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Attualità

VARESE/1 RICOSTRUIAMO LA NOSTRA BELLEZZA

OVIDIO CAZZOLA - 19/12/2014

panorama vareseNoi varesini non dovremmo evitare di porci, ogni giorno, alcuni drammatici interrogativi nel quadro certamente assai più complesso dei problemi nazionali e internazionali che l’informazione televisiva e della stampa ci ricordano.

Qualcuno afferma che la città affronta passivamente il futuro senza porsi interrogativi su quanto questa passività potrà incidere sulla qualità di vita delle comunità dell’area varesina. Senza sapere offrire una riflessione utile anche a realtà più complesse come quella dell’area metropolitana milanese, per le relazioni evidenti tra il sud della nostra provincia e la confinante parte della ex provincia di Milano.

Riconosciamo, ma persiste al riguardo una evidente noncuranza della pubblica amministrazione, una abbastanza diffusa condivisione di problemi in questa nostra realtà prealpina che si stende fra le sue montagne e i suoi laghi.

Una realtà di bellezza tanto ammirata nel passato e così offesa negli ultimi decenni. Ma anche una realtà sociale ed economica attuale che richiede una riflessione e un progetto. Il capoluogo, il nuovo Consiglio provinciale avrebbero questo compito. Ma il capoluogo si fa condizionare da specifici e circoscritti problemi, certamente meritevoli di attenzione, che non vengono affrontati in una visione più ampia e adeguata.

Si approva un enorme blocco ospedaliero (il cosiddetto Ponte del Sorriso) senza considerare la sua relazione con l’Ospedale di Circolo, un sistema semplice e adeguato di accesso, la necessità di raddoppio di alcuni servizi fondamentali, irrinunciabili. Si affronta il problema dell’accessibilità a Santa Maria del Monte in mancanza tuttora di un serio e coordinato piano di mobilità che la riguardi, abbandonando la funicolare riattivata a un suo triste destino e proponendo un inaccettabile autosilo.

Si fa di piazza della Repubblica il problema principale della città muovendosi dal problema delle lesioni trascurate dell’edificio della caserma, non avendo fin dall’inizio considerato gli obblighi derivanti dalla sua necessaria manutenzione. Proponendo poi soluzioni improvvisate per il teatro e la piazza che si vogliono considerare determinanti per il futuro della città.

Si continua a trascurare il ruolo delle ferrovie e il loro coordinamento con i problemi viabilistici cittadini. Si trascura una realtà urbana che è sotto gli occhi di tutti. Di una città reale che supera i centocinquantamila abitanti.

Il capoluogo non dimostra consapevolezza di questa realtà che gli imporrebbe di promuovere finalmente un progetto comune di vedute con le altre Amministrazioni pubbliche, con impegno condiviso. Come impegnarci per dare un ruolo a questa nostra città, a ricostruire la sua bellezza?

Certamente non con i PGT comunali separatamente pensati da ciascun Comune, mosaico incredibile di vedute locali parziali. Ma anzitutto con una riflessione su una realtà territoriale e paesistica che la natura ci ha donato. Con la sua storia, con la constatazione degli errori commessi, con la volontà di seguire nuovi percorsi non più sostanzialmente dettati da volontà soltanto speculative.

La bellezza che nell’Ottocento attraeva musicisti e scrittori, regine e imperatori per un soggiorno nello spettacolo delle colline e dei laghi, che aveva favorito i grandi interventi del Palace sul Colle Campigli e del Grand Hotel Campo dei Fiori, veniva trascurata, dimenticata nell’ultimo dopoguerra all’insegna della edificazione diffusa e noncurante.

Oggi ci si deve interrogare sulle prospettive di significato, di immagine, riorganizzative che dobbiamo affrontare per questa città. Non si tratta di un’operazione impossibile, a condizione tuttavia di individuare gli obiettivi da raggiungere di funzionalità, di relazione sociale, di bellezza. Contrastando ogni valutazione che sia di sola quantificazione e trascuri la qualità degli interventi. È evidente che per questo occorre mettere a punto procedure nuove di progettazione e di verifica rispetto all’esistente e una rinnovata visione di parti della città e del paesaggio più estesamente considerato.

Innanzitutto occorre chiederci quale prospettiva, quale ruolo, quale organizzazione questa area urbanizzata possa darsi nel generale contesto del territorio prealpino a cavallo del confine italo-svizzero: tutto questo è ancora da definire.

Alcune intuizioni e indicazioni anche di rilevanza economica vengono dallo studio di Piano regolatore di oltre quindici anni fa, che l’allora maggioranza del Consiglio comunale di Varese approvò con alcune modifiche sostanziali riduttive rispetto alla proposta della società Oikos di Bologna incaricata della sua stesura.

Si tratta della vocazione congressuale, che ho più volte ricordato, che veniva indicata come conveniente per la città a servizio dell’ampia area di riferimento tra Malpensa e il Canton Ticino, insufficientemente oggi servita dalle ville Ponti.

Si tratta della necessità riorganizzativa del sistema di mobilità urbana da appoggiare su un sistema ferroviario adeguatamente potenziato. Si tratta ancora – anche se quel Piano non affrontava il problema che ha evidentemente rilevanza sociologica – di ridare riferimenti comunitari e simbolici, luoghi significativi di identità e di incontro dei cittadini.

Quale ruolo di maggiore rilievo dovrebbe assumere nella città la presenza e lo sviluppo dell’Università? È accettabile che l’immagine universitaria sia esclusivamente rappresentata nell’isolamento del ‘campus’ di Bizzozero invece che mantenuta con il rilievo necessario nei luoghi della centralità urbana? Il teatro, che desideriamo, può essere, come nel passato, una realtà conclusa autosufficiente e non deve essere parte di un organismo composito di grande offerta articolata culturale? Dove ci si confronta e si progettano i nostri destini civili?

Il patrimonio di bellezza, che la storia ci ha consegnato, esiste ancora nonostante le offese. Ridisegnare la città anche per la vita di relazione dei suoi cittadini è una necessità urgente e civile, di cui purtroppo si parla ancora poco, rivolti troppo, come finora si è fatto, a una visione di benessere individuale affidato ancora, prevalentemente a un illusorio futuro fondato su un generico progresso. Non improvvisiamo ‘masterplan’ non sufficientemente meditati come quello che si propone per piazza della Repubblica, che pretendono di offrire una rinunciataria città futura ancora una volta rinchiusa su asfittiche, miopi visioni destinate ad esaurire per molti anni ogni possibilità creativa di sviluppo reale. La nostra speranza è nella bellezza. “La bellezza – scrisse un grande scrittore – salverà il mondo”.

Salverà anche la nostra città?

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