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Editoriale

PECCATO

CAMILLO MASSIMO FIORI - 04/07/2014

Città compatta e fascia verde in Inghilterra

Lo strumento urbanistico varato dalla Regione, il Programma di Governo del Territorio, poteva essere un’occasione per ripensare il futuro della nostra Varese.

La città moderna è il risultato di una profonda rivoluzione nella vita economica, culturale, politica e sociale; non è semplicemente un insieme di persone, di edifici, di servizi, di istituzioni; è anche un corpo di costumi, di tradizioni, di sentimenti perché è coinvolta nei processi vitali della gente che la abita.

La città e un vero e proprio laboratorio per la costruzione di comportamenti collettivi da cui originano le grandi trasformazioni del costume. Proprio perché la città ha una sua propria vita, cioè una identità, c’è un limite alle modificazioni che si possono operare nella sua struttura fisica perché esse si riflettono nella sua cultura e nel suo ordine morale.

La storia della città negli ultimi due secoli è caratterizzata da un processo di dispersione e di frammentazione che hanno portato alla attuale “città diffusa” in larghi spazi, annullando la distinzione tra città e campagna, e che ha preso il posto della “città compatta” in cui sono possibili rapporti di vicinanza tra gli abitanti.

La crisi della città e del territorio è uno dei maggiori problemi del nostro tempo. Le città italiane sono tutte in crisi: i centri storici sono trasformati dalle nuove, invasive tecniche costruttive e da un traffico che produce congestione e inquinamento. Le periferie sono ancora peggio: c’è disordine, squallore e cementificazione che invade la campagna e i boschi sommando così anche l’inquinamento dell’acqua.

La “città diffusa” è il risultato della estesa mobilità degli abitanti che ha provocato la dispersione territoriale come rifiuto di programmare l’assetto del territorio. Con l’alterazione dei rapporti territoriali e dei sistemi ambientali e paesistici la città perde la sua singolarità, diversità, identità, cioè le proprie radici storico-culturali.

La modernità si può raggiungere ritornando a pianificare: non si può continuare a costruire come abbiamo fatto sinora perché il territorio e le risorse naturali sono limitate e si stanno esaurendo. Alla città non si possono applicare solo le “regole del mercato” perché esse non hanno finalismo e portano alla speculazione piuttosto che al bene comune.

Se si monetizza ogni elemento e aspetto della città si ha come conseguenza la scomparsa dello spazio pubblico e del verde e i cittadini devono rinunciare a fruire della città come si faceva un tempo quando la vita si svolgeva anche nelle vie e nelle piazze.

Anche il traffico è un problema urbanistico che può trovare una risposta nell’ assetto urbano e territoriale: se si realizza una città più compatta diminuisce la distanza dei percorsi e si può  costruire un moderno e capillare sistema di trasporto collettivo.

Bloccando l’espansione esterna della città, creando intorno ad essa una “cintura verde”, oltre a salvaguardare l’ambiente, si possono utilizzare le risorse disponibili “per costruire la città già costruita”, restaurando e ripristinando ciò che è stato alterato, utilizzando i luoghi abbandonati dalle industrie e gli spazi vuoti.

Se prevarrà la responsabilità e la solidarietà dei cittadini avremo una città umana che crea identificazione tra persone e luoghi; diversamente, se prevarranno gli interessi individuali, si accentueranno i processi di esclusione e di separazione.

Ha scritto il grande architetto italo-inglese Richard Rogers: “La qualità della vita dipende molto dai luoghi in cui viviamo. Serve una nuova urbanistica che riequilibri il rapporto tra automobili e persone con zone pedonali e con il miglioramento dei servizi pubblici e dei trasporti ferroviari. E poi non dobbiamo consumare terreni e il verde inutilmente”.

Nel 2007 si è verificato uno storico sorpasso: quello degli abitanti nelle città rispetto e quelli che risiedono in campagna. Ma la campagna è quella che fornisce le risorse fondamentali per l’utilizzo cittadino e c’è il rischio che il meccanismo dinamico della città travolga l’equilibrio ecologico su cui si regge il nostro mondo.

Su questi problemi il Comune non ha detto niente; il PGT è soltanto uno strumento tecnico, peraltro non eccellente.

 

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