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Attualità

PRIMA CAPPELLA/3 NAVETTA INVECE DELLE AUTO

MASSIMO LODI - 16/05/2014

Raimondo Fassa

Raimondo Fassa, 55 anni, insegnante e avvocato, ex parlamentare europeo, fu il sindaco di Varese dal gennaio ’93 al dicembre ’97, primo borgomastro della rivoluzione leghista, leader di un’alleanza municipale tra Carroccio e Partito Repubblicano, appoggiata dall’esterno dal PDS in virtù dell’intesa Maroni-Marantelli. Sostenuto dai suoi, apprezzato dagli altri. Anche dagli avversari più tenaci. Perché moderato, sobrio, colloquiante. Sinceramente preso dall’amore per Varese, che ne ricambiò il presenzialismo “low profile”: a Fassa piaceva girare per la città, chiacchierare con chi lo fermava, prender nota di quanto andava migliorato e di quanto andava proprio abolito. Svestì presto l’abito di parte e indossò la “mise” bosina, che parve da sempre confezionata a sua misura. Non gli vennero risparmiate critiche, ma largheggiò in comprensione.

Tra le cose che fece, vi fu la pedonalizzazione del Sacro Monte: niente traffico (ma permessi agli autobus dei pellegrini e ai mezzi speciali) nei giorni prefestivi e festivi, navetta dal piazzale dello stadio alla vetta, iniziative d’animazione per ravvivare il borgo. Fassa era (è) convinto che si tratti dell’unico modo per preservare la montagna, valorizzarla, goderne la bellezza di paesaggio, natura, arte e storia.

-         Come nacque l’idea dello stop alla circolazione?

Fu una proposta dell’ingegner Marchiori, allora al vertice dell’azienda di trasporto pubblico locale, che la prospettò alla giunta municipale. Fu accolta con favore dall’assessore alla Viabilità di allora, Roberto Maroni, e la condivisero tutti gli altri. L’avviammo nell’estate del ’93

-Maroni oggi, come presidente della Regione, è a favore del parcheggio-bunker sulla curva di via del Santuario, così costoso, di complessa realizzazione, popolarmente contestato…

Nel libro scritto l’anno scorso, e in cui racconta anche di quella lontana esperienza amministrativa, è prodigo d’elogi verso il mio esecutivo per le decisioni assunte, compresa questa. Ne demmo attuazione con entusiasmo, sicuri di fare il bene della città. Venne addirittura diffuso un messaggio che recitava: la montagna si rispetta arrivandoci in navetta“.

- Perché si optò per una simile scelta?

Perché c’era la convinzione dell’inutilità d’individuare eventuali parcheggi. La confermò, qualche anno dopo, l’indagine che commissionammo al Centro Studi Traffico: l’ingegner Gelmini illustrò, con il supporto d’una particolareggiata analisi, la nefasta attrattività verso il traffico esercitata da ogni parcheggio. Furono parole rassicuranti: avevamo avuto ragione. E bisognava continuare secondo questo criterio, essendoci dati come obiettivo il ripristino della funicolare“.

-         Cioè: funicolare sì, ma parcheggi no…

Esattamente. Se fosse stato agevolato il traffico privato al Sacro Monte, per quale ragione i visitatori avrebbero dovuto prendere la funicolare? Meglio incoraggiare quello pubblico. E difatti così facemmo, in coerenza con l’intenzione che ci apparteneva

-         Poi però si cambiò idea, dopo l’inaugurazione nel ’98 della funicolare.

Credo che si sia verificato un “defectus rationis”, ovvero un’incomprensione dei fondamentali del piano della mobilità varato nel frattempo. Non lo si capì, e si mutò orientamento… conformava senza indugio. Invece gli amministratori debbono scegliere in base a ciò che ritengono giusto, non in base a ciò che ritengono più gradito. Se a ogni singolo cittadino chiedi se preferisca andare fin sulla cima del Sacro Monte in auto piuttosto che su pullman e funicolare, la risposta di comodo è ovvia. Ma se te lo chiedi in nome degl’interessi generali del luogo, la risposta razionale è diversa. Un sindaco deve svolgere anche un funzione educativa“.

-         La funicolare non era dunque ritenuta uno sfizioso recupero del passato, e invece un mezzo di trasporto integrato nella rete urbana…

Certamente. Non la si pensò come bel giocattolo d’epoca ritornato tra di noi, ma come completamento d’un insieme di mezzi pubblici che dalla città doveva portare sulla montagna. Purtroppo l’idea originaria ebbe un’attuazione non felice. Perché l’avesse, bisognava insistere con i provvedimenti attuati nella prima parte degli anni Novanta“.

-         Anche attualmente sarebbe meglio tornare indietro per andare avanti?

Penso di sì. Il sindaco Fontana e la sua giunta dovrebbero rivitalizzare un’esperienza che fu positiva, e darebbe ancora ottimi risultati se riproposta e potenziata“.

-         Perciò niente parcheggio-bunker alla Prima Cappella…

È una scelta che, qualora realizzata, creerà problemi viabilistici. Il parcheggio avrà un significato solo se, dalla Prima Cappella in avanti, verrà bloccato il traffico. Ma bloccarlo lì non produrrà altro effetto che causare gl’incolonnamenti un po’ più a valle di quanto accade ora. Non bloccandolo, gli automobilisti seguiteranno a preferire la sosta in cima, e solo dopo non aver trovato posto torneranno indietro, causando prevedibili ingorghi. Nel caso, infine, in cui venisse bloccato solo ogni tanto, cioè quando a park della Prima Cappella esaurito, di code ne avremo non una, ma due. Mi domando quale sia il vantaggio dello scenario che si prefigura“.

-         Quindi va rivista la decisione sulla quale si insiste, non ascoltando la grande protesta popolare…

Sarebbe opportuno. Anche se obiettivamente difficile, dato che un terreno è stato acquistato e una gara d’appalto indetta. Ma una marcia indietro appare possibile, pur se il Comune sarebbe probabilmente chiamato a rispondere di responsabilità risarcitorie verso le imprese partecipanti al bando di concorso. Tuttavia, di fronte all’eventuale chiaro responso di un referendum – che ritengo fattibile e utile – ci si potrebbe accollare l’eventuale onere, qualora giudicato inferiore al possibile danno d’utilità arrecato dal parcheggio di soli 91 posti e di costo assai rilevante“.

-         Subentrerebbe però una questione di fiducia politica verso l’Amministrazione civica, che apparirebbe sconfessata dai varesini…

Questo sì. Ma bisogna essere realisti e chiedersi che cosa agli occhi dei varesini sembrerebbe preferibile: mostrarsi disponibili a riparare ciò che da molti di essi viene considerato un grave errore, oppure rifiutarsi di modificare opinione, nella certezza d’essere nel giusto e che alla fine tutti ne converranno? Vale anche riflettere sul fatto che, assegnata la definitività ai lavori del parcheggio, non si potrà più tornare indietro, accettando ogni conseguenza dell’opera e imponendo alla città un’eredità non benaccetta. Così tanta adesione a una petizione pubblica non s’era mai vista: cinquemila firme obbligano all’attenzione e rappresentano un fenomeno da non sottovalutare“.

-         Tenuto conto di quant’è caro il Sacro Monte ai varesini, forse il referendum si sarebbe dovuto fare prima della decisione di costruire il parcheggio, e su iniziativa istituzionale. Non dopo, e su sollecitazione della gente…

Sarebbe stata un’ottima cosa. In Svizzera gli amministratori pubblici vi ricorrono di frequente, e non si sentono perciò sminuiti del loro ruolo. Abbiamo molto da imparare dagli svizzeri, ai quali di frequente facciamo riferimento con le parole senza farvi seguire i fatti“.

 

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