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Politica

COSTITUZIONE SOTTO SCACCO

CAMILLO MASSIMO FIORI - 28/02/2014

La democrazia è fatta di regole, di formule, di riti, ma questo intreccio di prescrizioni sono a garanzia della sostanza della vita politica, cioè i principi, i valori, i diritti che presidiano la cittadinanza e la coesione sociale. Se si intaccano una o più delle regole che configurano il nostro sistema è la democrazia, non la politica che viene seriamente posta in discussione.

La democrazia è la più alta forma di convivenza civile costruita sulla esperienza storica della civiltà cristiana. La nostra Costituzione che ordina la vita pubblica democratica ha già subito numerosi attacchi, tant’è che si parla di “Costituzione materiale” diversa dalla “Costituzione ufficiale”, ma mai come in questa ultima crisi di governo essa è stata disattesa e negata.

I “vulnus” sono più di uno. Non era mai successo che il governo (Letta) fosse sfiduciato dal suo partito, vale a dire da una associazione di privati senza il riconoscimento giuridico della legge che è previsto anche per le società semplici.

Raramente il Presidente della Repubblica omette di rinviare il governo dimissionario alle Camere.

È vero che il nuovo governo (Renzi) si basa sulla (quasi) identica maggioranza del precedente ma le cause della crisi sono rimaste opache, ambigue, frutto non di una discussione pubblica istituzionale ma di trame oscure di potere e di intrighi di palazzo. Certamente il neo-primo ministro non è un golpista virtuale né lo sono le forze che lo sorreggono, ma questi precedenti possono essere invocati da un qualsiasi governo autoritario di domani.

L’opinione pubblica, anche quella che pendeva a favore di Renzi, è stata colta da un senso di spaesamento; alla crisi economica e politica si aggiunge un altro elemento di carattere etico e morale. Perché Enrico Letta è stato fatto fuori? Quali sono le condizioni che hanno impedito a Letta e prima di lui a Monti di riuscire laddove il sindaco di Firenze e il suo governo di “ignoti” pensano di riuscire?

Giorgio Napolitano, accusato ingiustamente, fino a ieri, di essere “interventista”, in questa occasione ha svolto il ruolo di “notaio” della Repubblica. Perché?

Due partiti politici (il Movimento 5 Stelle e la Lega) si sono rifiutati di incontrare il Capo dello Stato perché “le consultazioni sono inutili in quanto Renzi era già stato deciso”. Ma di grazia, da parte di chi?

L’opposizione non è più contro il sistema politico – istituzionale, bensì contro il sistema democratico; ha detto Beppe Grillo nello “streaming” televisivo: “Io un democratico? Non lo sono”.

Matteo Renzi è il più giovane Presidente del Consiglio ma non è stato eletto per la sua età e i suoi meriti; semplicemente non è stato legittimato dal voto popolare; il suo successo è innegabile ma non dipende dalla sua esperienza (è stato sindaco di una città illustre ma non importante); è stato invece trascinato da un plebiscito (come quelli che hanno dato vita a fenomeni di “bonapartismo”) come le “primarie”. Primarie di partito che sono state trasformate “ex post” in primarie di governo.

La Costituzione Italiana è stata capovolta senza cambiarne una virgola.

Ma c’è un’altra anomalia che all’estero fa scandalo ma che in Italia non suscita reazioni; è quella di un noto uomo politico che però è stato condannato con sentenza definitiva per provata evasione fiscale; dovrebbe essere in carcere oppure, per ragione d’età, agli arresti domiciliari o in affidamenti ai servizi sociali, invece è tutti i giorni sugli schermi televisivi e nelle istituzioni (da cui è stato espulso) e continua a dirigere la politica italiana.

A Renzi sono state consegnate le chiavi di Palazzo Chigi senza mai essere entrato in Parlamento; l’esecutivo corrisponde all’unica passione che anima gli italiani, la perenne ansia di novità; ma il “nuovo” non è una garanzia, è un’incognita. Il nuovo governo nasce già “vecchio”, con ministri giovani ma di non eccelsa levatura, con un programma di buone intenzioni ma notevolmente vago che non riesce a centrare i temi di fondo. Infatti la grande crisi dell’economia a livello mondiale non trova risposta adeguata in un governo e nei partiti che propongono soltanto degli adeguamenti tecnici necessari ma non risolutivi.

La politica ha da tempo abdicato alle idee e ai progetti, si limita alla gestione dell’esistente, un compito importante ma insufficiente a cambiare la logica della “iperfinanziarizzazione” dell’economia che ha portato allo stallo. Una situazione già prevista da John Maynard Keynes che era stata bollata come il “feticcio della liquidità”, vale a dire il meccanismo con cui è stata cambiata la funzione del denaro: non più quella di mettere strumenti nelle mani degli uomini per produrre sviluppo, bensì in quella di riserva di valore. Ovverossia fare denaro non per produrre beni e servizi ma per ottenere guadagno facile che però ha portato a una montagna di debiti che non si riesce più a controllare.

Il problema sottostante è ignorato sia in Europa che in America ed è quello di utilizzare il denaro e i mezzi finanziari per creare beni materiali e immateriali, cioè la ricchezza reale necessaria per sostenere la crescita economica, sociale e culturale.

L’economia è una scienza umana, non una tecnica, e la chiave per capirla è una “parola morta” che abbiamo dimenticata dagli anni Ottanta: la solidarietà.

Economisti e filosofi come Stiglitz e Habermas ripetono da tempo che la redistribuzione della ricchezza e la perequazione delle disparità sociali è il tema centrale per riaprire la crescita mondiale.

È Papa Francesco che ha avuto però l’intuizione decisiva: è la solidarietà che nasce dal riconoscimento della relazionalità come condizione costitutiva della condizione umana.

Il neo-liberismo ha voluto cancellare quella parola, ha voluto sostituire l’imperativo morale con un individualismo atomistico e autoreferenziale che uccide la solidarietà.

L’invito di Francesco è volto a ritrovare il senso della politica che, in termini economici, significa porre la questione della sostenibilità ambientale ed economica.

Non basta recuperare il tempo perduto, la sfida è molto più alta: solo la generosità può essere il motore per una economia a servizio dell’uomo.

Purtroppo la società italiana ha perduto persino il ricordo dell’esperienza democristiana che, al netto degli scarti, aveva individuato nel rapporto tra etica e politica la chiave di volta del cambiamento sociale. Forse quello strumento non è più attuale e riproponibile ma l’esigenza di trovare il senso e il finalismo dell’azione politica è ancora un’esigenza insoddisfatta.

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