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Ambiente

COSTRUZIONI, COME INNOVARE

ARTURO BORTOLUZZI - 13/06/2014

Luigi Cassar

Ho scritto all’Assessore all’Urbanistica e per conoscenza all’Assessore alla Tutela ambientale entrambi del Comune di Varese per fare presente come l’Associazione Amici della Terra si stia occupando molto della riduzione dell’inquinamento atmosferico e della conservazione territoriale per cercare di evitare una sua escavazione che, come sembra ora, non lascia intravvedere il termine.

È inutile dirsi contrari alle cave se non vengono assunti provvedimenti che incentivino la produzione e soprattutto la commercializzazione di materiali alternativi a quanto ora viene cavato.

È inutile dirsi a favore di un contenimento dell’inquinamento atmosferico qualora non vengano sperimentati strumenti che potrebbero essere efficaci. L’utilizzo del materiale alternativo è previsto nella direttiva comunitaria che sarà obbligatoria proprio tra pochi anni ed è alla base delle osservazioni di Amici della Terra Varese alla Valutazione ambientale strategica del piano cave regionale.

La spinta all’innovazione ambientale nel settore delle costruzioni passa, anche, per il superamento di
un paradosso. Quello di un Paese in cui vi sono 2.500 cave da inerti e almeno 15.000 abbandonate,
di cui oltre la metà sono ex cave di sabbia e ghiaia e in cui, contemporaneamente, si conferiscono a
discarica oltre 30 milioni di tonnellate di inerii provenienti dalle demolizioni delle costruzioni.
Superare questo paradosso è nell’interesse del sistema delle imprese e dell’ambiente, come dimostra
l’esperienza di Paesi come l’Olanda, la Germania dove si arriva a utilizzare il 90% degli inerti
provenienti dall’edilizia, con il vantaggio di creare un numero da due a tre volte maggiore di posti di
lavoro grazie alla filiera del recupero e riutilizzo. Uscire da questa situazione è oltretutto un
impegno già preso dall’Italia con il recepimento della Direttiva 2008/98/CE, sul riciclo dei rifiuti
inerti, che prevede che nel 2020 si raggiunga un obiettivo pari al 70%. Inoltre, va sottolineato con
forza come oggi non esistano più ragioni tecniche, prestazionali o economiche a motivare una scelta
per materiali di origine naturale invece che da riciclo. È dimostrato che in capitolati dove sono
utilizzati riferimenti a nonne codificate basate sulle prestazioni, ì materiali da riciclo e recupero di
inerti risultano assolutamente competitivi sul prezzo. Il problema sta dunque oggi nell’avviare sul
serio la transizione verso un settore delle costruzioni che abbia al centro il riciclo.

Nelle osservazioni al Pgt di Varese Amici della Terra Varese ha chiesto venisse introdotto un obbligo per i costruttori di utilizzare una quota significativa di cemento prodotto con l’utilizzo di materiali alternativi.

Sul Corriere della sera del 10 maggio 2014 ho letto un articolo a pagina 22 dal titolo ‘Il mio cemento che ripulisce l’aria’. Questo riporta il caso di un chimico di Bergamo, Luigi Cassar, selezionato tra i migliori inventori d’Europa attraverso l’European Inventor Award.

Questo è un riconoscimento che ogni anno viene attribuito a ricercatori, aziende, prodotti che si sono particolarmente distinti nel campo dell’innovazione. La consegna del premio avverrà il 17 giugno a Berlino.

Ognuno può votare esprimendo il suo parere on-line.

Cassar ha sviluppato il suo prodotto attraverso Italcementi e poi lo ha brevettato. Si tratta di un particolare tipo di calcestruzzo in grado di ridurre l’inquinamento del 50% nell’area circostante l’edificio che lo utilizza. Esso nasce grazie a una buona dose di casualità. Cercando di mettere a punto un intonaco bianco in grado di resistere alle intemperie e mantenere brillantezza e candore è stato creato un materiale che reagisce alla luce solare. La chiave di volta è stato l’impiego di ossido di titanio capace di restare, appunto, di restare più bianco del bianco proprio se esposto alla luce. E così ci sono stati verso la fine degli anni 90 edifici tirati a lucido col nuovo rivestimento il primo dei quali è stata la Chiesa Dives in Misericordia costruita a Roma dall’architetto americano Richard Meier. Testando la resistenza del cemento si sono scoperti gli effetti collaterali inaspettati. Nell’aria attorno all’edificio diminuiva del 50% la concentrazione di ossidi di azoto, di anidride solforosa, di formaldeide. È stato provato come non si trattasse di un caso ma di un’azione innescata proprio dal particolare tipo di cemento. Cemento che è stato brevettato come mangia smog.

Fondamentale è stata collaborazione che Italcementi ha sviluppato con il Cnr, con l’università di Ferrara, con il Centro di ricerche della Comunità europea di Ispra. Per i test di validazione Italcementi ha impiegato per le spese di ricerca l’equivalente del 5% del totale.

Allo scopo di poter investigare la bontà del prodotto in parte varesino, ho chiesto all’Assessore all’Urbanistica la possibilità di organizzare certamente con l’aiuto di Amici della Terra Varese un convegno con il Centro di Ispra. Anche questo tipo di calcestruzzo potrebbe essere impiegato nelle nuove costruzioni e nelle ristrutturazioni che si faranno a Varese e magari in tutta la Lombardia.

Sia chiaro: questo calcestruzzo, se fosse davvero efficace contro lo smog, avrebbe una capacità limitata. Senza risolvere il problema, questo magari potrebbe un poco aiutare per una sua capacità di aumentare la qualità di vita dei varesini. Continuo sempre, comunque, ad auspicare che vengano assunte misure dal Palazzo oltre che strutturali, plurime, complesse e soprattutto partecipate, che siano volte ad organizzare la mobilità pubblica e privata limitando l’ultima e agevolando la prima.

Misure che facciano comprendere come vi debba essere forte e chiaro un imperativo per la collettività: davanti ad un inquinamento che fa star male, il vivere meglio tutti, passa dalla rinuncia di ciascuno ad abitudini egoistiche.

 

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