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Libri

LA BIMBA SFUGGITA ALLA SHOAH

MARGHERITA GIROMINI - 18/04/2014

Stella Bolaffi Benuzzi

Stella Bolaffi Benuzzi, varesina d’adozione, racconta nel libro “La balma delle streghe. L’eredità della mia infanzia tra leggi razziali e lotta partigiana” (editore Giuntina, Firenze) la storia di una bambina sfuggita alla Shoah. Nata a Torino nel1934, havissuto infanzia e adolescenza portando sulle spalle il peso delle leggi razziali e delle persecuzioni degli ultimi anni del fascismo e poi della guerra. Solo adesso, sessant’anni dopo, nel libro dal titolo misterioso, “La balma delle streghe”, ricostruisce le vicende di quegli anni, le proprie e quelle della comunità di appartenenza. La sua professione, psicanalista, l’ha portata a mantenere per molti anni, nella città di adozione, un profilo del tutto privato. Ma oggi, raggiunta la pensione, può aprire il libro dei ricordi. Che non rimettono ordine secondo una sequenza lineare, come accade spesso nelle biografie più tradizionali. I giorni del passato riemergono dalla ricostruzione effettuata sul suo lettino di paziente dell’analista da cui si reca per indagare se stessa. Seduta dopo seduta riaffiorano le sofferenze di una bambina, ignara delle cattiverie del mondo e tormentata dalle reticenze degli adulti appartenenti a una famiglia di ebrei costretti alla fuga e al silenzio.

Ma Stella è una bambina curiosa, attenta e vivace: si pone domande grandi e piccole sulla vita e sul mondo e non si accontenta delle incerte risposte che ottiene di rimando. Non smette di interrogarsi sulla propria identità: intuisce di appartenere ad una realtà complicata: una nonna è ebrea, l’altra no. Il papà è ebreo, a differenza della mamma. Difficile districarsi tra i divieti e i permessi degli uni e degli altri e decidere a chi si appartiene e perché.

Anche la lontananza del padre, durata un anno e mezzo nel cuore della guerra, rimane per lungo tempo misteriosa. Fino alla scoperta dell’antifascismo che ha portato il genitore, un borghese ricco e affermato socialmente, alla scelta della lotta armata.

Il libro si snoda sulla scia dei resoconti di lunghe sedute psicoanalitiche. Mentre l’analista tace e annota, Stella disvela a se stessa quelle verità alle quali da bambina si era avvicinata ma di cui, data l’età, non riusciva a cogliere l’essenza: la vita e la morte, il sesso e l’amore, la violenza e l’ingiustizia, i pericoli di un mondo grande e pericoloso. Lei non ha mai conosciuto la scuola, che le è stata negata a causa delle leggi razziali; ha perso casa e cerchia di familiari per mettersi in salvo da un rifugio all’altro, mentre i nazisti danno una caccia spietata agli ebrei nascosti da scovare e spedire nei campi di concentramento.

Tra freddo e fame, Stella percepisce l’eco del mondo in guerra. Scopre di avere un padre coraggioso. Partigiano per una formazione di Giustizia e Libertà, noto in Val di Susa e non solo, con il nome di Aldo Laghi, comandante della Brigata che chiama con il nome dell’amata figlioletta: “Stellina”.

Anni di privazioni, di paura, di terrore, come quando nel rifugio in una valle selvaggia ricevono la “visita” dei fascisti prima e dei nazisti poi. Giornate trascorse nella natura aspra di una montagna povera ma salvifica; anni di formazione, e di fortificazione fisica e mentale. Il titolo del libro di memorie, “La balma delle streghe” si riferisce ad un momento cruciale dello sviluppo di Stella, che negli anni finali della guerra si affaccia all’adolescenza. Balma, in piemontese, è un grande masso erratico dotato sulla sommità di un incavo circolare, creato dall’erosione delle acque. Le leggende della valle favoleggiano che le cavità della roccia siano le impronte delle teste delle streghe, impresse durante il trasporto dei massi.

Stella è agile, sale e scende per luoghi impervi alla ricerca di legna e di erbe: i suoi giochi di bambina con il fratellino sono le corse nei boschi e le arrampicate sui pendii. Le resterà nel sangue l’amore per la montagna che l’ha protetta e nascosta come una madre: la sua invece muore troppo presto lasciando i due figli piccoli nella mani di una amorevole amica chiamata “zia” che sarà la loro nutrice sia materiale sia culturale. Sarà lei a rendere quasi normali quegli anni durissimi inserendo nella realtà quotidiana anche l’impegno dello studio.

Poi la guerra finisce e si ritorna a casa. Ci saranno gli anni del liceo, degli studi universitari, dell’amore e della costruzione di una propria famiglia. E alla giovane Stella, che ricomincia a vivere nel mondo sconosciuto fino ad allora, rimane la fatica di rielaborare quel tragico periodo della sua vita di bambina ebrea in fuga, e la necessità di imparare a riparare le ferite del dolore e dell’abbandono.

Come ci riuscirà, con quale percorso interiore e raggiungendo quale equilibrio, lo sapremo solo leggendo il libro. È una storia delicata e forte allo stesso tempo che cogliamo come tardiva: molto è stato detto e scritto sulla vicenda delle persecuzioni degli ebrei, della Shoah e dei traumi dei sopravvissuti. Verrebbe da aggiungere che “ormai” sono passati tanti anni dalla fine della guerra, la maggior parte dei testimoni ci ha lasciato. Nel corso dei decenni abbiamo letto ricostruzioni storiche, romanzi o diari di protagonisti degli anni della Resistenza, vicende di uomini speciali o normali, e infine di donne scrittrici come Lalla Romano, Natalia Ginzburg, Virginia Galante Garrone.

Ci auguriamo che anche Varese, la città di adozione che Stella ama profondamente anche per il suo dolce paesaggio prealpino, sia capace di accogliere queste nuove pagine di storia e di vita vissuta.

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