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Cultura

ERASMO, UN MEDIATORE SFORTUNATO

LIVIO GHIRINGHELLI - 23/01/2015

ErasmoErasmo da Rotterdam (1469–1536) è stato giustamente definito riformatore senza scisma, maestro dell’interiorità e del dubbio, animato da una filosofia, che risiede più autenticamente nel sentimento che nel sillogismo, da un cristianesimo costruito su un solido fondamento biblico e fortemente connotato in senso etico, lontano da un’esperienza religiosa dominata dal conformismo e da un formalismo astratto e sterile. Si trovò a criticare la Chiesa dei suoi tempi sempre più involta in questioni di potere e sempre meno fedele al messaggio di Cristo, sostenitore di una fede interiore aliena dalle manifestazioni esteriori di culto. Il suo è un cristianesimo che interpella ogni singolo fedele, riducendo il peso e i vincoli dell’istituzione ecclesiastica. Cristo è il Redentore che ha restaurato nella sua dignità una natura umana originariamente buona. Il suo messaggio rifugge da ogni fanatismo, superstizione, autoritarismo, dogmatismo.

Retore raffinato, Erasmo è filologo di grande ingegno sulla scorta degli studi condotti su Lorenzo Valla (nel 1505 ne fa pubblicare le annotazioni al Nuovo Testamento elaborate nel 1444), sente l’esigenza di affrontare un’edizione filologicamente attendibile e una nuova traduzione del Nuovo Testamento; ne dà il testo liberato da lezioni corrotte e false interpretazioni e irrigidimenti dottrinali nel 1516 con apparato di note. Predica la lettura personale del Nuovo Testamento nei termini di un messaggio semplice, accessibile a tutti gli uomini, in grado di illuminare le vite dei singoli come l’orizzonte della comunità. Dedica particolare attenzione alla Patristica, specie a quella del quarto secolo, poco frequentata nel Medio Evo. Escono a sua cura edizioni critiche dei classici greci e latini.

Del 1500 è la prima edizione degli “Adagi”, ne succederanno nel 1505, nel 1508 e la definitiva a Basilea nel 1536. Si tratta di una messe di proverbi antichi commentati; in primo piano si pongono quelli sulla pace in un’Europa sconvolta dalle guerre. Dal “Dulce bellum inexpertis”: la guerra è una barbarie che snatura e deforma l’essenza profonda dell’uomo. Soprattutto contraddice in tutto gli insegnamenti del Maestro.

Nel 1511 esce il famoso “Elogio della follia”, ispirato al tipo di satira greca praticato da Luciano di Samosata. Si tratta di una apologia carica di intenti di istruzione e ammonimenti, concentrata più sul ridicolo che sull’osceno. È una rassegna delle debolezze, costumi, vizi dei contemporanei, una vera e propria fenomenologia della follia che domina linguaggio, istituzioni e che contempla tra l’altro la presunzione teologica (quella scolastica gli appare solo come una speculazione astratta, comunque frigida) e l’immoralità del clero. “La vita umana nel suo insieme non è che un gioco, il gioco della pazzia”. “Ogni cosa umana ha come i Sileni di Alcibiade due facce diametralmente diverse l’una dall’altra”, in un gioco vertiginoso di rovesciamenti. A questa follia di carattere negativo si contrappone quella positiva della Croce, di cui ci parla San Paolo nella I Lettera ai Corinzi.

Centrale si presenta nella speculazione di Erasmo anche il problema pedagogico. Nel 1516 esce l’ “Institutio principis christiani”, dedicata all’edificazione e formazione del sedicenne Carlo I di Asburgo, futuro imperatore col nome di Carlo V. Ci si prospetta la figura del re savio (d’ascendenza platonica: il re filosofo). Questi deve condurre una vita sobria e morigerata, con obiettivi il bene comune, la pace, la conoscenza della verità, l’amore della giustizia, la rinuncia all’avidità e alla cupidigia, alle ambizioni personali.

Il principe ideale andrebbe scelto secondo il meccanismo elettivo, ma siccome principi si nasce, è necessario allora che il principe vada educato da un precettore-consigliere, in modo soprattutto che si liberi da intemperanze ed eccessi dell’io. L’institutio per Erasmo si deve congiungere con l’eruditio e la conquista della virtù. L’educazione deve essere graduale, libera e liberale, con valorizzazione dell’indole e delle inclinazioni dei singoli allievi. Vanno incentivati studio e apprendimento e creati autodisciplina, discrezione, pudore e attitudine alla preghiera.

I rapporti di Erasmo con Lutero e gli altri maestri della Riforma (Melantone, Zwingli) risalgono almeno al 1516, ma a causa delle intemperanze e dell’ostinazione dogmatica del sassone le divergenze in merito a questioni cruciali si fanno via via più pronunciate, specie in relazione alla rottura definitiva pronunciata colla bolla papale di condanna del 1520 e all’editto di Worms del1521. Dal 1521 i due sono schierati su fronti opposti. Con la diatriba “Sul libero arbitrio” (1524) Erasmo, che continuerà a spendersi per una soluzione pacifica della crisi religiosa, dichiara in contrasto che è possibile per l’uomo l’esercizio della volontà di scegliere tra il bene e il male; egli è un collaboratore, non un puro strumento dell’azione di Dio; non deve rinunciare all’impegno, a conseguire un merito. Senza responsabilità individuale non può darsi etica. Per cui va stabilita una sostanziale commensurabilità tra giustizia divina e giustizia umana. Gesù è fratello e maestro degli uomini peccatori.Il clima è quello di una collaborazione, sia pure fortemente asimmetrica, tra grazia divina e volontà umana.

Per Lutero invece (“Sul servo arbitrio” – 1525) con il peccato originale si è aperto un abisso incolmabile tra la dimensione dell’uomo e quella di Dio, l’uomo è ormai strutturalmente incapace di compiere il bene. La giustificazione ora avviene solo in virtù della fede, non delle opere. Il dono della grazia è imperscrutabile e assolutamente non negoziabile. Quello che l’uomo fa non vale nulla davanti a Dio, alla cui onnipotenza ci si deve abbandonare con fiducia. Anche la storia del mondo è dominata dalla lotta tra Dio e Satana con il seguito di sconvolgimenti, sedizioni, discordie, guerre inevitabili.

Per Erasmo in un’operetta del 1524 sull’immensa misericordia di Dio si ha una lettura ottimistica della predestinazione (teologia del cielo aperto). Esercitando un difficilissimo ruolo di mediazione sui fronti opposti (Chiesa cattolica – eresia luterana) Erasmo è afflitto da condanne e censure, dai difensori romani dell’ortodossia per doppiezza e complicità, dai novatori per debolezza e ambiguità, irresolutezza nel portare sino in fondo le sue critiche agli ambienti ecclesiastici corrotti e alla pietà popolare superficiale. Dopo avere rifiutato la nomina a Cardinale fattagli da Paolo III, Erasmo muore a Basilea il 12 luglio 1536. Nessun inquisitore al momento ha aperto formalmente un processo contro di lui, ma le sue opere, condannate integralmente, vengono inserite nel primo libro dell’Indice dei libri proibiti ad opera di Paolo IV nel 1559. Nel 1543 i suoi libri vengono bruciati a Milano.

Nato a Rotterdam nel 1469, dopo la morte in ancor tenera età dei genitori, Erasmo è iscritto col fratello Pietro nei “Fratelli della vita comune”, subendo un trattamento mal tollerato. “I Fratelli non avevano altro scopo che ostacolare lo sviluppo del mio talento naturale, con le botte, i rimproveri e la severità, per rendere il mio animo adatto al convento”. Nel 1492 è ordinato canonico dal vescovo di Utrecht e diventa segretario del vescovo di Cambrai, si trasferisce poi a Parigi per conseguire il titolo di dottore in teologia. Nel maggio del 1499 parte per l’Inghilterra e nell’autunno si stabilisce a Oxford, stringendo amicizia con Tommaso Moro. Del 1503 è il Pugnale del soldato cristiano (un uomo d’armi dalla vita sregolata che si converte a un intenso itinerario spirituale. Dal 1506 è in Italia per un triennio, si laurea in teologia a Torino, attende allo studio del greco con il dotto bizantino Giovanni Lascaris, si dedica all’editoria con Aldo Manuzio a Venezia. Nel 1512 è nominato dall’Arcivescovo di Canterbury a capo della parrocchia di Aldington nel Kent (con un’entrata fissa che gli dà agio di disporre del suo tempo per approfondire gli studi e curare l’insegnamento. Di seguito i riconoscimenti in molte Università e ambienti intellettuali del Nord Europa e le forti tensioni con Lutero.

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