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In Confidenza

NON AVERE PAURA

Don ERMINIO VILLA - 12/12/2014

Simone Martini, Annunciazione, 1333

Simone Martini, Annunciazione, 1333

Quante sono le situazioni che ci ingenerano paure e sospetti, turbamenti e rinunce, complessi e cedimenti? È umano avere paura. Anche Maria, all’annuncio dell’angelo, fu presa da timore…

Ma della paura non bisogna aver paura. È un dono di Dio anche questo sentimento, grazie al quale possiamo essere più prudenti, più umili, più umani. Del resto siamo in buona compagnia…

Ma la paura va superata: se infatti ne restiamo prigionieri, non siamo più liberi di pensare e di agire, di riconoscerci fragili come siamo ma anche ricchi di qualcosa da donare agli altri, e pronti sempre a dare il meglio di noi stessi.

Gesù ha raccomandato ai suoi discepoli (e oggi dice a noi): Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fiducia in Dio e anche in me. Sono gli atteggiamenti fondamentali e vitali per la vita di fede: il “no” detto in faccia alla paura, e il “sì” aperto in favore della fiducia.

Sono gli atteggiamenti indispensabili per rendere armoniosi i nostri rapporti, fecondi i nostri impegni, esatte le nostre prospettive.

A rendere umana e bella la nostra vita sono, infatti, le buone relazioni che instauriamo con gli altri, primi fra tutti i nostri di casa. Diventiamo adulti perché costruiamo una rete di rapporti belli con i nostri simili. La fede religiosa, che poggia sull’atto umano del credere, è oggi in crisi forse proprio perché non abbiamo più fiducia negli altri, nel mondo, nel futuro, nelle istituzioni, nell’amore.

Ritroveremo fiducia nella vita, nella misura in cui anche la nostra fede in Dio saprà ravvivarsi e, se è il caso, rinnovarsi.

Il “salto di qualità” che fa della fede un “caso serio” consiste nella capacità di dare ascolto a quella Voce, che chiedeva di dargli fiducia. Sulla sua parola vale la pena di giocarsi tutto. Troppo preziosa e breve è la vita per rischiare di sprecarla.

La controprova è il non-senso, e quindi la nullità del peccato: ci rende meno uomini, allontanandoci da Dio, da noi stessi, dagli altri.

Sottoscrivo pienamente la testimonianza di don Maurizio Patriciello pubblicata qualche mese fa su “Avvenire”: “Quando qualcuno chiede a me prete di potersi confessare, colgo la fantasia dello Spirito che soffia dove vuole, quando vuole e come vuole…”.

In simili momenti di profondissimo mistero tra Dio, il pastore che chiama, e la pecorella che gli risponde io, come tutti noi preti ordinati per questo ministero della consolazione, sono indispensabile e inutile. Sarei addirittura un intruso, se il Signore non avesse deciso diversamente. Mi rendo disponibile. Ascolto quest’uomo stanco, deluso, amareggiato. Un uomo per il quale Dio è morto. Il suo cuore si apre ad un altro cuore. Mistero della fede. Il Sacramento della Riconciliazione affascina sempre: quando corro a confessare le mie colpe e quando ascolto e assolvo i peccati altrui. Mi sento di affogare in un mare profondo di misericordia e di tenerezza difficile da dire. Lasciamo sempre aperto uno spiraglio alla Speranza che arriva quando meno te l’aspetti. E rendiamoci strumenti pronti a collaborare alle sorprese di Dio, che fa vedere i ciechi, fa parlare i muti, resuscitare i morti.

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