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Editoriale

SALIRE

ROMITE AMBROSIANE - 11/07/2014

Itinerari, tappe e cammini attendono molti in queste settimane estive. Noi monache di clausura facciamo forse eccezione? Certo non progetteremo viaggi via internet o presso agenzie turistiche, ma lo sguardo del corpo e del cuore cammina e sorvola tanti itinerari giungendo nei giorni tersi a buona parte della catena alpina, degli Appennini, al brillio della Madonnina a Milano, e oltre. Ma un itinerario più vicino ci è caro e quotidianamente abbracciato dallo sguardo e dal cuore. Un itinerario che giunge quassù, che forse ha condotto un po’ tutte noi qui e che ripercorriamo con la memoria, l’affetto e la meraviglia di sempre.

All’inizio c’è un invito imprevisto, una proposta che interpella la libertà per mettersi in cammino su strade impensate e con una presenza che sorprende ed ha dell’incredibile, pare impossibile: Rallegrati, il Signore è con te! (Luca 1, 28) e la tua vita – e per te la vita di ogni donna e uomo – è gravida di una nuova fecondità: Dio in noi e tra noi e, domani, quell’amore in cui ogni bimbo fa crescere i genitori.

Ed ecco all’umile accoglienza di un tale annuncio seguono i passi verso un abbraccio che si fa danza nel grembo e canto: cosa serve, infatti, camminare se non ad incontrare e così riconoscere se stessi grazie alle parole dell’altro e aprire il cuore e la vita per accogliere ed essere accolti? Incroci di sguardi che rivelano un altro Sguardo: ha guardato l’umiltà della sua serva (Luca 1, 48).

E verso la piccolezza e la povertà prosegue il cammino: un’umile stalla e un piccolo bambino perché le cose grandi si nascondono nella povertà del quotidiano e la speranza è un piccolo che neanche cammina e da noi tutto ha bisogno per compiere la promessa annunciata dai suoi vagiti. La speranza, infatti, ha bisogno di noi come noi della speranza.

E se la speranza ritma il cammino si apre la via dell’offerta perché il tesoro non è quanto abbiamo ma quanto attendiamo da mani provvide che donano salvezza e mostrano la luce alle genti. Mani misteriosamente provvide anche quando trapassano il cuore con una spada di dolore.

E ci sono poi i passi angosciati della ricerca perché il bene da custodire e far crescere non è sempre dove lo aspettiamo, accanto a noi. A volte ha lo sguardo altrove perché si riceve dall’Alto, a volte non dimora nella nostra casa ma nella casa del Padre, a volte non compie la nostra volontà ma indica un’altra sorgente, un’altra generazione.

Vengono poi i passi della solitudine e dell’abbandono, della sofferta adesione a una volontà non propria. Passi che si fermano per l’uno con la faccia a terra e il cuore rivolto al cielo, per gli altri nel torpore del sonno che vela la tristezza insopportabile, per l’altro nel rifiuto e nel tradimento di un’amicizia, di un amore fino alla fine, fin dentro la morte ed oltre.

E così i passi proseguono spinti dalla violenza altrui perché ogni sofferenza umana penetri nella carne come flagelli. O forse, anche, sono passi d’amore che accolgono un fratello anche dietro ad ogni errore che ferisce la carne e il cuore, che offrono la propria sofferenza perché sia accolto il perdono.

E la faticosa salita ci conduce ad un Re, un Re rivestito di sofferenza ed oltraggi, ma pur sempre un Re perché la regalità dell’uomo sta nella verità di sé: siamo carne debole e fragile incamminata con i fratelli tutti verso la casa del Padre e questa fratellanza, a volte gioiosa a volte sofferta, ci fa regnare sul male, la solitudine, l’abbandono che chiude il nostro cuore nella morte.

Ma ecco, i passi seguenti sono carichi di morte, itinerario da evitare forse, ma, in realtà itinerario inevitabile. Ma come proseguire, perché avanzare? Quell’uomo vi pare costretto, in realtà non lo è. Va avanti portando su quel legno la nostra morte perché anche noi possiamo seguirlo e andare non verso la morte ma dietro il Salvatore.

La fatica si fa insopportabile e non c’è dolore simile a questo dolore, ma uno sguardo di luce, invisibile ai più, suggerisce un orizzonte diverso e insinua nel cuore la speranza che Colui che solitario è appeso lassù, sopra quel tumultuoso movimento, Lui sì sappia dov’è la sorgente della vita alla cui luce vediamo la luce (cfr. Salmo 35).

Sì, lo sapeva e i passi si fanno veloci e festanti perché la morte è stata vinta e rifulge la luce di un nuovo giorno. Certo, qualche dubbio nel cuore rimane per la fugacità di quell’incontro, perché ora sia il cuore il luogo del cammino dalla morte alla vita, dalla sfiducia alla speranza.

E poi vengono i passi degli occhi primi fissi al cielo dove il volto conosciuto e amato, il volto della Vita, è asceso; poi sgranati sull’oggi per riconoscere con noi, tutti i giorni, la presenza della Vita, secondo la sua promessa; sguardi che colgono la verità e la vita nascoste in ogni uomo, in ogni circostanza, in ogni orizzonte, sguardi che non si stancano di cercare e di attendere.

E il cammino si fa attesa perché le nostre forze non bastano a vincere le paure, a rompere le chiusure, a donare e accogliere il perdono, ad annunciare con franchezza la gioia. Una forza che scuote le nostre dimore, che incendia il nostro cuore, che colma i nostri silenzi è data gagliarda dall’alto perché il cammino prosegua, come annuncio di salvezza, in ogni dove.

Sì, in ogni dove anche là dove noi non possiamo andare. Sì, oltre ogni limite, anche quello della morte corporale perché la meta del nostro cammino è il cielo e la comunione con Dio per sempre. E una donna, Colei che aveva generato la vita, ci è stata condotta per mostrarci il porto che ci attende.

E così siamo giunti anche alla cima di questo nostro Sacro Monte accompagnando dall’alto i passi dei pellegrini che percorrono la Via sacra, un itinerario che ci conduce al cuore del nostro cuore per un incontro che ci sorprende con un orizzonte che, se accolto, può cambiare la nostra vita innestandola nella Vita. Su questa Via vi invitiamo, magari in un giorno di ferie, per guardare volti e incrociare sguardi che colmano il cuore. Una Via possibile per tutti e quanto mai feconda di bene per sé e per gli altri se percorsa nella malattia o nella vecchiaia, nella solitudine della casa con un rosario in mano. Una salita a cui invitiamo particolarmente i giovani che volessero condividere con noi qualche giorno sul Monte tra riflessione, condivisione e preghiera.

Una Via mai compiuta che attende i nostri passi e il nostro cuore per donarci la Verità e condurci alla Vita.

 

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