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Chiesa

IN CODA PER WOJTYLA

ALBERTO PEDROLI - 29/11/2013

Che cosa spinge migliaia di cittadini di Varese, della provincia e, probabilmente, anche da più lontano a mettersi diligentemente in coda per toccare e baciare una ampolla con poche gocce di sangue? O ad alzarsi alle sei di mattina per partecipare ad una Messa prima di andare al lavoro o a scuola? Od ancora ad accalcarsi intorno a monsignor Renato Corti, dopo la celebrazione di martedì mattina per baciare la croce che porta al collo? Una reliquia – come quella esposta in basilica di San Vittore in questa settimana – è solo un segno che rimanda ad altro, ma in questo caso è la traccia tangibile di una presenza viva, è la persistenza nel ricordo di una persona – il beato Giovanni Paolo II – che ha profondamente inciso nel cuore di noi tutti e di ogni uomo che lo abbia anche solo accostato e che ha lasciato un segno indelebile nella storia civile dell’Europa e del mondo intero a cavallo tra XX e XXI secolo.

Una mostra visitabile nel battistero di San Giovanni sino a domenica 1° dicembre ci aiuta a ripercorrere le tappe della vita, prima ancora che del pontificato, di questo grande protagonista …chiamato di un paese lontano e testimone di ciò che l’uomo può essere quando si abbandona a Cristo (…Non abbiate paura, aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!) ed all’intercessione di Maria (Totus tuus…): dalla perdita a nove anni della mamma che sognava un figlio prete alla giovanile passione per il teatro; dal duro lavoro nelle cave di pietra per sfuggire alla deportazione, alla vocazione sacerdotale che – come ebbe poi a dire – è un grande mistero, è un dono che supera infinitamente l’uomo.

Ciascuno probabilmente conserverà del papa polacco un suo ricordo personale, come quello di monsignor Corti che – ha ricordato nella sua testimonianza di martedì scorso – udì parlare per l’ultima volta Giovanni Paolo agli esercizi spirituali nel febbraio 2005 prima che venisse operato alla gola e poco prima della morte avvenuta il 2 aprile, da lui ricevendo in dono quella croce che da allora porta sempre al collo…

Ancora la mostra ci fa ripercorrere alcune delle tappe di una vita spesa sino all’ultimo per testimoniare Cristo e la sua risposta ai bisogni dell’uomo: gli innumerevoli viaggi, più di quelli fatti dai suoi predecessori tutti insieme, l’attentato ma il suo perdono all’attentatore, l’attenzione ai giovani (sua l’invenzione delle Giornate Mondiali della Gioventù), alla famiglia, al diritto alla vita, alle donne tanto da meritarsi l’appellativo di “cantore del genio femminile”, ma soprattutto ai sofferenti non solo esortando a portare la croce ma portandola lui stesso sino all’estremo tanto da far sorgere spontaneo quel grido “Santo subito!” che risuonò in piazza San Pietro il giorno dei suoi funerali. Forte anche il suo grido contro la guerra, la violenza, la mafia, accompagnato dalla ricerca del dialogo con le altre religioni, come testimoniano le storiche visite alla sinagoga di Roma e alla moschea di Damasco.

Una persona fuori dall’ordinario allora? Ma i santi (tutti i santi) non sono altro che persone normali che hanno preso sul serio la propria vita affascinati dall’incontro con una realtà più grande che è fonte di bellezza, di verità e di libertà. A proposito: vi ricordate quando prese con sé il presidente Pertini e andò a sciare sull’Adamello?

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