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Attualità

IMMIGRATI, UN BUSINESS POVERO

ENRICO BIGLI - 19/12/2014

Centro accoglienza a Lampedusa

Centro accoglienza a Lampedusa

Una frase delle intercettazioni telefoniche sulla “mafia di Roma” ha particolarmente eccitato giornalisti commentatori e numerosi cittadini italiani, il business su emigrati e profughi rende più della droga.

È proprio vero? Proviamo a esaminare i costi per lo Stato cercando poi di comprendere i margini che rimangono a chi volesse farci una speculazione.

Iniziamo dai dati sulle “emergenze” che derivano dai picchi degli sbarchi di profughi a Lampedusa e in Sicilia: negli ultimi anni, in particolare la cosiddetta “Emergenza Nord Africa” del 2011-2012, successiva alla guerra civile in Libia, e quelli di “Mare Nostrum”, operazione della Marina militare avviata dopo la strage in mare dell’ottobre 2013 e attiva fino all’ottobre 2014. In entrambe le occasioni il Governo italiano, attraverso il ministero dell’Interno, ha stanziato cifre straordinarie. Per quanto riguarda “l’emergenza Nord Africa” esistono relazioni ufficiali che hanno calcolato un importo complessivo (spese logistiche più diarie nelle strutture di accoglienza) di 740 milioni di euro nel 2011 e 560 milioni di euro nel 2012. Mentre per il 2014 si possono già effettuare stime che vedono un importo leggermente superiore, però per un numero di profughi ospitati nettamente maggiore. È da tenere conto peraltro che circa 230 milioni ci ritornano da contributi della UE.

Parlando dei costi giornalieri per l’accoglienza, è opportuno sottolineare che le diverse strutture rispondono a meccanismi di finanziamento differenti. Per avere una prospettiva omogenea sui costi, si può fare riferimento alle diarie fissate dal ministero dell’Interno per i posti per la prima accoglienza. Nel 2011 la spesa giornaliera era fissata a 42,50 euro per gli adulti e 75,00 per i minori. Nel 2013-2014, il ministero dell’Interno ha ridotto le diarie a 30 euro per gli adulti e a 40 euro per i minori

Al 30 novembre 2014 gli immigrati presenti nei diversi centri sul territorio nazionale erano 65mila: si può dunque stimare un costo giornaliero di quasi 2 milioni di euro.

In conclusione, le recenti indagini della magistratura – e soprattutto il modo in cui vengono presentate dai media – rischiano di diffondere nell’opinione pubblica l’idea di un business dell’immigrazione. Pur riconoscendo la possibilità di abusi da parte di alcune cooperative che si sono aggiudicate gli appalti non si può generalizzare tacciando di fraudolente le centinaia di cooperative e le migliaia di operatori del settore.

Per puro paradosso ammettendo che i margini di utili che si possano realizzare siano del 30% e che il 30% delle strutture operino in modo illegittimo destinando gli extra guadagni a tangenti ci troveremmo di fronte a illeciti da ridistribuire tra corrotti e corruttori di circa 90 milioni annui.

Approfitto per chiarire al di là nei questo specifico contesto il confronto di costi e benefici per il bilancio dello stato dell’immigrazione. La spesa pubblica per l’immigrazione (comprensiva di scuole, ospedali e pensioni) raggiunge appena l’1,57 (all’incirca 12 miliardi) a fronte di versamenti di tasse e contributi per 13,4 miliardi con un contributo alle entrate dello stato di circa 1,4 miliardi.

Ben diverso il valore, i ricavi e i guadagni del mondo della droga.

Nel settembre di quest’anno il governo italiano autorizzato dalla Commissione europea ha rivisto il PIL inserendo i valori delle attività illecite (abbiamo quindi un valore recente e certificato dall’Istat) per 10,5 miliardi, se questi sono i ricavi possiamo stimare gli utili in circa l’80% pari a 8,4 miliardi. Ben differenti appaiono quindi i valori (e in conseguenza gli interessi della criminalità): con gli immigrati si stima possano ricavare al massimo 80 milioni con la droga 8.400.

Da ultimo e per curiosità più interessante appare il business della prostituzione che l’Istat certifica in 3,5 miliardi.

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