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Attualità

PAOLO VI/3 L’ATTENZIONE ALL’EUROPA

EDOARDO ZIN - 17/10/2014

La statua della Nostra Signora d’Europa a Motta di Campodolcino

La statua della Nostra Signora d’Europa a Motta di Campodolcino

“Tu ci sei necessario – o Cristo – per ritrovare le ragioni vere – e la fraternità fra gli uomini – i fondamenti della giustizia – i tesori della carità – il bene sommo della Pace”.

“Ho amato la Chiesa: fu il suo amore che mi trasse fuori dal mio gretto e selvatico egoismo e mi avviò al suo servizio: è per essa non per altro mi sembra di aver vissuto. Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse…”.

In questi due pensieri di Paolo VI – che attingiamo rispettivamente da un suo discorso del 1955 e dal suo testamento – possiamo scorgere la caratteristica essenziale del suo insegnamento. L’amore per Cristo e per la Chiesa portò Montini ad amare il mondo fino a comprenderlo, a interpretarne ansie e esigenze, a vedere nel tempo la presenza attuale dello Spirito nel corpo malato della storia.

Con il mondo, Montini entrò in dialogo suscitando talvolta negli uomini di Chiesa apprensione e qualche sorriso. Il suo pontificato conobbe gli eccessi del progressismo e del conservatorismo talvolta legati a movimenti politici. Di questa simpatia per il mondo moderno sono testimonianza i suoi viaggi apostolici in Asia, Oceania, Australia, Colombia, Turchia, India, Africa e Terra Santa. Parlò alle donne e agli uomini delle grandi organizzazioni internazionali: all’O.N.U. a New York e all’Ufficio Internazionale del Lavoro di Ginevra.

Fin dagli inizi del processo di unificazione europea, Montini vide in esso non solo una costruzione di ordine tecnico o economico, ma una comunità culturale e spirituale che affonda le sue radici nel “patrimonio umano, morale e religioso, ispirato in gran parte dal Vangelo che ha assicurato e continua ad assicurare all’Europa un’irradiazione unica nella storia della civiltà” (al gruppo democratico cristiano del Parlamento Europeo il 14/10/1964).

Di questo impegno europeistico del futuro Pontefice, Varese conserva due testimonianze: il Centro Comune di Ricerca (ex Euratom) di Ispra e la Scuola Europea nel capoluogo.

Dopo la firma dei Trattati di Roma (25 marzo 1957), l’Arcivescovo Montini, su invito del Sindaco di Milano Ferrari intervenne presso il sostituto della Segreteria di Stato Dell’Acqua per chiedere che la Santa Sede appoggiasse la richiesta di Milano che ambiva a divenire sede di una delle tre comunità (CECA, CEE e CEEA). Per rafforzare questa sua richiesta l’11 settembre 1958 si recò in visita al cancelliere Adenauer, in vacanza a Cadenabbia, sul lago di Como, per chiedergli di appoggiare il desiderio di Milano.

Prima ancora che venisse decisa dal Consiglio Superiore delle Scuole Europee l’istituzione di una Scuola Europea a Varese (1960), il fondatore, Albert van Houtte, che aveva ideato questa scuola basandosi su principi pedagogici e didattici intesi ad arricchire l’unità nella diversità culturale dei sei paesi della “piccola Europa”, rese visita all’Arcivescovo di Milano l’11 dicembre 1955, al quale espose il suo progetto educativo. L’Arcivescovo fu così ammirato da questa originale proposta che volle continuare a lungo il dialogo con van Houtte trattenendolo a cena.

Lo stesso van Houtte ritornò a far visita a Montini il 9 settembre 1958 e ricevette dall’Arcivescovo incoraggiamento a proseguire nel suo cammino. Da parte sua, nel febbraio 1960, monsignor Montini nominò don Nagel, allora vice-Prevosto di Luino quale professore di religione per la sezione italiana. Il 6 marzo 1962 – su indicazione dell’Arcivescovo di Colonia – nominò don Adolf Buidenbach cappellano dei cattolici di lingua tedesca assunti dal centro Euratom di Ispra nonché professore di religione per la sezione tedesca della Scuola Europea. Successivamente, l’Arcivescovo nominerà per le stesse funzioni il francescano nederlandofono padre John per la sezione d’espressione olandese e un religioso rogazionista belga d’espressione francese per la sezione francofona.

Il team era al completo, ma Montini – continuando la sua fervida opera in favore dell’educazione ad una salda coscienza europea – dopo aver ricevuto nuovamente in tre successivi incontri Albert van Houtte, decise di erigere canonicamente una “parrocchia europea” che – pur non coincidendo con un determinato territorio – doveva fare capo ad unico sacerdote, al quale egli avrebbe conferito a tutti gli effetti le mansioni canoniche che spettano ad un parroco. Il 5 luglio 1962 nominerà don Giovanni Colombo professore di religione cattolica per gli italiani e parroco della futura parrocchia europea.

Albert van Houtte confidò a chi scrive che la preoccupazione dell’Arcivescovo era quella di assicurare anche l’insegnamento religioso in lingua materna ai cristiani delle altre confessioni – all’epoca quasi tutti appartenenti alle chiese riformate – e un insegnamento di etica laica per i non credenti.

Nella visione montiniana l’incontro tra le diverse confessioni cristiane all’interno della Scuola Europea era motivo di speranza perché si sviluppasse un autentico ecumenismo che, rinunciando a divenire sterile sincretismo religioso, contribuisse a sviluppare l’integrazione europea.

L’insegnamento di una morale non confessionale aveva come fine la formazione di solide coscienze costruite intorno non ad una ideologia, ma attraverso rapporti fra persone e gruppi concreti, uniti nella medesima volontà a custodire i valori di base della democrazia, nella quale ogni uomo di qualsiasi cultura venisse rispettato, riconosciuto e non soltanto tollerato.

Per suggellare questi suoi propositi, l’Arcivescovo Montini compì un atto del tutto straordinario: il 13 maggio 1962 alla Scuola Europea amministrò il sacramento della confermazione ad un gruppo di allievi, spostandosi più tardi nella Basilica di San Vittore per compiere il medesimo rito.

L’impegno di Montini per la costruzione europea non aveva alcuna nostalgia per l’Europa carolingia o per la cristianità medievale. Era piuttosto la manifestazione della sua paternità che aveva a cuore la pace, il benessere e la solidarietà tra tutti i paesi.

Il 12 settembre 1958, l’Arcivescovo di Milano, inaugurando a Motta di Campodolcino una statua dorata della Madonna venerata sotto il titolo di Nostra Signora d’Europa, pronunciò queste profetiche parole: “L’unione, che sta delineandosi e che oscilla da stagione a stagione, tra una conclusione che sembra felice e una delusione che sembra mortale, è fragile e precaria, prodotta piuttosto da forze estrinseche che la vogliono, che non da palpitante interiore vitalità propria ed autonoma… Abbiamo bisogno che un’anima unica componga l’Europa, perché davvero la sua unità sia forte, coerente, sia cosciente e benefica”.

L’Europa nei suoi sessantaquattro anni di vita è sopravvissuta tra momenti di espansione economica e crisi degli equilibri monetari e politici, tra spinte contro la sua unità e stimoli al ritorno dei valori dei padri fondatori.

Il grave momento di crisi – non solo economica – che l’Europa sta vivendo chiede agli europei spirito di sacrificio e di auspicata sobrietà, oltre all’eroismo delle cose possibili, della libertà creatrice, della speranza dinamica, del clima dei valori consolidatisi dopo il lavacro delle due guerre mondiali.

In questo credeva il Beato Paolo VI. Per questo devono impegnarsi i cristiani.

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