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Editoriale

L’ASCOLTO

MASSIMO LODI - 02/05/2014

La raccolta di firme contro il parcheggio interrato alla Prima Cappella s’è trasformata in un giudizio su Palazzo Estense: sì o no a quest’Amministrazione comunale. Il responso è no. Per colpa dell’Amministrazione medesima: sorda a ogni protesta, richiamo, obiezione. Invece di cercare il dialogo, ha preferito insistere nell’arroccamento (è il caso di dirlo, visto dove si vuol costruire a colpi di dinamite lo stracostoso bunker). Un solo e ultimo esempio: due settimane fa su questo giornale Daniele Zanzi ha posto domande precise, tecniche, collaborative. Nessuno ha risposto nel merito, solo chiacchiere vaghe. Poi ci si meraviglia del distacco fra Paese istituzionale e Paese reale: sarebbe sorprendente il contrario, dato l’atteggiamento mostrato da chi detiene il potere verso chi lo subisce.

A proposito di domande. Un mese fa, sempre su RMFonline, Sergio Redaelli si è rivolto al soprintendente lombardo ai Beni culturali: auspicava chiarimenti, e poi il confronto con i cittadini, e infine un tocco di sensibilità verso lo spirito identitario locale. Anche da quel versante, nessun cenno, nessuna parola, nessuna degnazione. Dovremmo essere una società fondata sulla coesistenza delle differenze. Dovremmo. E invece no.

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Siamo rispettosi della democrazia formale. L’omaggio alle scelte elettorali è ovvio: i rappresentati scelgono i rappresentanti, e poi i secondi lavorano per conto dei primi. Guai a disturbarli? No, ogni tanto è bene farlo. Esiste il diritto (il dovere) d’un controllo popolare dell’operato di chi guida una comunità. Se ci si accorge che si sta sbagliando, sarebbe un doppio errore evitare di segnalare la deviazione da un agire opportuno. Perciò i movimenti spontanei vanno tenuti in conto, non liquidati con altezzosità, fastidio, silenzi e ironie. Esiste anche una democrazia sostanziale, quella che guarda al concreto: se in tanti (e, fra di essi, molti gli autorevoli) obiettano a una scelta, possibile che abbiano così poche ragioni, addirittura zero ragioni, per esprimere il loro scontento? La democrazia sostanziale si fonda sul realismo, sulla capacità di ascoltare, sull’accettazione dell’esistenza del limite umano: si può commettere un errore. E quando si sospetta (basta il sospetto) d’averlo commesso, vi si rimedia al più presto. Se rimane un dubbio – errore sì o errore no? – è facile scioglierlo: s’indice un referendum, e si capisce con esattezza qual è il percorso da seguire. Perché non pensare a un referendum sul parcheggio della Prima Cappella?

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La passione civica che ha allertato i varesini su quest’argomento fa intendere quanto gli stia a cuore la loro città. Hanno un profondo senso delle radici, del passato, dell’anima locale. Tengono ai simboli del territorio, ai tesori d’arte e storia, allo spirito religioso che ha traversato secoli e millenni. Se qualcuno pensava che quest’insieme di sentimenti fosse trascurabile, e comunque appartenente a generazioni mandate in archivio, s’è sbagliato di grosso. E’ tutt’ora attuale, vivo, tangibile. E capace di smobilizzare le pigrizie, le noie, le lontananze dall’impegno pubblico. Dire che stiamo assistendo a un fremito della coscienza collettiva non è un’esagerazione: è un semplice constatare. Altri comitati oltre a #Varese 2.0 han preso vita e consistenza e apprezzamento su problemi che riguardano la città: l’assurdo parcheggio sotto gli alberi di Villa Augusta a Giubiano, il megaospedale per bambini affacciato sulle stazioni e in mezzo al traffico, la piazza Repubblica lasciata per anni nell’abbandono e di cui non si conosce ancora con certezza il destino. Li muove l’amore per la cosa di tutti, senz’interessi di parte né di partito, nell’ignoranza d’ogni vantaggio o convenienza o opportunismo. Meriterebbe ben altro segno di riguardo la loro costante attenzione ai destini municipali.

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