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Sport

NIBALI 1 / VOTATO AL CICLISMO

CESARE CHIERICATI - 25/07/2014

Un tempo, per la verità non lontanissimo, su assegni e cambiali si scriveva la sigla sbf, salvo buon fine… Questa clausola commerciale dubitativa dell’effettiva solvibilità del debitore oggi deve essere gioco forza applicata al ciclismo troppe volte lacerato da sistematici episodi di doping che, nell’arco di tre lustri, hanno rivoluzionato ordini d’arrivo e classifiche compresi i sette incredibili Tour di Lance Armstrong. Premessa dolorosa ma necessaria prima di scrivere di Vincenzo Nibali da Messina che sta dominando il Tour 2014, peraltro vedovo di Alberto Contador e di Chris Froome fuori causa per esiziali cadute di entrambi.

Al di là dell’incipit scaramantico c’è da registrare la straordinaria crescita atletica e caratteriale di un ragazzo votato alle due ruote che il gran pubblico della Tv sembra scoprire ora ma che in realtà viene da lontano. Per rendersene conto basta scorrere il suo palmarès, è una sorta di crescendo rossiniano che certifica la bontà della sua stoffa di atleta particolarmente attrezzato per le gare a tappe ma non in maniera esclusiva visto il suo saper correre da protagonista anche in alcune grandi classiche in linea comela Sanremo, il Lombardia,la Liegi– Bastogne – Liegi. Il che sembra effettivamente avvicinarlo a Felice Gimondi, completo su ogni terreno e competitivo, molto spesso, anche contro un”mostro” come Eddy Merckx.

Nibali come il bergamasco del resto dà però il meglio nei grandi giri. I numeri parlano per lui: nel 2010, anno della sua definitiva consacrazione, è terzo al Giro d’Italia e primo alla Vuelta. Non sfugge all’occhio attento della giuria del Mendrisio d’oro, allora presieduta da Fiorenzo Magni, che lo premia come miglior ciclista della stagione. La serata è inopinatamente prevista per il 17 marzo, dunque a ridosso della Sanremo, gli organizzatori temono una defezione, invece Vincenzo si presenta fresco e ben registrato dentro un completo grigio scuro. Risponde alle domande dell’intervistatore, saluta la vasta platea, stringe mille mani poi afferra il microfono e scusandosi, annuncia che deve lasciare la compagnia anzitempo perché aggiunge sorridendo: “Domani mi aspettano287 chilometriin sella e non è poco…”. Una grandinata di applausi saluta la sua uscita di scena. Una signora accanto a me osserva compiaciuta: “È prima di tutto un campione d’educazione”.

Quest’aria distesa e serena diventa il valore aggiunto delle sue molte imprese: terzo al Giro 2011, terzo al Tour 2012, poi lo scorso anno primo al Giro e secondo alla Vuelta, dietro al sorprendente quarantaduenne americano Chris Horner. Nella circostanza lo tradisce un passaggio a vuoto nell’arrivo in salita della sedicesima tappa, perde venti fatali secondi. Non ne fa una tragedia, dopo il traguardo ammette con semplicità che l’acido lattico lo aveva penalizzato oltre il lecito.

Nibali, diciamolo fuori dai denti, è uno che non se la tira, è lontano anni luce dal ciclismo ossessivo del team Sky, con i suoi campioni inavvicinabili, isolati nel camper come fiori di sera, a sciogliere la gamba sui rulli. Nibali invece è un campione dal volto umano, fantasioso, un po’ distratto a volte, come il suo illustre ex collega Oscar Freire, tre volte campione del mondo come Binda e Merckx, che – racconta la moglie – era capace di vestirsi di tutto punto per l’allenamento per poi accorgersi, arrivato al cancello della sua villetta di Coldrerio, di aver dimenticato la bicicletta.

 

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