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In Pellegrinaggio

CAMMINARE È UN’ARTE

Don ERMINIO VILLA - 13/06/2014

In cammino per Santiago

Dopo tanti anni di preferenza dei veicoli a motore, le statistiche registrano la riscoperta degli spostamenti con mezzi naturali, prime fra tutte le proprie gambe, perché se si può viaggiare con ogni tipo di mezzo, solo i piedi permettono il viaggio: questo è il volto antico e sempre nuovo del pellegrinaggio.

Ne è riprova il fatto che ogni anno diecimila connazionali percorrono almeno in parte “il cammino di Santiago”, la via di Compostela, altri invece la Via Francigena, o la Via di San Francesco…

Nel nostro piccolo, anche noi registriamo con la bella stagione uno straordinario afflusso di persone di ogni età e condizione, che ci tengono a salire per la Via Sacra “solo a piedi”, finché ci riescono.

Il camminare è l’arte del pellegrino, che si avvia verso la sua destinazione, in esplorazione del mondo. Un poeta del nostro tempo acutamente ha fatto osservare che “i passi hanno fornito lo strumento di misurazione a popoli pratici; così come ‘piede’ è per i greci e i latini la parte di una strofa”. Lui personalmente poi ha scritto un “elogio ai piedi”, perché sono “la parte operaia del nostro corpo più delle mani”!

C’è comunque una dignità anche nel camminare: a partire dal bisogno di rallentare e, quando serve, anche di fermarsi, acutizzato dal ritmo incalzante, spesso disumano, imposto sul lavoro – ma poi assorbito nello stile di vita – da questa società tecnologicizzata.

Collegato al ritmo più cadenzato imposto dall’andatura a piedi, c’è, di conseguenza, la predisposizione al silenzio, che favorisce la riflessione, e magari anche qualche dialogo in confidenza con chi si trova a percorrere in quel momento la medesima strada.

Qualche scrittore racconta che il muoversi (a piedi o in bicicletta) gli stimola la creatività. È vero che l’ossigenazione aiuta i pensieri; del resto camminare è congeniale all’uomo (lo è già per il bambino piccolo, che vuole muovere a tutti i costi i primi passi) come pure il respirare…

Il cammino della vita – si può dire generalizzando – non si affronta come una sfida, ma come una scuola di contemplazione, una preziosa occasione per mille scoperte! Solo chi cammina passo dopo passo “legge” il paesaggio, impara a decifrarlo e scopre da quante bellezze è circondato!

Facciamo nostra la preghiera dei due di Emmaus, che dopo aver riconosciuto il Signore, rifanno il cammino in città non più “con le pive nel sacco”, ma con la gioia sul volto e nel cuore: ”Resta con noi, Signore, la sera, quando le ombre si mettono in via e scenderà sulle case la tenebra e sarà solo terrore e silenzio. Ognuno è solo davanti alla notte, solo di fronte alla sua solitudine, solo col suo passato e futuro: il cuore spoglio del tempo vissuto. Resta con noi, Signore, la sera, entra e cena con questi perduti; fa’ comunione con noi, Signore, senza di te ogni cuore è un deserto. Ora crediamo, tu sei il Vivente, sei il compagno del nostro cammino, ti conosciamo nel frangere il pane, tu dai il senso ad ogni esistenza. Ora corriamo di nuovo al cenacolo, gridando a tutti: “Abbiam visto il Signore!”. Nuova facciamo insieme la chiesa di uomini liberi da ogni paura. A te, Gesù, o Risorto, ogni gloria: ora risorgi in ognuno di noi, perché chi vede te veda il Padre, l’eguale Spirito in tutta la terra” (David Maria Turoldo).

 

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