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Cultura

IL SAN FRANCESCO RESTAURATO

PAOLA VIOTTO - 06/02/2014

C’era anche una piccola parte di Varese nella recente, grande mostra di Antonello da Messina a Rovereto. Tra le opere esposte c’era infatti l’enigmatica e affascinante “Madonna Cagnola”, una preziosa tavola a fondo d’oro, oggi attribuita a Zanetto Bugatto, che mostra la Madonna e il Bambino accompagnati da un coro di angeli musicanti. Il nome le deriva dal fatto di essere stata acquistata da Guido Cagnola, raffinato collezionista di inizio Novecento, che ne fece uno dei capisaldi della raccolta d’arte conservata nella sua villa di Gazzada.

Grazie ad un accordo tra la Villa Cagnola e il MART di Rovereto, quest’ultimo ha ricambiato il prestito della Madonna con il finanziamento del restauro conservativo di un’altra importante tavola quattrocentesca: il San Francesco di Antonio Vivarini. Domenica scorsa il restauro è stato presentato durante un’affollata conferenza, in cui la restauratrice Lucia Laita, lo storico dell’arte Mauro Minardi e Rosa Giorgi, conservatore del Museo dei Cappuccini a Milano, si sono alternati per illustrare tutti gli aspetti del dipinto.

Come la “Madonna” anche il San Francesco è una tavola quattrocentesca a fondo oro, il genere di opera che attirava particolarmente l’attenzione di Guido Cagnola. Per questo motivo, quando nel 1907 andò all’asta la collezione del reverendo americano Robert Jenkins Nevin, da poco morto a Roma, il suo interesse venne immediatamente risvegliato. Personaggio dalla vita avventurosa, Nevin era diventato pastore episcopale dopo essere stato soldato dell’Unione. Trasferitosi a Roma nel 1870 vi aveva fatto costruire la chiesa di Saint Paul, punto di riferimento per gli inglesi e gli americani della capitale italiana, e l’aveva fatta decorare con i mosaici del pittore preraffaellita Burne Jones. Intanto aveva trasformato la sua casa in una sorta di museo ricco di oggetti di ogni tipo, porcellane, pezzi archeologici, arazzi, libri, il genere di casa-museo che Cagnola, impegnato a fare a Gazzada qualcosa di molto simile, sicuramente ammirava. Ma soprattutto aveva sistematicamente comprato dipinti veneti e centroitaliani del Tre e Quattrocento, quelli che allora venivano definiti “primitivi”, fino a mettere insieme una collezione di più di centosettantacinque pezzi.

L’asta che si tenne dopo la sua morte fu un evento per la comunità artistica, con il coinvolgimento di studiosi come Frederick Mason Perkins e Bernard Berenson, che era anche amico di Cagnola. Fu forse tramite loro che Cagnola venne a sapere dell’asta, in cui la collezione venne dispersa tra i collezionisti più avveduti del tempo, e vi partecipò aggiudicandosi il San Francesco.

Anche questa tavola, come molte altre della raccolta di Nevin e dello stesso Cagnola, compresa la Madonna, era originariamente parte di un polittico, un grande quadro d’altare formato da più scomparti. All’epoca sul mercato si trovavano spesso scomparti di polittici smembrati, provenienti da chiese e conventi soppressi dopo l’Unità.

Come ha raccontato Mauro Minardi durante la conferenza, gli studiosi hanno cercato di ricostruire come fosse l’opera originale, di cui doveva fare parte anche un pannello con un altro santo francescano, Bernardino da Siena, oggi in un Museo di Philadelphia. Il polittico doveva trovarsi con ogni probabilità sull’altare di una chiesa francescana dell’Osservanza, nella zona di Fermo, per cui fu dipinto verso il 1460. Poi la tavola con San Francesco divenne proprietà di un misterioso collezionista, Nicola Fenili, come attesta una scritta rinvenuta sul retro. Da lì passò con ogni probabilità alla collezione marchigiana del conte Caccialupi, poi a quella di Nevin, e infine a Cagnola che la portò a Gazzada. Nella villa prealpina trovò altre opere reduci da analoghe peripezie, e tutte insieme diedero vita a qualcosa di nuovo, una collezione d’arte con una sua coerenza interna, che ben si accostava all’impressionante raccolta di ceramiche, armonizzandosi con l’architettura della villa e del parco. Insomma una collezione specchio di una persona curiosa, appassionata e generosa, che non volle che dopo la sua morte questo patrimonio andasse disperso come era accaduto alla raccolta di Nevin. Guido Cagnola, donando per testamento la villa e la collezione alla Santa Sede, fece modo invece che altri continuassero a godere della bellezza che aveva saputo creare.

Molte le iniziative che oggi sono in opera per favorire la conoscenza della collezione, come ha ricordato domenica il conservatore Andrea Bardelli. Oltre alle aperture nei pomeriggi della seconda e dell’ultima domenica del mese, come pure il mercoledì mattina, è possibile concordare visite guidate per gruppi. Inoltre è stata lanciata una collaborazione con il Museo della Collegiata di Castiglione Olona e con il Museo Baroffio del Sacro Monte, per costruire un pacchetto turistico unitario, attivo dall’inizio del 2014

 

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