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Editoriale

IL BIVIO

don ERNESTO MANDELLI - 23/05/2014

Di questi tempi spesso ci chiediamo: perché la fede cristiana è venuta meno dalle nostre parti, in Italia sede della cattedra di Pietro, in Europa dove il Cristianesimo si è affermato per secoli.

Le analisi sono tante; una in particolare pare da molti condivisa.La Chiesacattolica è andata col tempo appesantendosi in strutture istituzionali, che tendono a conservare se stesse e a burocratizzarsi, perdendo il dinamismo di popolo di Dio in cammino come auspicato dal Concilio Vaticano II. È andata quindi affermandosi anche come struttura di potere che tende ad affermarsi in mezzo ad altri poteri. Le conseguenze sono state compromessi, contro-testimonianze, infedeltà. Inoltre nell’ultimo secolo, con la crescita del benessere economico, lo stile consumistico ha preso radici anche nelle nostre comunità e nella vita delle famiglie cristiane in maniera preoccupante. “La Chiesaè stanca e invecchiata, rimasta indietro duecento anni” è stato il grido di sofferenza espresso nelle parole profetiche e vibranti del cardinale Martini quasi un suo testamento spirituale.

Altri, più radicalmente, dicono che il declino del Cristianesimo è iniziato con l’editto di Costantino (313 d.C.), che ha posto fine alle persecuzioni contro i cristiani e ha affermato la libertà religiosa; e ancor più con l’editto di Teodosio (380 d.C.) che ha reso il Cristianesimo religione di Stato.

Altri leggono questa decadenza come un fatto fisiologico, dopo un successo sociale durato troppo a lungo, e la chiama “trasmigrazione della fede”. Si osserva che le chiese primitive, delle quali si parla nel Nuovo Testamento (Corinto, Galazia, Efeso, Filippi, Tessalonica…) non esistono più. La fede è arrivata in Europa e si è consolidata per due millenni. Ora assistiamo ad un nuovo passaggio storico. Il Cristianesimo è in crescita nei paesi del terzo mondo. A questo punto non ci deve sfuggire una condizione di grande rilievo: i popoli del terzo mondo sono popoli poveri e qui il Vangelo trova terreno fertile e “dà frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno”. “Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri” (Ev.gaudium 48).

Oggi a reggerela Chiesacattolica c’è un uomo “venuto dalla fine del mondo” che non fa mistero su quali strade vuole guidarela Chiesa: verso “una Chiesa povera per i poveri”; non quindi una Chiesa benestante che tende la mano ai poveri, ma una Chiesa che vive nel messaggio delle Beatitudini quella povertà di spirito, che abbandonandosi totalmente a Dio, accetta di farsi povera per condividere con altri, con i poveri. È l’icona della primitiva comunità cristiana nella quale “nessuno era bisognoso” (Atti 4,34). È l’esempio radicale di Cristo, che “da ricco che era si è fatto povero” (2 Cor.8,9).

In questo momento storico la Parrocchia, il cui compito primario è l’evangelizzazione, si trova ad un bivio. Può correre il rischio di diventare presenza poco significante nel contesto sociale, pur operando in vari campi di attività umanitarie e di impegno sociale, insieme ad altre associazioni, oppure può compiere il salto sognato da Papa Francesco: essere Chiesa povera per i poveri. Il Papa stesso indica delle modalità: “Uscire dalle proprie comodità ed avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (Ev.g. 20); “Porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria,che non può lasciare le cose come stanno” (Ev.g. 25).

Diventa quindi indispensabile una riflessione approfondita sulla vita della parrocchia confrontata sulla povertà evangelica e di conseguenza individuare quali passi compiere verso una chiesa povera e missionaria. Occorre essere coscienti che stiamo vivendo un momento storico e provvidenziale. Papa Francesco sogna una Chiesa “in stato permanente di missione” (Ev.g.25) e pensa “anche a una conversione del papato” (Ev.g. 32)”. Se la Chiesaintera assume questo dinamismo missionario deve arrivare a tutti, senza eccezioni. Però chi deve privilegiare? Quando uno legge il Vangelo incontra un orientamento molto chiaro: non tanto gli amici e i vicini ricchi, bensì soprattutto i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disperati e dimenticati (Ev.g.48). I poveri sono i destinatari del Vangelo (Papa Benedetto XVI).

 

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