlo intimidatorio che viene quotidianamente veicolato dai mezzi di comunicazione e che intorpidisce le nostre intelligenze e le nostre coscienze sino al punto di non essere più capaci di fare una onesta autocritica. La responsabilità viene sempre scaricata sugli altri ma, da almeno vent’anni, ci consoliamo nella ricerca “capo carismatico” che è alle viste e che ha le chiavi giuste per trovare le soluzioni adatte. Quali? Non lo sappiamo perché in Italia ci sono molte facoltà di “scienze politiche” ma pochi conoscono i contenuti della gestione e della promozione del bene collettivo; così ci si affida al “mediatore illuminato ” di turno come un tempo ci si rivolgeva alle fattucchiere per leggere nelle linee della mano o nel gioco delle carte il nostro futuro. Togliere ai partiti il diritto di rappresentare i cittadini per conferirlo al “capo” è la surreale percezione della nostra democrazia dove tutti sono uguali ma, come osservava George Orwell, “qualcuno è più uguale degli altri”.

Nell’alluvione di parole retoriche, di buoni propositi, di enunciazioni astratte non ci si deve meravigliare se alla “Leopolda”, dove l’astro nascente Matteo Renzi ha illustrato il suo pensiero, sia emersa dal pubblico anche una sconcertante definizione: “I pensionati sono quelli che rubano”.

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