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In Confidenza

CRISI OPPURE CRESCITA?

Don ERMINIO VILLA - 28/11/2014

in ginocchioÈ da parecchio tempo che si sente dire un po’ dappertutto che il sacramento della confessione attraversa un momento di particolare difficoltà. La cosa strana è che così non capita per l’Eucaristia: attorno alla riconciliazione c’è disaffezione, per non dire altro; la comunione invece gode di una familiarità più alta.

Le cause possono essere diverse. Molti non nascondono una certa delusione circa il tipo di celebrazione: ad esempio una certa abitudine, troppo meccanica, impersonale, inadeguata al desiderio moderno di autenticità. A un livello più profondo, poi, si registra lo smarrimento del genuino senso del peccato, inteso come rottura dell’amicizia con Dio, Creatore e Padre, norma e fine della nostra vita.

A ciò si aggiunge la ripulsa verso la Chiesa come mediatrice visibile dell’opera di Cristo redentore dell’uomo. Anzi, più radicalmente, in molti c’è il disconoscimento di Dio stesso, a favore di una esorbitante esaltazione di sé, poiché ci si sente unici protagonisti della storia, normatori autonomi della moralità e, dunque, arbitri supremi delle proprie azioni.

Non si chiede perdono a nessuno – né all’Altro, né ad altri – semplicemente perché… non ci si sente in errore!

Accanto a questi “momenti di crisi” non mancano tuttavia segnali di “ricerca di percorsi differenti” per veri cammini di riconciliazione.

In molti penitenti colgo un dichiarato bisogno di inserire il sacramento dentro momenti più ampi e continuativi, in cui l’atteggiamento penitenziale e la celebrazione della grazia si uniscono a forme di accompagnamento e di discernimento spirituale.

Mi sembra – almeno stando a ciò che sperimento in Santuario – che si voglia evitare che tutto si limiti a “due minuti in confessionale”. Illuminare la coscienza prima della “accusa dei peccati” e cercare insieme impegni di penitenza o gesti comuni di riconciliazione, capaci di orientare a vivere secondo lo stile del perdono di Dio, sono due esigenze sacrosante, assolutamente da tenere in considerazione e da accompagnare…

Sarà diminuita la frequenza in molte chiese (qui comunque avverto un fluire costante e in alcuni tratti assai consistente di pellegrini-penitenti), ma è maggiore l’autenticità: quanti si inginocchiano con umiltà e fiducia e presentano i loro problemi, le loro conflittualità interne e i loro peccati, con chiarezza e profondità a volte ammirevoli!

Il bisogno di essere perdonati e perciò l’impegno di saper perdonare a nostra volta sono un’esigenza drammaticamente presente nel cuore di molti. Come Chiesa potremmo essere più audaci nel proporre come stile di vita il bisogno di rispondere ai problemi attuali in termini di gratuità e di “un di più” che viene dalla grazia di Dio, che ci fa capaci di rapporti nuovi.

Venite dietro a me; vi farò pescatori di uomini”: in questo ministero c’è la bellezza e l’urgenza del mio sacerdozio. È il Signore che ai suoi collaboratori propone di raccogliere uomini per la vita, portarli dalla vita sepolta alla vita nel sole, rispondere alla loro fame di libertà e di amore, offrendo l’abbraccio del perdono e il bacio della pace.

Ogni vocazione chiede una conversione: c’è qualcosa da lasciare (le nostre piccole reti) per qualcosa di ben più grande (ridare vita piena e bella).

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