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Storia

WOJTYLA/2 QUEL POPOLO, QUELLA BELLEZZA

GIAMPAOLO COTTINI - 31/10/2014

un santoIl Sacro Monte è da sempre caro ai varesini come crocevia della loro storia religiosa e civile ed è il simbolo dell’affidamento alla Vergine come fonte di inesauribile speranza. Meta da sempre di pellegrinaggi in cui il silenzio religioso si sposa con la bellezza della natura nel contesto di forme artistiche capaci di parlare del Mistero cristiano in un linguaggio accessibile a tutti, il Sacro Monte ricorda in questi giorni lo straordinario evento della visita di Giovanni Paolo II, il 2 novembre di trent’anni fa, in occasione della sua visita a Milano per il IV centenario della morte di San Carlo Borromeo.

A lungo preparato ed atteso, l’incontro (annunciato dal motto “è tra noi”) si svolse in uno splendido pomeriggio dal clima mite, illuminato dalla delicatezza di una tenue luce autunnale, che rendeva ancora più suggestive le tinte pastello della natura e che sembrava fatta per incoronare la grande sagoma dell’immagine della Madonna stagliata nel cielo. Questa immagine sembrava un’apparizione e creava la suggestione di una presenza protettrice, quasi una luce per guidare il pellegrinaggio e non lasciare nessuno senza la certezza della meta, invitando tutti a guardare in Cielo.

E verso la Madonna camminava il Papa recitando il Rosario, al centro della via sacra che percorreva seguito da pochi ecclesiastici e da un servizio d’ordine preoccupato del ricordo ancora fresco dell’attentato subito in Piazza San Pietro il 13 maggio 1981. Il Papa si muoveva con naturalezza, anche se un po’ affaticato in qualche tratto in cui la salita era più ripida, tra due ali di folla di oltre quarantamila persone assiepate a pochi metri da lui. Le fotografie lo mostrano in compagnia di un giovane e vigoroso Card. Martini, di Mons. Pasquale Macchi infaticabile regista e protagonista dell’evento, del vescovo varesino monsignor Attilio Nicora e di mons. Bernardo Citterio Vicario della Zona pastorale di Varese. Che emozione veder passare il Papa così vicino, e così simile a tutti i pellegrini nel dire il Rosario immerso nel Mistero di Dio attraverso il dialogo con Maria!

Al tramonto il piccolo corteo giunse sulla terrazza del Mosè, ed il Papa si affacciò alla balconata accolto dalle autorità; significativo fu soprattutto il saluto dell’allora Sindaco Giuseppe Gibilisco che ricordava il profondo legame tra Sant’Ambrogio e la montagna sacra nell’epoca dell’eresia ariana e, muovendo dall’antichissima devozione alla Vergine, raccontava le tappe della storia sino alla costruzione del viale delle Cappelle e del Santuario.

Era chiaro a tutti che stavamo vivendo un avvenimento storico (che oggi si chiarisce ulteriormente per lo stretto legame di santità tra San Giovanni Paolo II ed il beato Paolo VI, da sempre devoto alla Madonna del Sacro Monte). Era come se rifiorisse la storia della fede delle nostre genti in un gesto di partecipazione del popolo intero alla vita della Chiesa, sperimentata come un popolo in cammino verso il destino di salvezza cui tutti siamo chiamati.

Oggi forse viviamo in una dimensione della fede più privata, meno popolare e meno riconoscibile, ma non possiamo dimenticare che tratto fondamentale della cattolicità è la visibilità, l’essere segno sacramentale e perciò efficace di una comunione reale. Non una Chiesa arroccata, ma una chiesa concretamente impegnata che sa gustare la gioia di vivere eventi comunitari come quello di trent’anni fa, in luoghi che parlano come il Sacro Monte. Un popolo in raccoglimento che unisce all’unisono la propria voce a quella del Papa è davvero uno spettacolo di fede e di umanità indimenticabile! Erano anni ricchi di speranza e di attesa seguiti ad epocali cambiamenti geo-politici e questo dava ancora maggiore suggestione al gesto del pellegrinare salendo sul monte, per contemplare il Mistero di Dio testimoniato soprattutto dalla presenza del monastero di clausura che il Papa volle visitare. Al termine, mentre la notte calava facendo sentire il rigore del freddo autunnale, la gente iniziava a scendere in fretta verso la città, con la nostalgia per ciò che aveva visto e la gioia dell’essersi trovati insieme.

Tutto era filato perfettamente liscio, anche grazie ad un ineccepibile servizio d’ordine, ma quel che restava era l’aver vissuto l’unità della Chiesa incarnata nelle varie generazioni che avevano vissuto un gesto in cui il cielo e la terra si erano incontrati. E ripensando a quelli che allora erano bambini, viene da commuoversi perché oggi da adulti possono raccontare ai loro figli di aver visto il Papa salire e di averlo accompagnato in cima al monte, in quel giorno indimenticabile che fa parte di una storia buona che giunge a noi sino ad oggi.

Varese 1984-2014. Un Santo in cammino con il popolo di Dio” è il titolo di un importante evento culturale e religioso promosso dalla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese a trent’anni dal pellegrinaggio di Giovanni Paolo II lungo il Viale delle Cappelle e al Santuario.

A partire da domenica 2 novembre, fino al termine delle festività natalizie, la Via Sacra e il centro espositivo intitolato a Paolo VI e a Monsignor Pasquale Macchi alla Prima Cappella ospiteranno una esposizione open air con oltre trenta grandi installazioni che riprodurranno le più suggestive immagini dell’epoca realizzate dal fotografo Carlo Meazza e testi che accompagneranno i visitatori nel ricordo e nella riscoperta di un percorso di preghiera ancora nella mente e nel cuore di migliaia di varesini.
L’iniziativa è accompagnata dalla pubblicazione di un volume edito da Concreo.

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