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Società

ANCORA SUL PIANETA SCUOLA

LIVIO GHIRINGHELLI - 23/01/2014

La scuola in Italia è un’impresa che produce risultati ancora insoddisfacenti, se si constata il fatto che l’abbandono scolastico risulta essere uno dei più alti in Europa: il 17,6% degli alunni (ma il Mezzogiorno registra punte superiori al 25%) lascia i banchi troppo presto. In base agli ultimi studi offerti dalla Commissione europea il tasso medio di abbandono risulta essere del 12,7%, mentre l’obiettivo comunitario da raggiungere entro il 2020 è del 10%.

Certo questi esiti sono da riferire anche all’inadeguatezza delle risorse a disposizione: i fondi stanziati dal Decreto scuola ammontano a 450 milioni, troppo pochi rispetto alle esigenze dettate da orientamento, dispersione scolastica, libri di testo, tutela della salute, formazione dei docenti, assunzione degli insegnanti di sostegno, formazione nelle aziende, semplificazione, ricerca scientifica, dimensionamento, welfare studentesco, offerta formativa. E si sa che l’investimento nel settore scuola è tra i più significativi e necessari per risolvere i problemi suscitati dall’attuale crisi sociale ed economica. Certo la svolta deve avvenire in termini non solo di quantità di fondi, ma prima ancora di qualità dell’offerta.

Se poi si parla di bisogni educativi speciali (espressione introdotta dalla direttiva ministeriale del dicembre 2012) “l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit”: entrano in gioco lo svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici dell’apprendimento, difficoltà di relazione, onde l’urgenza di sperimentare e monitorare nuove procedure, metodologie e pratiche organizzative. L’handicap concerne 207.244 alunni disabili in Italia, il 2,6% della popolazione studentesca; mancano gli insegnanti di sostegno, eccessivo è il numero delle barriere architettoniche (gradini all’ingresso, assenza o non funzionamento di ascensori nelle scuole a più piani,carenza di bagni per disabili ecc ).

Quanto all’edilizia scolastica il 15% dei 42.000 edifici scolastici è frutto di riadattamenti; quasi la metà stata costruita negli anni sessanta e settanta e non risulta completamente a norma (l’11% non dispone di un certificato di valutazione dei rischi, l’82% non possiede il certificato di prevenzione incendi). Per risanare le strutture il decreto scuola prevede che il Governo contragga un mutuo di 800 milioni di euro con la Banca di sviluppo europea.

Per quel che riguarda il digitale (l’insegnamento non ne può più prescindere) il Piano nazionale lanciato nel 2009 stenta a risalire la china del gap informatico: 6 per ogni cento studenti rispetto ai 16 europei preoccupano; solo il 21,6% delle aule sono dotate di lavagna interattiva multimediale; il budget è di appena 5 euro a studente (pur se il decreto scuola del 31 ottobre dà impulso ai libri digitali). Per sopperire ai bisogni intervengono spesso i contributi sollecitati alle famiglie.

 Secondo Cittadinanza attiva 390 milioni di euro sono erogati dai genitori per ovviare alle carenze strutturali del sistema. Si tratta di risistemare cortili, restituire dignità alle aule deturpate, verniciare pareti, acquistare apparecchiature, per finire alle quote integrative che gli istituti dovrebbero garantire in un sistema pubblico per i materiali vari.

Comunque il problema fondamentale è costituito dalla presenza di una classe insegnante culturalmente preparata e disponibile a un continuo aggiornamento di natura disciplinare, ma anche relazionale, consapevole del proprio ruolo in una società che invece non la gratifica più di un riconoscimento adeguato all’impegno e all’assunzione di pesanti responsabilità. Nonostante tante difficoltà è pur presente una larga percentuale di docenti degni d’una civiltà del dialogo, come dovrebbe essere la nostra,capaci di una visione critica dei problemi, intenti a plasmare personalità in una visione non pessimistica e frustrante del futuro.

Purtroppo demotivante è il persistente e costante durare del precariato: 137.000 docenti ne sono afflitti secondo l’Anief. Una procedura di infrazione al riguardo è stata attivata da Bruxelles per il mancato rispetto della direttiva sul lavoro a tempo determinato: si tratta dell’impiego di supplenti con contratti a termine continuativi al fine di retribuirli in misura minore rispetto ai docenti assunti in ruolo.

Si pone il problema del sistema di valutazione (anche partendo da una critica ai criteri instaurati con l’Invalsi). Per i docenti come per gli alunni deve entrare pure in funzione un’attività razionalmente concepita che precisi, in partenza, come lungo il percorso dell’iter di formazione e d’esercizio della funzione docente, quanto sia da attribuire al merito e all’impegno, ai reali progressi, con ipotesi non solo astratte di premiazione per i migliori e di stimolo per chi si attesta comodamente sulla routine senza scatti di orgoglio professionale. Democrazia non significa appiattimento e livellamento al peggio. Ma varrà la pena di insistere con ulteriori considerazioni sulla crisi del sistema scolastico.

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