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Attualità

IL CORPO, IL CALORE, L’UMIDITÀ

ENRICO ARCELLI - 11/07/2014

Sono state date tante differenti interpretazioni al flop della nostra Nazionale di calcio ai Campionati Mondiali in Brasile. Vorrei ora dare la mia che origina dal fatto che mi sono sempre occupato di fisiologia dello sport. Io credo che l’unico errore compiuto da tutto lo staff azzurro sia stato quello di non preparare bene i giocatori al lavoro in un clima caldo e, allo stesso tempo, umido quale quello che hanno dovuto affrontare.

In tali condizioni il corpo ha il problema di eliminare il calore che i muscoli producono (“calore metabolico”) e quello che deriva dal sole (“calore di irraggiamento”). Lo fa soprattutto con due meccanismi: quello che può essere definito “raffreddamento ad aria” (lo straterello di aria a contatto con la cute si riscalda sottraendo calore alla cute stessa) e quello che, invece, può essere chiamato “raffreddamento ad acqua” (l’evaporazione del sudore alla superficie del corpo). Ebbene: se l’aria ha una temperatura elevata, vicina a quella della cute, funziona male il primo meccanismo. Se l’umidità è elevata, è il secondo a funzionare male, tanto che soltanto una piccola percentuale del sudore riesce a passare allo stato di vapore e dunque a raffreddare il corpo. Se c’è assieme calore e umidità, cala l’efficienza di entrambi.

Se, poi, i sistemi di raffreddamento del corpo non sono adeguatamente allenati, durante la prestazione si ha senz’altro un aumento della temperatura corporea e una disidratazione che ha reso difficile continuare a correre in maniera efficace. È proprio questo che, secondo me, è successo agli italiani.

Se, però, nelle settimane precedenti essi avessero seguito una strategia di lavoro che obbligava l’organismo a lavorare con un microclima caldo-umido, avrebbero ottenuto via via una capacità di lavorare anche in condizioni climatiche caldo-umide.

Come si ottiene questo adattamento? Siccome a me piace tradurre in pratica, nella maniera più semplice possibile e facilmente applicabile, quello che si legge negli articoli scientifici, già in passato ad atleti che hanno vinto titoli olimpici o mondiali in discipline di lunga durata o a squadre di calcio che hanno ottenuto eccellenti risultati, avevo consigliato di aggiungere alla seduta normale di allenamento una quantità crescente di lavoro, con i giusti intervalli fra una seduta e l’altra, indossando una tuta impermeabile. Essa non permette di far funzionare né il meccanismo ad aria (perché attorno alla pelle la temperatura tende ad elevarsi), né quello ad acqua (perché dopo poco l’aria attorno al corpo diventa satura di vapor acque e rende inefficace anche il secondo meccanismo di smaltimento del calore) e permette di ottenere quegli adattamenti che avrebbero consentito alla squadra italiana di ottenere risultati molto migliori.

 

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