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Editoriale

LIBERTÀ

PIERO VIOTTO - 23/01/2015

croce mezzalunaLa vile aggressione dei fondamentalisti islamici alla redazione del periodico satirico Charlie Hebdo, con l’assassinio di quasi l’intera redazione, ha scatenato nel mondo islamico marce di protesta con incendio di chiese cristiane e numerosi morti per gli interventi della polizia, come risposta alla marcia di Parigi in difesa della libertà di espressione.

Il Presidente francese Hollande ha mobilitato mezzo mondo per difendere un periodico di sinistra, subito ospitato dal giornale “Liberation”, spaccando la Francia, perché i simpatizzanti di destra hanno manifestato da un’altra parte. Il presidente Obama non si è fatto vedere ed in America le vignette che insultano il profeta Maometto non sono state reclamizzate. Chi ha rivendicato la strage ha affermato che l’attacco al negozio ebraico non era previsto ed è stato opera di un’iniziativa solitaria. Papa Francesco si è lasciato scappare una battuta “Se uno offende mia madre gli do un pugno”, che doveva essere “Se uno offende mia madre, mi viene voglia di dargli un pugno”. Da questa situazione complessa è nato un grande equivoco che i giornali e le tv hanno dilatato giocando sulla emotività del pubblico. È ora di fare un po’ di chiarezza in questo groviglio.

La Francia laicista considera la libertà come un recipiente vuoto, ritiene che la libertà di espressione sia anche la libertà di deridere le convinzioni altrui, ma questo è un grande equivoco. La libertà va raccordata con la verità, perché non è fine a se stessa (libertà per farne che?), ma è la possibilità di cercare liberamente la verità. Il Vangelo ci dice che la Verità ci farà liberi, ma Dio non impone la verità, ha creato l’uomo libero perché potesse cercarla da se stesso. Una verità imposta, non compresa, non accettata, non è una verità, genererebbe conformismo, gregarismo, sottomissione ad un leader carismatico. Bisogna educare alla verità, non imporre la verità.

Passiamo dal piano psicologico a quello sociologico: in una società democratica nessun gruppo può prendere l’esclusiva della verità, perché la verità è inclusiva di tutti gli uomini di buona volontà che sinceramente la cercano. Nessun sistema di valori è intrinsecamente falso, altrimenti non sarebbero più valori, ma parzialmente vero, in quanto l’errore è sempre possibile. Di conseguenza lo Stato democratico rispetto ai valori presenti nella comunità dei suoi cittadini non può essere neutro, indifferente, ma neutrale verso i diversi gruppi ideologici esistenti sul suo territorio. La laicità dello Stato non significa indifferenza ai valori, ma rispetto della pluralità dei valori, in quanto non spetta allo Stato scegliere i valori per il cittadino, perché i valori riguardano la coscienza di ciascuna persona. Lo Stato non deve istituzionalizzare nelle sue strutture una religione.

Ed eccoci al nocciolo della questione: la libertà di coscienza. Molti Stati islamici in questi giorni hanno preso le distanze dai terroristi, ma non rispettano la libertà di coscienza, perché istituzionalizzano la religione islamica, tollerano e limitano le altre confessioni religiose, quando non le proibiscono. La verità affascina e la tentazione di imporla agli altri è forte, bisogna trovare un punto di equilibrio tra verità e libertà. Solo con il Concilio Vaticano II il mondo cristiano è uscito dalla ideologia dello Stato cattolico; è auspicabile che presto anche il mondo musulmano si liberi dalla ideologia dello Stato islamico e che Israele, malgrado le intenzioni dei partiti conservatori che lo vorrebbero come una nazione di soli ebrei, non ceda alla tentazione di imporre una religione. È inesatto dire che l’Islam non è democratico e che ci sono solo dei musulmani democratici, perché le religioni trascendono la politica, non sono né democratiche, né antidemocratiche, sono il segno di Dio nella storia dell’uomo

Il mio maestro Jacques Maritain in “L’Uomo e lo Stato”, che stiamo traducendo in arabo, precisa che la laicità dello Stato, cioè la distinzione tra la religione e la politica, non significa affatto una separazione tra la Chiesa e lo Stato, perché anche lo Stato ha dei doveri verso Dio. In una lettera a Paolo VI il filosofo francese, riferendosi alla società americana, esemplifica: se in uno Stato ci sono ebrei, cristiani, protestanti si inviteranno un rabbino, un sacerdote, un pastore nelle cerimonie in cui si implora o si ringrazia Dio.

Giorgio La Pira, che a Firenze convocava i Sindaci di tutto il mondo e faceva incontrare tra loro cristiani e musulmani, credenti e non credenti, amava dire che il Mediterraneo può essere la culla di una civiltà umanistica che nasce dalle sinagoghe, dalle chiese, dalle moschee, superando ogni forma di fondamentalismo e di relativismo, perché germina dalla libertà di coscienza.

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