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Politica

“DIVENTIAMO TUTTI SVIZZERI!”

VINCENZO CIARAFFA - 17/12/2011

 

Nel 1919 la Confederazione Elvetica non volle incorporare la regione austriaca del Voralberg (che ne aveva fatta richiesta) per non alterare i già precari equilibri territoriali europei e, soprattutto, per non rafforzare il Cantone tedescofono. Per la costruzione di una centrale elettrica sul Reno, la Svizzera nel 1955 scambiò con l’Italia mezzo chilometro quadrato di territorio di confine. Nel 1976 fu rettificato il confine italo-svizzero lungo il corso del torrente Breggia, per cui 1.285 metri quadrati di territorio italiano furono scambiati con altrettanti di territorio elvetico. Con la medesima “precisione svizzera”, la storia degli scambi e delle rettifiche confinarie con l’Italia si ripeté nel 1985 e nel 1992.

Pertanto, è evidente che una Confederazione Elvetica così parossisticamente tesa alla ricerca di equilibri interni ed esterni, non potrebbe andarsi a cacciare in una fantomatica annessione delle province italiane confinanti! Non si capisce, dunque, su cosa poggi la proposta del consigliere federale Dominique Baettig di modificare la Costituzione svizzera in modo che – in nome di un’imprecisata “condivisione di sovranità” – la Confederazione possa assorbire province come Como e Varese, assieme ad altre. Né si riesce a comprendere quale possibilità di realizzo possa avere la proposta del presidente della Lega Ticinese, Giuliano Bignasca, di riunire – Valtellina in testa – le province di Como, Varese, Lecco e VCO in un megacantone italofono. Forse che Bignasca, noto antifrontalieri, ambisce avere per compatrioti quegli stessi lavoratori ai quali vuole interdire l’accesso nel suo Paese?

In ogni caso, per capire meglio che la coerenza non è di questo mondo, bisogna andare a rileggersi le dichiarazioni che, nei giorni scorsi, hanno rilasciato alcuni esponenti locali della Lega Nord: tutte abbastanza favorevoli a un’eventuale annessione delle suddette province alla Svizzera. Ma come, essi propugnano la secessione dallo Stato italiano per diventare una “nazione” indipendente e, poi, vorrebbero andare a confluire in un altro Stato, per quanto confederato possa essere?

A questo punto, la sensazione è che a tracciare la rotta politica della Lega Nord non siano più le idee ma i sondaggi, quegli stessi che alle ultime elezioni comunali avevano dato Letizia Moratti vincente a Milano. Infatti, il sondaggio prodotto da un quotidiano di Como ha rilevato che il 74,2% della popolazione di questa provincia sarebbe favorevole a un’eventuale annessione alla Svizzera. Apriti cielo, più che un sondaggio stracittadino e con scarsa valenza scientifica, sembrava un cannone pronto a sparare su Fort Sumter, la fortezza dalla quale iniziò la guerra di secessione americana. Una cosa, però, è cavalcare mediaticamente una protesta trasversale a mezzo sondaggio, altra è individuarne le ragioni. Tale sondaggio, infatti, andava interpretato diversamente: con il governo Monti che ha aumentato significativamente la benzina, il gasolio, il prelievo fiscale, l’età per andare in pensione ed ha sospeso la rivalutazione di questa, oltre che essere in procinto di reintrodurre l’ICI sulla prima casa, anche a Roccapipirozzi del Molise i cittadini si sarebbero espressi a favore di un’ipotetica annessione alla Svizzera!

Ma è stata irragionevole anche l’attenzione che i politici locali di diverso segno hanno dedicato alle strampalatezze provenienti dal Paese di Guglielmo Tell. Mettiamo il caso che si realizzasse la “condivisione di sovranità” di Baettig (che non si capisce che cosa sia) o il megacantone di Bignasca (e non si capisce come), che ruolo giocherebbe la Padania nella nuova realtà geopolitica e, ancora di più, nella sua realtà economica?

La Lega ha sempre fatto della difesa degli interessi di piccoli e medi produttori del Nord il proprio cavallo di battaglia, quei produttori che hanno bisogno di mercati aperti per smerciare i propri prodotti. La Svizzera, invece, pur essendosi data una legislazione economica abbastanza simile a quella dell’Unione Europea, della quale comunque non fa parte, non ha abolito tutte le barriere protezionistiche. “Bene!” – dirà qualcuno – “I dazi sono proprio ciò che ci vuole per tutelare i nostri prodotti”. Mica vero. A differenza della Svizzera, la Padania non è il forziere del mondo ed è povera di quelle materie prime che deve acquistare dall’estero per poi trasformarle nelle sue aziende, per cui ha tutto l’interesse a comprarle in regime di libero scambio, come ha tutto l’interesse a esportare il prodotto finito senza dazi in entrata. E questo, per fare un solo esempio.

Ma, poi, bisognerebbe risolvere anche i problemi politici correlati a un’ipotetica annessione: posto che la Confederazione non ha nessuna intenzione di farci la guerra per annettersi le zone confinarie, e visto che gli svizzeri a malapena ci sopportano come prestatori di mano d’opera giornalieri, sarebbe interessante capire come faremo a farci accettare per sempre nel loro Paese. Marceremo su Berna? Prima di andare a occupare la capitale svizzera, però, sarebbe consigliabile una puntata sulla città di Delémont, dove ha lo studio Dominique Baettig, il propugnatore della “condivisione di sovranità”. Che professione svolge? Quella dello psichiatra.

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