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Politica

DEMOCRATICI E SOCIALISTI

GIUSEPPE ADAMOLI - 07/03/2014

Da una settimana il PD è formalmente nel Partito socialista europeo (PSE). Tre ore di discussione nella Direzione (centoventun voti a favore, uno contrario e due astensioni) per chiudere un tormentone che durava da sette anni ma che nell’ultimo periodo aveva perso intensità.
Cinque anni fa i democratici italiani avevano formato con i socialisti un Gruppo autonomo nel Parlamento europeo ma non avevano aderito al partito, oggi lo hanno fatto ottenendo che nel logo del PSE ci sia la scritta “Socialisti e Democratici”.

È una scelta giusta? Ecco alcuni spunti di riflessione: i due grandi partiti europei, PPE e PSE, sono ormai contenitori di tendenze diverse con tante contraddizioni; nel PPE convivono ferventi europeisti ed euroscettici; nel PSE i laburisti inglesi accettano la cooperazione europea ma respingono l’idea federale.

In tale contesto un partito nazionale ha la possibilità di giocare le sue carte alleandosi con altri partiti nazionali più omogenei senza perdere la propria identità. In Europa pesano moltissimo i governi degli Stati sovrani più che le grandi famiglie politiche che sono però pur sempre rilevanti. L’obiettivo del PD è superare le politiche d’austerità che secondo David Sassoli, capogruppo italiano, rischiano di indebolire la qualità della democrazia oltre che le condizioni di vita dei cittadini.

Una dichiarazione così tranchant non la condivido ma fa parte del bagaglio culturale del PD. Martin Schultz candidato alla guida della Commissione europea per il PSE è per tanti aspetti un socialista di vecchia scuola e ha poco appeal elettorale ma è per la prospettiva di una forte unità politica. Una scelta molto netta che il PD (con poca compagnia) potrà contrapporre agli anti europeisti italiani.

Sulle questioni dei valori e dei principi che riguardano la vita umana, le unioni civili, il testamento biologico, lo jus soli, in Europa si votano le mozioni e gli appelli ma non si fanno direttive cogenti. Le leggi restano saldamente nelle mani dei Parlamenti nazionali.

Matteo Renzi sta interpretando il ruolo della sinistra in modo diverso dalla tradizione italiana. Ha voluto riequilibrare l’asse con l’adesione al PSE già annunciata chiaramente nelle primarie?

L’impressione è che abbia deciso di coprirsi il fianco sinistro per procedere con più forza nello scontro elettorale che alle europee vedrà il PD insidiato da Grillo e dalla lista di sinistra di Tsipras. Il risultato europeo sarà decisivo per il futuro del PD.

Torno alla domanda iniziale, scelta giusta? Sarà giusta se il PD continuerà a perseguire il rinnovamento culturale, se aiuterà il PSE a dare più freschezza alla sua casa sbarazzandosi di ogni residuo ideologico del Novecento dopo avere già cessato l’esperienza dell’Internazionale socialista.
Ai tanti che ritengono che il PSE vada bene così com’è ricordo che nei grandi Paesi europei, i socialisti hanno perso in Spagna, in Gran Bretagna, in Germania e sono in grande affanno in Francia.

Tutto questo non dice niente?

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