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In Confidenza

CAPACITÀ DI EDUCARE

Don ERMINIO VILLA - 23/01/2015

abbraccioNella festa della Sacra Famiglia propongo un testo dei Chassidim, gli ebrei mistici dell’Europa centrale, che il filosofo Martin Buber ha raccolto: si tratta di un apologo bello, semplice e originale.

Il padre di Mardocheo si lamentava della pigrizia del figlio nello studio. In città giunse un santo rabbino. Il padre gli condusse Mardocheo perché lo correggesse. Il rabbino volle rimanere solo col ragazzo, lo strinse al cuore e se lo tenne a lungo affettuosamente vicino. Quando il padre ritornò, il rabbino gli disse: “Ho fatto a Mardocheo un po’ di morale; d’ora in poi la costanza non gli mancherà”. Quando, ormai adulto e famoso, Mardocheo, divenuto rabbi di Lechowitz, raccontava questo episodio, diceva: “Ho imparato allora come si convertono gli uomini”.

L’immagine del rabbino che stringe al cuore il giovane Mardocheo in filigrana lascia trasparire un altro profilo, tratteggiato dal Salmo 103: “Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore… Come un padre prova tenerezza per i suoi figli, così fa il Signore con quanti credono in lui” (vv.8-13).

La correzione senza amore – fa intendere il racconto – è sterile. La ribellione spesso nasce nei figli non per mancanza di cure, di benessere, di doni, ma per assenza di vicinanza, di ascolto, di affetto profondo.

I ragazzi ai nostri giorni sono coperti di cose, di atti, di premure materiali, di attenzioni alla loro salute e ai loro desideri immediati. Quanto è raro, però, che un genitore si impegni a dialogare col proprio figlio – il Papa ha chiesto espressamente anche di giocare con loro – e sappia stringerselo (soprattutto spiritualmente) al cuore, così da far sbocciare la confidenza…!

Educare e guidare fanno parte di un dono prezioso da implorare da Dio, perché si tratta di un’arte piuttosto delicata e impegnativa. Anche i più piccoli meritano rispetto e comprensione. Certo è più facile accontentarli piuttosto che capirli, così come si preferisce vederli sazi esteriormente e soddisfatti invece di fare nostri i loro interrogativi, comprenderne le insoddisfazioni interiori e perdonare i loro sbagli.

Gesù, descrivendo la sua attività evangelizzatrice, ha dichiarato: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra…e la spada…”. La sua missione, affidata oggi agli educatori che operano nelle famiglie, nelle parrocchie, in vari gruppi e associazioni, consiste nell’innalzare la temperatura morale in cui avvengono le vere trasformazioni dei cuori.

Siamo discepoli di un Vangelo che “brucia dentro”: la sua parola che ci infiamma vuole scuoterci da una fede che rischia di essere solo un tranquillante, se non addirittura un sonnifero.

La nostra fede è abbracciare il progetto di vita di Cristo, convinti che un altro mondo è possibile. Non si tratta di mettere in pace le coscienze, ma di risvegliarle! E la pace di chi si dona, di chi ama, di chi non è attaccato ai soldi, di chi non vuole imporsi o vendicarsi diventa “la spada”, perché va ad urtarsi con chi pensa invece di dominare, di arricchirsi, di godere.

Osservava il card. Martini: “La differenza decisiva non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa”. C’è pure tra chi si domanda cosa c’è di buono o di sbagliato in ciò che accade (e provvede al caso) e chi non si domanda niente (e quindi non fa nulla)…

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