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Attualità

MONSIGNOR MACCHI, L’ARTE, IL SACRO MONTE

ALBERTO PEDROLI - 19/09/2014

 

È stato inaugurato il Centro Espositivo dedicato a monsignor Pasquale Macchi presso la Prima Cappella del Sacro Monte di Varese all’interno dell’edificio già albergo ristorante “La Samaritana”, riqualificato dalla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese, presieduta da monsignor Gilberto Donnini. Gli ambienti, disposti su quattro piani, sono stati completamente rinnovati a cura dello Studio di Architettura Gaetano Arricobene, per ospitare il lascito alla Fondazione costituito da quadri, bronzi, ceramiche, libri, monete e oggetti vari appartenuti al varesino monsignor Pasquale Macchi (Varese 1923 – Milano 2006), segretario di papa Paolo VI, poi arciprete di S. Maria del Monte e Arcivescovo di Loreto.
Del ruolo giocato dal pontefice bresciano e dal suo segretario sin dai tempi milanesi per una “nuova alleanza” tra la Chiesa e l’arte contemporanea dopo decenni di reciproca diffidenza, già si è parlato su queste pagine e l’imminente beatificazione di papa Montini sicuramente consentirà di mettere ancor di più a fuoco la portata innovatrice di questa apertura che, tra le altre cose, ha portato alla creazione nel 1973 della Collezione d’Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani.
Lo spazio espositivo varesino si inserisce in questo contesto completando quanto già conosciuto attraverso la sezione d’arte sacra contemporanea a tema mariano del museo Baroffio, pure voluta da monsignor Macchi ed altri “segni” della contemporaneità al Sacro Monte quali la Fuga in Egitto di Renato Guttuso accanto alla Terza Cappella, il Paolo VI bronzeo di Floriano Bodini sul sagrato del Santuario, la grande vetrata di Trento Longaretti per la Chiesa dell’Annunciata.
Il Sacro Monte di Varese finisce così con l’acquisire, nell’ambito dei nove siti analoghi di Piemonte e Lombardia riconosciuti dall’Unesco come “patrimonio dell’umanità” una sua valenza originale proprio per la capacità di mettere in dialogo vecchie e nuove forme di espressività artistica. Reciprocamente, il centro espositivo, collocato proprio all’avvio della Via Sacra, potrà giocare un ruolo importante, accogliendo con le proprie attrezzature multimediali gruppi di pellegrini o semplici turisti (ma, perché no? gli stessi varesini) e guidandoli alla comprensione dei valori religiosi, storici, artistici e paesaggistici che sono alla radice della nascita e dell’ampliamento del santuario, del monastero delle Romite, del viale delle cappelle del Rosario, di quella complessa stratificazione insomma non sempre adeguatamente percepita che costituisce il nostro Sacro Monte.
Si è parlato non a caso di centro (o spazio) espositivo e non di museo per sottolinearne il carattere aperto: solo parte del patrimonio lasciato da Macchi è infatti esposto ma potrà esserlo a rotazione. Il primo piano è adibito all’esposizione di vari oggetti della raccolta d’arte del segretario personale di Paolo VI, databili dal XV al XX secolo; il secondo piano è riservato alla mostra delle opere dei maggiori artisti legati a monsignor Macchi e a papa Montini (una piccola sezione è dedicata anche a suoi oggetti e paramenti), distribuite in tre sale corrispondenti alle tre maggiori fasi della sua attività pastorale.
Tra le opere antiche spicca la Madonna in trono con santi attribuita a Lorenzo di Nicolò Gerini, pittore fiorentino attivo tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento. Tra gli artisti moderni si ricordano in particolare Dina Bellotti, Angelo Biancini, Floriano Bodini, Cecco Bonanotte, Amedeo Brogli, Aldo Carpi, Silvio Consadori, Pericle Fazzini, Luigi Filocamo, Emilio Greco, Renato Guttuso, Jean Guitton, Enrico Manfrini, Giacomo Manzù, Arturo Martini, Luciano Minguzzi, Trento Longaretti, Fausto Pirandello, Lello Scorzelli, Mario Rudelli, Mario Sironi, Gianfilippo Usellini.
Sono alcuni dei nomi più importanti del panorama artistico italiano del Novecento, ma la loro scelta non è casuale: testimonia infatti una stretta familiarità con pittori e scultori verso cui monsignor Macchi si fece confidente sempre disponibile, vivace interlocutore, intelligente committente e sostenitore e che ebbe inizio già durante gli anni milanesi a fianco dell’allora arcivescovo Giovan Battista Montini, consolidandosi durante il periodo trascorso a Roma e continuata negli anni che lo videro arciprete di Santa Maria del Monte.
Una familiarità non disgiunta da concretezza imprenditoriale ed innata sobrietà che ne fanno tra i migliori interpreti delle virtù – quelle autentiche – della terra bosina. Forte è anche il legame con il territorio, prova ne è il fatto che ritroviamo i nomi di molti artisti tra coloro che diedero vita alla galleria d’arte all’aperto di Arcumeggia.
Un’ultima annotazione: a suo tempo si era affacciata l’ipotesi di dar vita ad una rete museale integrata tra il nuovo centro espositivo e le realtà civiche già presenti nel Comune di Varese – Villa Mirabello, Castello di Masnago e Sala Veratti. Se il progetto allora presentato non ha ottenuto il sostegno della Cariplo resta viva tuttavia l’esigenza di un “fare squadra” anche per superare le inevitabili difficoltà connesse alla gestione di un patrimonio indiscusso ma tuttora poco conosciuto e valorizzato: solo per fare un esempio sono ancora da definire gli orari di apertura del centro espositivo… Sarebbe davvero imperdonabile non cogliere questa (come altre) occasioni di promozione turistica e di crescita culturale del nostro territorio vanificando oltretutto lo sforzo finanziario ed organizzativo messo in campo dalla Fondazione Paolo VI.

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