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Attualità

IL NUOVO PGT E LA CITTÀ

OVIDIO CAZZOLA - 20/06/2014

La maggioranza del Consiglio comunale di Varese ha approvato il Piano di Governo del Territorio (PGT) dopo un lungo confronto, in tempo utile rispetto alle scadenze definite dalla Regione.

Occorre ripetere ancora una volta che si tratta di un documento che non propone alla Città un futuro di vita rinnovata e di ruolo nuovo che potrebbe/dovrebbe assumere.

Eppure fra gli obiettivi centrali enunciati veniva posto in evidenza il potenziamento del ruolo di Varese “nel contesto territoriale in cui è inserita”. Venivano richiamate a tale riguardo le indicazioni dell’Associazione Varese Europea distinguendo un’area varesina ristretta, un’area varesina diffusa, un’area varesina potenziale.

Ma il riconoscimento delle relazioni territoriali, economiche, infrastrutturali, culturali sul territorio vasto della Città reale non si sono tradotte in proposte.

Sarebbe stato compito della politica del Capoluogo, delle sue visioni della realtà di questa fascia prealpina, delle sue ricchezze ambientali e storiche, promuovere il dialogo/confronto con le altre realtà amministrative comunali, in assenza dell’assunzione di iniziative, forse ancora possibili, della (futura?) Provincia di Varese.

Il PGT approvato ripiega sul territorio comunale, non affronta temi che pure potrebbero già oggi indicare un futuro condiviso intercomunale. I suoi contenuti si riducono alla gestione dell’esistente, non affrontano problemi che da tempo richiedono, per la loro evidenza e urgenza, soluzioni ragionevoli e incisive. Sarebbe stato possibile e necessario affrontare, nell’ambito anche del solo territorio comunale del Capoluogo, temi centrali per il futuro della Varese reale che comprende, nella stima anni ‘90 della Oikos, redattrice del PRG, almeno 180 mila abitanti.

Il PGT non avrebbe dovuto limitarsi alla considerazione di ambiti strategici ristretti, delle aree di trasformazione possibile, della normativa che regola l’edificazione. Ma avrebbe dovuto dare indicazioni sui grandi temi che abbiamo bisogno di affrontare.

Varese può essere/diventare città congressuale, sufficientemente dotata in luoghi strategici, simbolici, significativi, che esaltino la bellezza del suo paesaggio? O deve accettare la insufficiente sua attuale condizione di accoglienza?

Il teatro, che desideriamo, può essere, come nel passato, una realtà conclusa autosufficiente e non deve essere parte di un organismo composito di grande offerta articolata culturale? Dove ci si confronta e si progettano i nostri destini civili?

Quale ruolo di maggiore rilievo dovrebbe assumere nella Città la presenza e lo sviluppo dell’Università?

È accettabile che l’immagine universitaria sia esclusivamente rappresentata nell’isolamento del ‘campus’ di Bizzozero invece che mantenuta con il rilievo necessario nei luoghi della centralità urbana?

All’inizio del secolo scorso un gruppo di uomini, nella prospettiva che ormai si andava affermando di un’area varesina di notevole attrattiva residenziale e turistica, fondandosi su una rete articolata di trasporto pubblico ferroviario e tramviario, compiva scelte e realizzazioni che ancora ci osservano e ci interrogano, con i grandi complessi alberghieri del Campo dei Fiori e del Palace, testimoni certo di un’epoca forse a suo modo felice che ancora può suggerire molto anche a noi oggi.

Perché la nostra bellezza esiste ancora, anche se più volte offesa. Per la quale occorre una cura che consenta di riconoscerla. Che va rimessa in gioco in questo territorio prealpino.

Anche in occasione dell’Expo.

Il nostro Sacro Monte, il nostro lago con la corona degli altri laghi prealpini, lo scenario delle Alpi, ci chiedono una pianificazione che valorizzi luoghi e accessibilità, offerti all’ammirazione delle persone più che alle pretese dei veicoli. Facendo rifiorire questa Città per l’affetto che può offrire a chi la desideri.

Si parla oggi, con insistenza condivisibile, della necessità di liberare la città dal dominio del traffico veicolare. Le circonvallazioni, le ‘bretelle’, i nuovi autosili dovrebbero consentire una veicolarità più accettabile. Con non poche perplessità.

Si insiste anche sulla opportunità di riusare la bicicletta. La bicicletta piace. Nei supermercati viene offerta e venduta a prezzi convenienti. Si propone alle famiglie di mandare a scuola i bambini con la bicicletta. Ma tutti noi abbiamo presenti i pericoli e i drammi del traffico anche in città, dove i percorsi non distinguono e non difendono il ciclista.

Le proposte, azzardate, sono tuttavia indice di un desiderio nuovo che deve imporre soluzioni per l’organizzazione urbana. Occorre anzitutto ridurre il traffico veicolare con una maggiore razionalizzazione del trasporto pubblico.

Ricordo ancora una volta la proposta Oikos per una linea di tram moderni da Bizzozero a Masnago raccordata a una diversa ‘gemmazione’ delle linee degli autobus urbani. Ma occorre definire anche in città percorsi indipendenti e protetti per chi si sposta in bici. Penalizzando necessariamente i percorsi veicolari. Con la ciclabilità occorre favorire la pedonalità con marciapiedi più ampi, alberati, con attraversamenti stradali più sicuri. Si tratta insomma di ripensare la città a misura delle persone, valorizzando i luoghi significativi di incontro, di relazione.

Guardiamo al nostro passato che può farci capire molte cose. Se i ‘nuclei storici’ non sono più, da soli e oggi, luoghi per l’incontro desiderato, occorre individuare nella pianificazione nuovi luoghi di vita e attrazione che si fondino anche sulle strutture pubbliche di servizio già esistenti frequentemente non valorizzate con la loro funzione-presenza essenziale.

Occorrono nuovi spazi pubblici significativi che comprendano le nuove chiese e le scuole, ogni altra presenza di utilità e attrattività che si affaccino su piazze anche articolate, dotate di verde pubblico e di luoghi di sosta non disturbati dalla mobilità veicolare. Raggiunti con percorsi pedonali valorizzati da realizzazioni di verde. Godiamo ancora dei bei filari verdi dell’Ottocento e dei primi decenni del Novecento (altri ne abbiamo distrutti per dare spazio ai veicoli).

Spazi pubblici dove assicurare, anche con il parziale impegno comunale, la presenza di servizi per l’acquisto di generi di prima necessità a chi non possiede l’automobile o non la può guidare perché anziano o in difficoltà personale. Anche per questa offerta, attrattivi.

Ridisegnare la città per la vita di relazione dei suoi cittadini è una necessità urgente e civile, di cui purtroppo si parla ancora poco, rivolti troppo, come finora si è fatto, a una visione di benessere individuale affidato soltanto a un illusorio futuro fondato sul progresso della tecnica.

 

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