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In Confidenza

UN SUPERDONO

Don ERMINIO VILLA - 21/11/2014

F. Gonin, Il pane del perdono

F. Gonin, Il pane del perdono

Se cerchiamo il senso etimologico della parola “perdono”, siamo sorpresi dal contrasto tra la logica della pena e della riparazione propria della giustizia, e quella della gratuità, tipica della misericordia e dell’amore.

La radice della parola latina “per-donare” rinvia ad un “dono in eccesso”. Un’eccedenza, un di più, che è… un resto di niente. Infatti il perdono non dona nulla – o dona senza dare niente – perché restituisce ciò che appartiene ad un altro, la libertà di agire (al limite l’innocenza) a colui che ha sbagliato ed è dunque reo di qualche colpa.

“Per-donare” è una sorta di negativo del dono, in quanto si rinuncia e si rifiuta (di ricorrere al diritto, alla vendetta e al rancore), e non si dà (corso alla giustizia) fino ad agire in perdita, a non trarre nessun guadagno, ma solo un dispendio.

Quello del perdono è uno dei temi centrali, attorno ai quali Alessandro Manzoni ha costruito la storia de I promessi sposi Renzo e Lucia: toccanti le testimonianze del perdono chiesto, ricevuto, accordato…

A ben vedere si tratta di un gesto straordinario, profondamente umano, scandaloso agli occhi del nostro tempo, ma ancorché necessario per uscire dalla spirale di rancori e risentimenti, decidendo liberamente di rinunciare ad ogni forma di rivalsa, di punizione o di vendetta nei confronti di chi ha procurato l’offesa.

Ma il perdono cristiano (cioè il dono di Dio in Cristo) va oltre: chi perdona non libera solo colui che ha sbagliato, ma libera anzitutto se stesso dal risentimento, dalla rabbia, dall’odio e quindi da ogni possibile reazione violenta.

Un pezzo di pane è il segno del perdono che Fra Cristoforo riceve, prima di mettersi in viaggio, dai parenti di colui che ha ucciso. “Padre, gradisca qualche cosa; mi dia questa prova d’amicizia”. E si mise per servirlo; ma egli, ritirandosi con una certa resistenza cordiale, “queste cose – disse – non fanno più per me; ma non sarà mai ch’io rifiuti i suoi doni. Io sto per mettermi in viaggio: si degni di farmi portare un pane, perché io possa dire d’aver goduto la sua carità, d’aver mangiato il suo pane, e avuto un segno del suo perdono”. Il gentiluomo, commosso, ordinò che così si facesse; e venne subito un cameriere, in gran gala, portando un pane sur un piatto d’argento, e lo presentò al padre; il quale, presolo e ringraziato, lo mise nella sporta”.

Per ricordare l’importanza e il valore del perdono, il frate donerà l’ultimo pezzo di quel pane, prima di morire, a Renzo e Lucia, che si sono ritrovati in un Lazzaretto, alla fine delle loro traversie, dopo il perdono del loro persecutore Don Rodrigo.

Chi commette gli sbagli è tenuto in coscienza a riconoscerli come propri e, nella misura in cui è stato leso qualcuno, a renderne conto. Il cammino di redenzione è sempre possibile nella misura in cui la Chiesa con la grazia del sacramento e la società con l’intervento di buoni mediatori, senza giudicare offrono un aiuto, un insegnamento, una guida…

Nell’umiltà di chiedere il perdono e nella gioia di riceverlo si ritrova il gusto di una “nuova vita”: segno di una comunione ricomposta è condividere lo stesso pane, tanto più buono quanto frutto del perdono!

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