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Libri

LA NATIVITÀ DELLA PAROLA

LUISA NEGRI - 17/12/2011

 

Nel panorama culturale del territorio sono sempre meno le offerte editoriali convincenti, per la competenza degli autori e la cura di chi si occupa della pubblicazione .

Fa sicuramente eccezione l’attività di una casa editrice che lavora con serietà, offrendo una pluralità di collane e opere che spaziano in vari settori: dall’arte alla saggistica, dalla storia alla letteratura.

La Nomos si è incamminata da tempo nel campo della pubblicazione locale con opere di raffinato interesse, aprendosi a sempre nuove esperienze. Una delle ultime abbraccia anche il campo della poesia, con una collana diretta da Marisa Ferrario Denna, che vanta già diversi titoli ed è stata inaugurata con “Il silenzio e le voci” di Alida Airaghi. Proprio su questa prima pubblicazione vogliamo soffermare la nostra attenzione perché ci sembra interessante materia di riflessione per questo periodo decembrino, legato al solstizio invernale, che la cultura cristiana e la storia interpretano come periodo di luce.

Nata a Verona e residente a Garda, l’Airaghi è vissuta a Lugano per diversi anni, dal ’78 fino al ‘92, collaborando con riviste e quotidiani italiani e svizzeri. La voce di Airaghi ha significativamente dato il via alla collana di poesia della Nomos perché “unanimemente riconosciuta nella sua limpida chiarezza e nella sua estrema profondità di indagine e di ricerca”. Proprio in grazia anche di quella specificità della sua parola, come spiega la curatrice Denna, “qui tutto si gioca e tutto ruota sulla parola, sulle sue possibilità e incapacità, sulle sue sfumature e smagliature, sui suoi sensi, ora percepibili ora appena sfiorati…”. Nelle corde dell’autrice è infatti “come suo peculiare tratto, un estremo, profondo pudore della parola, che mai è toccata dall’abuso, dall’abbondanza, dalla futilità”.

Nelle quattro sezioni del testo l’Airaghi traccia un percorso che “dal silenzio, va orientandosi verso l’alto, in un cammino di vera e propria ascesi”. Dal limite primo del silenzio, prima della parola, al dopo – dall’indicibile all’inaccessibile – è lo spazio necessario, abissale, dove galleggia il verbo: dove s’impone la necessità della solitudine della parola, affinché qualcuno la riconosca e la faccia propria.

Solo allora, scrive Denna, “la parola- nata-entra e scava nell’anima (seconda sezione), essa stessa immagine del visibile e dell’indicibile. Solo l’anima, infatti, sa distinguere ‘come le voci di fuori /non sono importanti ma rumori distanti ’; solo la capacità di ‘toccarsi l’anima’ sa farsi assoluta preghiera, che cancella il nostro io, misurando l’assenza e la distanza di tutto ciò che è semplicemente umano, per innalzarsi come ‘l’allodola’ a puntare verso la luce”.

Nella terza sezione, “Passeggiate nel bosco” la parola, nel rifiuto di quanto è urlo, massificazione, esibizione fine a se stessa, cerca nel silenzio della natura “nuovi segnali”. Gli occhi e il cuore s’immedesimano, frugano e toccano la dolce ruvidità delle cortecce, respirano odore di resina e di vita.

L’ultima sezione del libro infine, dedicata da Airaghi alla Genesi, “chiude il testo e il percorso-dal silenzio a Dio-operando un attraversamento del libro della Genesi, come a voler rintracciare la parola nel suo primo farsi dal primo uomo, dall’origine dell’ umanità. Adamo e Abele, Abramo e Rachele, Lot e Sara colloquiano con Dio, la parola di Lui contro quella di loro, in un confronto che sa di sfida e di voglia di Amore, di dubbi e di paure, di speranze e di abbandono nell’anelito alla verità.

Anche in questa sezione, giocata tra versi liberi e sonetti, tra endecasillabi e settenari o senari dall’andamento cantabile si evidenzia una scrittura colta e sapiente, raffinata ed elegante, eppure insieme semplice “ come una carezza, luminosa come un bagliore improvviso, spietata e secca come una lama che separa ciò che è necessario da ciò che è inutile dire”.

L’essenzialità del pudico poetare di Airaghi brucia e illumina. Proprio come quella sua supplica appena bisbigliata, ma scritta nel profondo dell’anima: “Assoluta preghiera /che cancella il mio io/silenziosa richiesta/del perdono di Dio./Nella docile sera/sei la luce che resta.”

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