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In Confidenza

TEMPO D’ATTENZIONE

Don ERMINIO VILLA - 04/12/2014

faroL’Avvento – come dice la parola – è il tempo per avvicinarsi, cioè per andare verso… il Dio che viene. Tutto è in movimento: Dio, noi, l’altro…

Diceva Padre Turoldo: Dio si mette in cammino “per scoprirTi nell’ultimo povero, ritrovarTi negli occhi di un bimbo, vederTi piangere le lacrime nostre oppure sorridere come nessuno”.

In questo tempo ci è chiesto di avere più attenzione, come è capitato ai contemporanei di Noè. Nei giorni che precedettero il diluvio “mangiavano, bevevano, prendevano moglie e marito e non si accorsero di nulla”. Alimentarsi, sposarsi, fare affari, divertirsi… sono i gesti più ordinari della vita. Noi siamo impegnati tutti i giorni semplicemente a vivere. Ma corriamo il rischio – tutt’altro che ipotetico – di essere così condizionati dalla ‘routine’ da non avvertire più la straordinarietà di quel che succede.

Infatti “non si accorsero di nulla”. A loro è sfuggito il castigo che stava per accadere (il diluvio); noi rischiamo di perdere di vista l’occasione di vita che è il Vangelo.

È come se Gesù ci invitasse ad ogni piè sospinto: ‘cogli il dono del tempo presente, godi della grazia che ti è data, gusta il mistero che sei invitato a contemplare': “Ti prego: sotto il familiare scopri l’insolito, sotto il quotidiano osserva l’inspiegabile. Che ogni cosa che diciamo abituale, possa inquietarti” (Bertold Brecht).

Tra gli atteggiamenti più diffusi nella nostra società dobbiamo annoverare la superficialità, la frenesia, il calcolo egoistico; invece per cogliere i “segni dei tempi” e ben orientarci anche nei momenti più difficili e confusi, ci vuole l’atteggiamento vigile delle sentinelle: allora si riesce ad accorgersi della sofferenza che ci provoca, della mano che ci chiede aiuto, degli occhi che ci interpellano e delle lacrime silenziose che vi scendono. E contemporaneamente prendiamo coscienza dei doni che abbiamo ricevuto, del potenziale di bellezza e di bontà di cui siamo ricchi, di quanta luce di Dio brilla in noi. Dostoewskij diceva: “Il vostro male è di non rendervi conto di quanto siete belli!”.

Se sono attento e attendo qualcuno, è perché avverto che mi manca. Anche attendere e preparare l’incontro è certo una forma di amore!

Il Dio che si è rivelato a noi fino a mandarci nella pienezza dei tempi il suo Figlio, è un Dio immensamente esigente e misericordioso. È un Dio esigente perché, avendoci assegnato una mèta sopra ogni umana previsione e immaginazione, non solo non accetta il peccato, ma non si contenta mai dello stato di santità dei suoi figli: chiede sempre di più, incalza e inquieta le loro pigrizie, invitandoli ad elevare la vita in orbite nuove e sempre più alte. Ma è, insieme, un Dio la cui misericordia “è più grande del nostro cuore” (1 Gv.3,20): ci prende come siamo, sopporta pazientemente le nostre riottosità, debolezze e lentezze, e dove trova colpa – anche la più grave e ingrata – riesce sempre a sovrastarla con l’amore e a trascenderla con il perdono. Perciò anche le sconfitte e gli avvilimenti di chi dovrebbe vivere ormai definitivamente la vita nuova, non colgono di sorpresa la clemenza del Padre che, col sacramento del Perdono, ci consente sempre di ricominciare da capo e di recuperare ogni volta la fresca innocenza del Battesimo” (Card. Giovanni Colombo).

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