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Politica

PALAZZO ESTENSE, LANCIATA LA SFIDA

MASSIMO LODI - 30/05/2014

Il sindaco Fontana dice che Matteo Salvini ha il grande merito d’aver rifondato la Lega, rilanciandola. Giudizio appropriato, se si pensa a com’era ridotto il partito due anni fa, quando si dovette allestire la bergamasca “notte delle scope” per spazzar via il vecchio e ricominciare (provare a ricominciare) con il nuovo.

La Lega è riuscita a sopravvivere a sé stessa, ai suoi errori, ai suoi scandali, alla sua perdita di credibilità e consensi. L’appuntamento con le europee poteva risultarle fatale, invece ha preso più del previsto (ma in Lombardia ha smarrito qualche migliaio di voti) innalzando la bandiera degli anti Bruxelles, anti Merkel, anti moneta unica. No di qua e no di là: la protesta ha pagato, e ora resta da vedere che cos’essa porterà di concreto nei mesi a venire. Prevedibilmente: 1) marginalizzazione continentale, pur se ospitata dal movimento in crescita degli euroscettici, guidato dalla Le Pen; 2) definizione di qualcosa d’ancora imprecisato in campo nazionale. Essere, come si dice, organici al centrodestra, e anzi cercare di ridargli vigore, preso atto della sua debolezza? Oppure andare per la propria strada, solitari e refrattari a ogni alleanza?

La seconda non pare una grande idea. La prima chissà. Le avances di Berlusconi a Salvini indurrebbero a ritenerla praticabile, ma l’ex Cavaliere è imprevedibile: quello che dice oggi potrebbe smentire domani. Tuttavia è chiaro che il futuro dell’area moderata, saccheggiata da Renzi, passa per un rassemblement delle forze che si sono divise balcanizzando il polo liberale (poco o per nulla liberale) e conservatore. La Lega potrebbe aiutare nel rifederarle.

A livello locale, l’avvenire del Carroccio appare complicato. Il PD ha compiuto sfracelli sul piano provinciale, e tanto più nel capoluogo. A Varese ha sfiorato il 42 per cento, tenendo Lega, Forza Italia ed NCD a una decina di lunghezze. Un segnale d’allarme altro che pericoloso: indica la fragilità del governo locale, impiombato da una legislatura deludente, come dimostrano la nascita di diversi comitati di protesta e le obiezioni ripetute e diffuse dei cittadini alle scelte dell’amministrazione comunale. Già tre anni fa Fontana venne costretto da Luisa Oprandi al ballottaggio, e senza che alcuno prevedesse la sorpresa. In seguito i voti della Lega han continuato a scendere: era al 24% alle comunali del 2011, calò al 16 alle politiche del 2013, adesso è scivolata fin verso quota 14, a conferma di un trend negativo che non s’arresta ed è foriero di ulteriori rovesci se non si troverà il modo d’invertire la tendenza.

Il PD invece séguita a crescere. Le urne di domenica scorsa gli han decretato il trionfo, al tempo stesso indicandogli l’assunzione di un’importante responsabilità. In chiave varesina vuol dire che i democrats devono prepararsi a gareggiare per vincere alle elezioni municipali in programma tra due anni (se non prima, qualora l’alleanza che regge l’esecutivo civico dovesse sfaldarsi), e non solo per parteciparvi decorosamente com’è stato il loro obiettivo nelle precedenti legislature. I numeri per spuntarla sembrerebbero averli, specie se si pensa che – oltre al PD – si è rafforzata anche l’area alla sua sinistra, e che il supporto di una lista civica (come fu nel 2011 con Varese & Luisa) darebbe il sostegno determinante a conquistare la partita.

Il problema è individuare il candidato adatto a ricoprire la carica di sindaco: una scelta che il centrosinistra non può permettersi di sbagliare, puntando su un profilo necessariamente alto e gradito all’elettorato liquido, rappresentato in quota importante dai delusi dell’altro schieramento. Quanto al centrodestra, il dopo Fontana (l’attuale primo cittadino non potrà ricandidarsi perché reduce da due mandati) s’annuncia d’incerto percorso: anche su questo versante politico bisognerà infatti azzeccare la personalità giusta per sfidare avversari stavolta più agguerriti che in passato.

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