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Editoriale

PANAMA E ARCISATE

GIANFRANCO FABI - 17/01/2014

Verrebbe da dire: tranquilli, siamo in buona compagnia. Se è vero che per i pochi chilometri di nuova ferrovia tra l’Italia e la Svizzera si è avviato un contenzioso inestricabile tra imprese appaltatrici e committenti, è altrettanto vero che la stessa impresa è coinvolta in un altro contenzioso, e di ben maggiore portata, per una delle opere più grandi del mondo: il raddoppio del Canale di Panama.

I lavori per il nuovo collegamento tra Atlantico e Pacifico, per un importo di 5,2 miliardi di dollari, sono iniziati nel 2009 e avrebbero dovuto concludersi quest’anno per coincidere con il centenario della costruzione del Canale. Dopo un primo contenzioso sulla qualità del cemento ora è probabile che si debba arrivare ad un arbitrato internazionale per decidere sulla validità delle richieste delle imprese del consorzio, guidato dalla spagnola Sacyr, di vedersi riconosciuti costi extra per più di un miliardo di dollari.

Tra le imprese che hanno fin dall’inizio partecipato al consorzio internazionale per i lavori vi è l’italiana Salini, una delle più grandi e stimate società internazionali per i grandi lavori. Basti pensare che il portafoglio ordini supera i 26 miliardi di cui 350 milioni previsti come ricavi dall’impegno panamense. Ed un ramo della stessa Salini è impegnata in prima fila proprio per la nuova ferrovia italo-svizzera.

Al di là dei valori in causa resta la similitudine tra le vicende di Panama e quelle della nostra Valceresio. Là sono in gioco miliardi di dollari e un’opera fondamentale per il traffico navale, qui si parla di pochi milioni di euro insieme alle autorizzazioni per spostare in luoghi sicuri i terreni di scavo contenenti arsenico. Ma, pur nel suo piccolo, anche l’Arcisate-Stabio ha una forte importanza nei collegamenti tra Italia e Svizzera, sia per agevolare gli spostamenti dei frontalieri, sia per migliorare i collegamenti con Malpensa, sia per sfruttare al meglio il potenziale turistico delle due zone.

E poi non a caso era stata promessa l’inaugurazione in tempo per l’apertura dell’Expo 2015, ma ora nessuno ci crede più. Il termine potrebbe essere ancora rispettato, ma occorrerebbe quell’impegno concorde che per ora è mancato in un continuo rimpallo di responsabilità che ha portato a dover attendere una decisione del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) per spostare qualche metro cubo di terra da una parte all’altra della collina di Viggiù.

Intanto mentre da parte svizzera i lavori sono stati praticamente completati, in Italia tutto appare ancora fermo con pochi operai presenti in cantieri in gran parte con le opere lasciate a metà. Ma perché, pur in attesa di risolvere il nodo dei terreni da smaltire dagli scavi della galleria al Gaggiolo, non sono proseguiti con decisione i lavori sul resto della linea? Misteri italiani. In fondo tra Ferrovie, Regione, Comuni, Ministeri, Ambasciate e Imprese costruttrici ce n’è abbastanza perché la responsabilità sia sempre di qualcun altro. E la ferrovia transfrontaliera resti una brutta figura di impegni presi e non rispettati.

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