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Attualità

MISSIONARIO DI SPAGNA

ALBERTO PEDROLI - 04/12/2014

“In Spagna? Che ci fa un missionario nella cattolica Spagna?”. Con queste parole mio figlio don Tommaso inizia su Fraternità e Missione, il periodico della Fraternità San Carlo, la sua testimonianza sull’esperienza che sta vivendo a Fuenlabrada, presso Madrid. Ed è la domanda che mi fanno quasi tutti, sorpresi non tanto di sapere che ho un figlio prete ma che svolga la sua missione in un posto allo stesso tempo lontano e vicino rispetto alla nostra terra ed alla nostra cultura.

Sono stato con mia moglie a Fuenlabrada lo scorso 23 novembre, in occasione del suo ingresso ufficiale come parroco a San Juan Bautista, accolto dal vescovo ausiliare della diocesi di Getafe, don José Rico Pavés e questo ci ha permesso di capire un po’ di più di quel mondo e di quella esperienza.

Fuenlabrada fa parte della Comunidad di Madrid (l’equivalente delle città metropolitane da noi di recentissima istituzione) ed è un agglomerato di quasi duecentomila abitanti, cresciuto tumultuosamente quasi dal nulla negli ultimi decenni ma che ora sconta gli esiti dell’inevitabile sgonfiarsi della “bolla immobiliare” che ha retto per un certo tempo lo sviluppo: così, accanto a una certa pretenziosità urbanistica, fatta di larghi viali, di piste ciclabili e rotatorie con monumentali fontane (in omaggio al nome della cittadina che significa “fontana argentata”) sorgono anonimi quartieri privi di storia, di qualità architettonica e di chiara identità sociale.

In uno di questi è situata la chiesa di San Juan Bautista costruita negli anni ’60 del secolo scorso con una parrocchia di trentamila anime, e che il vescovo locale ha affidato da una ventina d’anni, dopo un periodo post conciliare assai burrascoso, ai sacerdoti della Fraternità Sacerdotale Missionaria di San Carlo Borromeo sorta dal carisma di don Giussani, fondata a Roma nel 1985 da don Massimo Camisasca (ora vescovo a Reggio Emilia) e presso la quale don Tommaso è stato ordinato sacerdote nel 2012.

Anche il clima religioso sembra risentire degli stessi contrasti del contesto urbano e sociale. Accanto ad una religiosità ancorata a riti e feste tradizionali, come anche noi abbiamo sperimentato anni fa durante la Settimana Santa, persiste la massiccia ignoranza del cristianesimo che rende l’operato del sacerdote mirato non tanto a una nuova evangelizzazione, ma tout court al primo annuncio, come ricorda lo stesso don Tommaso nella citata testimonianza.

Ebbene la prima cosa che ci ha sorpreso è stata l’attenzione meticolosa con cui vengono svolti i momenti liturgici tra cui la stessa misa de Toma de Posesión, dai canti ai paramenti, ai movimenti dei chierichetti… È un gusto per la bellezza tipica in verità di tutti i gesti della Fraternità San Carlo, anche di quelli più quotidiani che si svolgono nel seminario di Boccea, a Roma, una bellezza che però non è fine a sé stessa ma che nasce dal voler comunicare la gioia dell’incontro con Cristo.

La cerimonia di ingresso, solenne come la celebrazione di un Sacramento, ha visto una massiccia, attenta e gioiosa partecipazione di fedeli alla quale sono seguiti – nello stile spagnolo, esuberante ed espansivo ai limiti dell’esagerazione – gli immancabili momenti di festa. Quanti baci ed abbracci ai genitori del nuevo párroco, compresi quelli da parte di tutte (tutte!) le donne della Confradia di San Juan Bautista, la confraternita dedita, tra le altre cose, alla umile ma preziosa pulizia di tutto il centro parrocchiale! Da dove sbucasse tanta gente lo abbiamo però capito meglio i due giorni successivi quando, entrando nel centro parrocchiale, nel salone o nelle aulette che circondano un piccolo cortile, abbiamo visto ovunque un brulichio di gente mattina e pomeriggio.

Il sito internet della parrocchia, da poco rinnovato e costantemente aggiornato elenca le attività che lì si svolgono con l’aiuto del vice parroco, don Juan Luís Barge Lavandera, di un seminarista e di tanti volontari, rivolte a tutte le classi di età: incontri non solo di preparazione al battesimo, alla prima comunione o al matrimonio, o di catechesi (tra cui la scuola di comunità cardine dell’esperienza di Comunione e Liberazione) ma anche di gioco, di lettura o di concreto aiuto alle persone in difficoltà, corsi di cucina, di lingue, di pittura, di informatica ed ancora opere di carità, cineforum… insomma un luogo dove – per usare le parole di Papa Francesco – non si “chiacchiera” ma si sperimenta la gioia di un incontro con un avvenimento capace di investire ogni aspetto della vita e di portare speranza anche nelle situazioni di povertà, di emarginazione, di vera e propria “periferia”. Personalmente mi è parso irresistibile anche il ricordo di san Giovanni Bosco (di cui l’anno prossimo ricorrerà il bicentenario della nascita), del suo oratorio, del suo andare per le strade a raccogliere i più disagiati.

Un’esperienza insomma che, al di là della responsabilità e dell’impegno per un pastore non ancora trentenne ha potuto far dire a don Tommaso nel saluto finale di sperimentare “una grande pace” perché “il compito del sacerdote è di vivere in prima persona la gioia dell’incontro con Cristo e servire la felicità degli uomini”.

 nelle foto momenti della messa di ingresso del nuovo parroco e di vita parrocchiale 

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