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Cultura

LE CAMPANE SUL BATTELLO

LINDA TERZIROLI - 21/11/2014

campaneUn angolo di Tibet a Porto Ceresio. Questa è la prima impressione quando saliamo sul battello Octopus e ci dirigiamo verso prua. E ci imbattiamo in una piccola sala, ai due lati il quieto lago di Lugano, al centro cinque ciotole dorate che presto scopriamo essere campane tibetane.

“La definizione di campane tibetane è riduttiva e inesatta. I tibetani hanno ereditato queste campane dai Bon, una popolazione che si era, precedentemente, insediata nell’Himalaja. Alcuni sostengono che siano discendenti degli indiani d’America, un popolo animista, assai legato agli aspetti cosmologici” mi rivela Stefano Mozzicato, da qualche mese il nuovo gestore del locale sul battello all’àncora.

Ma che cosa ci fa quest’angolo d’oriente perduto su un battello galleggiante? “Fin da giovanissimo avevo una predisposizione per la spiritualità – prosegue Mozzicato – ho compiuto almeno trenta viaggi fra India, Nepal, Tibet. Sono stato per quasi un anno in un monastero tibetano, dove ho conosciuto l’ aspetto curativo, di cura dell’anima delle campane tibetane. E sono stato tra i primi a portarle in Italia, negli anni ’90 attraverso i miei negozi Madre Terra”.

Come ha iniziato a suonarle? “Ho avuto benefici enormi dalle campane bon tibetane: sono molto più sereno e tranquillo, mi hanno fatto crescere come persona, dandomi un beneficio che non ho potuto tenere per me. È stato il lama Lawang a convincermi a suonarle per gli altri”.

E come è nata l’idea di suonarle qui? “Ho sempre pensato che a Varese mancasse un’anima spirituale, meno concreta, meno concentrata sul lavoro come unico scopo della vita. È stata una sfida, le campane per donare spiritualità e benessere al posto delle macchinette mangiasoldi, rovina e depressione per la gente, che si trovavano qui prima”.

Le campane tibetane oltre ad essere strumento di meditazione, sono un autentico elisir per combattere lo stress: “Sono cinque campane con vibrazioni precise e diverse dalla più piccola alla più grande. La prima domina la sfera della sessualità, la seconda la costellazione degli affetti familiari, la terza la gestione dell’amore e dell’innamoramento. Poi c’è la quarta campana, dedicata alla sfera della comunicazione e gestione comunicazione sociale, infine l’ultima, la più piccola è la campana della spiritualità, con il suono più alto e acuto, bellissimo”.

Come si armonizza la filosofia tibetana con il resto del locale, meno orientaleggiante? “La filosofia tibetana ha molto da insegnare, sull’amore per il territorio, sulla difesa delle eccellenze locali. Nel battello serviamo formaggio delle aziende agricole di Dumenza e i salumi di Brenno, accompagnate dalle verdure dell’orto”.

Un sogno per il futuro? “Mi piacerebbe creare una rete di orti nei terreni inutilizzati di Porto Ceresio, coltivare gli ortaggi per le persone in difficoltà, seguendo una tradizione autenticamente tibetana (e cristiana): quando una persona bisognosa entra in un monastero, può cogliere liberamente le verdure nell’orto, per prepararsi una minestra calda”.

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