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Attualità

ARCISATE-STABIO NEL FANGO

SERGIO REDAELLI - 23/01/2015

 

È una linea ferroviaria? Sembrerebbe piuttosto un canale d’acqua e fango. Guardate queste foto scattate domenica 18 gennaio: vengono in mente i Navigli di Milano e il Barchett de Boffalora, la barca che nel ‘700 svolgeva servizio postale e trasporto passeggeri da Boffalora a Milano e ritorno. Sono immagini che fanno riflettere. A sei anni di distanza dall’apertura del cantiere della linea Arcisate-Stabio, salutata nell’estate del 2009 dalle grida di giubilo dei notabili, chi mai direbbe che quella che vedete sopra è una ferrovia? Che sia il cantiere nautico dell’arca di Noè? Chissà, se non altro per i tempi biblici necessari per realizzarla. Forse è davvero meglio ritornare all’antico, al trasporto sull’acqua.

La questione è nota. L’opera inaugurata nel 2009 doveva essere pronta nel 2013, lunga otto chilometri con tre fermate a Induno, Arcisate e Gaggiolo, da costruire ex novo per 3,6 chilometri a doppio binario e raddoppiare sui 4,6 chilometri del tracciato esistente: obiettivo, unire Malpensa alla Svizzera e snellire il traffico veicolare dei quarantatremila italiani che ogni giorno vanno a lavorare oltre confine. Ma, dopo anni di disagi sopportati dagli abitanti dei paesi della Valceresio, di lavori a singhiozzo, di devastazioni ambientali, di venerandi cedri del Libano assassinati e antiche stazioncine liberty rase al suolo come in Italia non accade neppure ai palazzi abusivi, tutto si è fermato per l’imprevisto (!!!) problema dell’arsenico naturale nel terreno che nessuno voleva smaltire.

Il seguito è la solita pochade all’italiana, il rimpallo delle colpe, lo scaricabarile dei politici, il rialzo dei prezzi e i contrasti tra le parti fino alla disdetta dell’appalto. Il contenzioso tra la Rete Ferroviaria Italiana e l’impresa appaltatrice si è risolto con il divorzio consensuale e da allora la trincea che ha sventrato i centri abitati di Induno Olona e Arcisate è diventata un canale d’acqua e di fango. Il cantiere riaprirà a luglio del 2015 ma i sindaci non si fidano più delle promesse: “Chiediamo garanzie sul rispetto dei tempi”, reclama il primo cittadino di Induno Marco Cavallin; e ha inviato a Roma e in Regione una lista di “opere mitigative” per ridurre l’impatto del cantiere sul tessuto urbano in attesa che i lavori riprendano dopo il nuovo appalto.

I tempi sono lunghi, i disagi innumerevoli. Bisogna riasfaltare tratti deteriorati delle vie cittadine percorse per mesi dai camion pesanti impegnati nelle attività del cantiere, ci sono porzioni di strade piene di buche su cui si affacciano le abitazioni, i negozi e le attività artigianali; e, tra queste buche e le pozzanghere, gli autobus sono costretti a fare autentiche gimcane. Il costo presunto dell’intervento mitigativo è di 250 mila euro. Altra questione urgente a Induno Olona è la messa in sicurezza della via Cesariano che è rimasta l’unica, battutissima strada d’accesso alla zona industriale dopo la chiusura del passaggio a livello in via Bidino.

Nell’Italia del 2009 c’erano Formigoni e Guido Bertolaso, oggi i destinatari delle richieste di risarcimento sono Maroni e il ministro Lupi. Gli errori di calcolo, i ritardi, i disservizi pubblici costano e le ferrovie dello Stato e la Regione dovranno provvedere con i soldi dei contribuenti.

L’amministrazione comunale di Induno chiede, infine, che sia riconosciuta una somma per ridurre le imposte locali nel triennio 2015-2017 alle imprese che hanno subìto e continueranno a subire i disagi; oltre che ai cittadini che risiedono nelle aree interessate dai lavori. C’è chi da anni non può entrare in garage con l’auto, ci sono aziende semi-isolate dai varchi troppo stretti e paratie fonoassorbenti che tolgono il sole alle finestre; e alla ripresa dei lavori, le ambulanze non potranno più entrare nelle strade bloccate dall’eterno cantiere: “Al solo pensiero sono già in ansia”, confessa un ammalato di cuore che abita di fianco al “canale di fango”.

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