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Attualità

QUALCOSA DI NUOVO E GRANDE

DANIELE ZANZI - 03/10/2014

Varesini a convegno al teatro Santuccio

Varesini a convegno al teatro Santuccio

A Varese raramente si era vista una cosa del genere! Sold out al Teatro Santuccio per la serata di denuncia e proposte intitolata, provocatoriamente,“La Terra Desolata”.

Una partecipazione che è andata al di là di ogni rosea previsione degli organizzatori tanto che gli addetti preposti alla sicurezza, a manifestazione non ancora iniziata, hanno dovuto chiudere le porte per evitare il sovraffollamento degli spazi mettendo così in condizione molti varesini di tornarsene a casa.

Una sala gremita, dunque, sia in numero di aderenti – qualcuno scrive di quattrocento persone presenti -, ma anche e soprattutto in termini di eterogeneità della platea con cittadini appartenenti ai più disparati ceti sociali, anche quelli di solito restii a partecipare o ad apparire. Una serata ben diversa dalle molte in cui le sale sono riempite perché ci si deve essere per doveri o diktat di partito, in cui è “conveniente” farsi vedere stringere la mano al potente di turno o alla “gente che conta”, in cui si cerca di fare affari piuttosto che partecipare.

Nulla di tutto questo, giovedì sera al Santuccio. Tutti cospiratori o strumentalizzati dai “soliti noti” i presenti ? – come affermano qualificati esponenti della Giunta -. Dura, se non impossibile da sostenere questa tesi alla prova dei fatti! Il Palazzo sembra persistere nel fingere di non capire o nel sottovalutare quello che è successo negli ultimi mesi in città: la nascita e la crescita di un movimento civico apartitico che ormai è una realtà forte e radicata. Apartitico, non apolitico: quello che anima i comitati è proprio la loro vis partecipativa che in fondo è l’essenza stessa della politica. Non si può essere apolitici, cioè starsene in disparte a vedere cosa succede; chi ha questo atteggiamento di fatto sceglie, fa una scelta politica, quella di stare con chi sceglie. La politica può essere cosa diversa dai partiti, specie se questi degenerano nel partitismo; molti, anche a livello nazionale, se ne sono accorti e cercano di aprirsi a questo vento nuovo partecipativo, apartitico ma non apolitico.

Ciò è tanto più vero quanto più si collega alle realtà cittadine, dove è in gioco la buona amministrazione locale nell’interesse del bene comune e non di una parte che vuole comandare sull’altra. In fondo in realtà e comunità locali si dovrebbe avere il buonsenso e l’intelligenza di capire che i cipressi, gli autosilo nei parchi storici o nei siti sacri non sono di destra o di sinistra, ma di tutti.

Mai e poi mai avrei pensato la scorsa primavera, quando tutto iniziò con un semplice incontro in un bar del centro tra sei amici / conoscenti, che il seme gettato potesse generare un siffatto albero: il risveglio civico di una città, stanca e delusa da anni “di comando”, anziché “di amministrazione”.

Una Terra desolata è andata in scena giovedì scorso al Santuccio: di sicuro desolata più in termini culturali, umani, morali piuttosto che materiali.

La nascita dei Comitati spontanei rappresenta una ventata di aria nuova in questa Terra desolata e sfiduciata; alcuni Partiti lo hanno capito, intervenendo alla serata e cercando quanto meno di capire; altri invece si trincerano dietro fantasiose dietrologie con ipotesi di strumentalizzazioni o accuse di nascoste sfrenate ambizioni personali; insomma di complotti in vista di elezioni prossime a venire. Di fatto si nega ai varesini l’intelligenza di giudicare e di valutare con la propria testa e di conseguenza protestare.

Il Palazzo sembra dimenticarsi che le prossime elezioni amministrative sono lontane – 2016 – e che il risveglio cittadino ormai va avanti da anni e anni – rivolta all’autosilo interrato di Villa Augusta, Comitato contro il nuovo Ospedale Ponte del Sorriso, opposizione al ventilato parcheggio a Villa Mylius, al nuovo PGT, ecc, ecc.; un vento che soffia ormai da tempi non sospetti e che è divenuto ora impetuoso.

La serata al Santuccio ha evidenziato non “il caso cipressi”, il “ caso parcheggio”, il caso “lago di Varese”, il caso”Piazza Repubblica “, bensì il caso “Varese”, una città amministrata da venticinque anni da una parte che aveva fatto della difesa del territorio e delle tradizioni il proprio punto di forza e di presa popolare e che di fatto ha fallito ed ora anche i suoi stessi elettori, disillusi e delusi, stanno chiedendo conto dell’operato.

Certo la serata del Santuccio, come tutti gli eventi nati dallo spontaneismo disinteressato e dalla buona volontà dei singoli, ha sollevato in alcuni perplessità e impazienze sulla congruità dei temi. Forse qualcuno si aspettava qualcosa d’altro, ben comprensibile vista la sfiducia e il malcontento dilaganti. Volutamente gli organizzatori hanno dato un taglio informativo non urlante e per informare bisogna anche sforzarsi di andare a fondo agli argomenti. Un programma denso e compresso; qualcuno non ha gradito, qualcuno ha giudicato una perdita di tempo, uno sfoggio di cultura non necessaria nel pragmatismo atteso della serata; qualcuno ha sbottato “così non vinceremo mai!”. Dove quel vinceremo stava per una parte politica, la sinistra, come ha rivendicato poi nel suo, peraltro stimolante, intervento il direttore di VareseNews Marco Giovannelli. Ma la gran parte delle persone presenti non erano lì a rappresentare una parte, bensì una città! Non si era lì per fare vincere uno schieramento o l’altro, ma per testimoniare che esiste un altro modo di fare politica, quella onesta e disinteressata, quella dei cittadini che fanno prevalere il bene comune e non la fazione. Una città che non vuole lo scontro, ma che però pretende di essere ascoltata. Nessuno mette in dubbio il ruolo della rappresentanza e dell’agire alla parte che viene delegata all’amministrare la cosa pubblica senza però dimenticare che un mandato non è una delega in bianco su tutto e su tutti e trascurare e dileggiare la voce di così tanti cittadini di Varese su questioni importanti non è amministrare, ma comandare. E a questo diciamo basta!

Penso che qualcosa di nuovo e grande sia rinato a Varese; trovo delle similitudini con l’odierno, rileggendo le cronache varesine degli anni ’50 e ’60, in quel ribollire di una città in fermento che usciva dalle rovine e dalle macerie di una guerra devastante per tutti; non già, non mi si fraintenda, nelle situazioni, bensì nello spirito e nelle speranze dei varesini che uniti si sforzavano di agire per il bene e la rinascita di una città. Rivedo lo spirito di Giovanni Bagaini, uomo di parte certo, ma capace di sedersi e ascoltare tutti nell’interesse e nell’amore di una città. Questo spirito aleggiava lì al Santuccio, giovedì sera: voglia di partecipare, di trovare altre strade partecipative e partecipanti, voglia di ascoltare e di non accettare più scelte non condivise. Qualcuno dei presenti, impaziente, ha sbottato; i più hanno capito.

Il Palazzo, come al solito, ha osservato da fuori e non ha capito. Peggio per loro!

 

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