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Sport

IL RITORNO DEL CONDOTTIERO

GIORGIO MOIOLI - 17/10/2014

basketAll’esame del vocabolario (Devoto-Oli, Zingarelli: fate voi) la parola “delirio” non ne esce molto bene. L’accezione principale è quella medico-psichiatrica: stato allucinatorio, forma psicotica, robe brutte. Eppure, dando credito a quello che è invece il significato popolare, viene difficile trovare un termine più calzante per descrivere gli effetti dell’esordio in campionato della Pallacanestro Varese: un successo chiarissimo, nel palaWhirlpool di Masnago strapieno, contro gli eterni rivali di Cantù (hai detto niente….).

La carne al fuoco era tantissima, da scriverci un libro: nuovo presidente in società (Stefano Coppa) con conseguente passaggio di Vescovi al ruolo di responsabile tecnico (contento il Cecco, odore di palestra anziché di scartoffie), nuovo anche il presidente del consorzio dei proprietari “Varese nel cuore” (da nominare), nuovo il main sponsor con l’ormai mitico cavalier Cimberio che dopo anni di paterna e apprezzatissima presenza passa il testimone alla Openjobmetis, nuova tutta (sì, proprio tutta) la squadra, completamente rifondata con l’unica eccezione di un paio di ragazzi, ma nuovo soprattutto l’allenatore.

Dopo la tristissima stagione precedente, con tanti uomini di passaggio e di poco spessore, il coraggio ha preso la scena e Varese ha chiamato a sé il “personaggio assoluto”, il figlio prediletto, la “mosca atomica” Gianmarco Pozzecco. Esordiente in serie A, neanche un anno e mezzo di panchina in Legadue a Capo d’Orlando (con risultati positivi), gavetta zero (nemmeno i bambini aveva mai allenato prima), un’immagine qualche volta eccessiva da eterno Peter Pan e goliardo forse in parte da rivedere: il Poz è tornato ed è la sua bella faccia onesta e sfrontata quella che guardano ora i tifosi varesini. Eccolo qui, tra tutte le numerose novità, il vero, grande evento nell’estate varesina dei canestri.

Le prime voci già agli sgoccioli della stagione precedente, poi una abbastanza rapida conferma e il fiume infinito dei commenti, non solo in città ma anche nella “famiglia allargata” della pallacanestro italiana: sui giornali, nel Web, nei tanti forum di appassionati dove l’argomento Poz è tra quelli che hanno tenuto banco negli ultimi mesi dato che Gianmarco, con la sua spontaneità e la sua immediatezza, reazioni ne suscita sempre ed ovunque. Anche obiezioni e perplessità diffuse (una per tutte: non sarà troppo presto?) ma, comunque, un montare costante di curiosità, aspettative e coinvolgimento che ha portato tutta la Varese sportiva a sposare il progetto ed al risultato eccellente della campagna abbonamenti, pur con alcuni giocatori arrivati quasi in extremis e un organico non certo da compagine miliardaria.

Nel frattempo Pozzecco ha lavorato sodo con tutto lo staff tecnico per mettere insieme un gruppo che ha sì limiti (taglia fisica complessiva ridotta e rotazioni un po’ ristrette soprattutto sotto canestro, qualche cosiddetta scommessa tra i giocatori più giovani) ma anche il pregio di un’identità ben definita: atletismo, velocità, motivazioni individuali forti, dedizione alla causa anche e soprattutto nel fare della difesa il fiore all’occhiello della squadra. Come, vi mettete a ridere? Eh già, sembra una barzelletta: “Poz, ma il mondo si è proprio ribaltato gambe all’aria se dovevi arrivare tu (?!) per fare una squadra di difensori pronti ad azzannare l’avversario…”.

Eppure è la verità e l’esordio contro Cantù, con la formazione finalmente al completo dopo un precampionato condizionato da moltissimi infortuni, lo ha mostrato inequivocabilmente, con un gruppo che ancora è davvero tutto da scoprire ma ha già assorbito la carica agonistica ed emotiva del suo coach ed ha iniziato a mettere qualche puntino sulle i. A trainarlo, naturalmente, lui: papà, amico, fratello e antenna di riferimento dei suoi giocatori, con un’istantanea finale che ci ha riportati ad immagini di quindici anni fa: ve lo ricordate il Poz in piedi sui rotabili della pubblicità, con il naso spaccato da Nicola e la maglietta inzuppata di sangue, mentre arringa il palazzetto intanto che una pioggia di stelle dorate scende dal “cielo” e tutti sono in preda all’esultanza e alla commozione?

Non facile da spiegare a chi non c’era: una celebrazione, una cerimonia sacra. E lui un’icona, il condottiero, l’immagine e la guida di un intero popolo che, adesso non abbiamo più alcun dubbio, oggi non aspettava che il suo ritorno. E, battuta Cantù, il Poz lo ha rifatto: per tre secondi, stavolta in giacca e cravatta, ma ci è risalito. In piedi sui cartelloni, con cinquemila anime in tripudio. In pratica… un delirio.

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