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Attualità

QUANDO SI FA SERA

don ERNESTO MANDELLI - 30/01/2015

 

Caravaggio, Cena in Emmaus, Londra National Gallery

Caravaggio, Cena in Emmaus, Londra National Gallery

Solo un soffio l’uomo che vive,come l’ombra l’uomo che passa (Salmo 38)

Ho avuto la fortuna di venire al mondo in una famiglia povera, ma dignitosa. Mio padre credeva negli ideali del lavoro e della giustizia. Di lui un ricordo doloroso: nell’anno 1944 segregato per alcuni giorni dalle milizie del regime, tornò a casa dopo essere stato picchiato e col volto tumefatto. Mia madre era donna generosa, spirito di sacrificio e solida fede. La ricordo con tenerezza: in ginocchio lungo il fiume a lavare i panni di famiglie nelle quali prestava servizio. Mio fratello maggiore era una persona buona e discreta.

L’incontro con un giovane prete mi pose presto davanti alla necessità di dare un senso alla vita. Un ideale veniva così calato gradualmente nel cuore, che poi diventerà disponibilità a mettere la vita al seguito di quel Maestro, che subito si presenta con inviti discreti ed affascinanti.

I lunghi anni del seminario sono stati l’attesa di quella meta, che era diventata sogno e decisione della vita e di quel ministero accanto a Colui che è venuto per essere al servizio del bene di tutti. Anni giovanili passati tra ideali entusiasmanti ed elevati, ma anche attraversati da inevitabili crisi. La presa di coscienza di non condividere l’amore di una donna sola per te richiese decisioni sofferte e coraggiose. È il momento che ti prende per mano il Maestro, lui che è venuto per dare la sua vita per amore di tutti senza limiti ed esclusioni. Un altro momento di crisi, più impegnativo, lungo il cammino di formazione, è stata la consapevolezza chiara che la chiamata era troppo alta, non fatta per te, sentivi di non esserne degno. Meglio rinunciare, non si può fingere con la presunzione di sostenere una missione superiore alle tue forze. Ma ancora il Maestro ti parla: “Impara da me che sono mite ed umile di cuore”. Da allora la sua compagnia si fa necessaria e la sua presenza non ti abbandona. Al termine degli anni di seminario, prima di diventare prete, un lungo periodo di malattia ha completato quella maturazione in umanità, che gli studi da soli non possono dare.

Fin dai primi anni del ministero più volte si presenta un dilemma sofferto: la fedeltà al servizio a cui sei chiamato diventa difficile quando la tua Chiesa, che hai amato e che ami, non ti pare in sintonia con la vita e le parole del Maestro. Da questa percezione nascono numerosi momenti di scoraggiamento e “il volto si fa triste” come quello dei due discepoli di Emmaus (Luca 24, 13-35). È  una lotta interiore e lunga di fronte a tradizioni, orientamenti e regole, che non vedi più coerenti con lo spirito del Vangelo e non più capaci di dare risposte adeguate ai segni dei tempi.

Ma ecco arrivare il vento improvviso, impetuoso e travolgente del Concilio Vaticano II. Un uomo semplice, di grande coraggio e fede, il Papa buono dà inizio a una primavera per la Chiesa, tempo di freschezza, di rinnovamento, di risposte coraggiose di fronte alle sfide di un mondo in rapida evoluzione. L’avvenimento conciliare dà il via a una riforma della Chiesa e porta gli uomini alle sorgenti della fede. È  un momento di grazia: tocchi con mano che una ispirazione misteriosa sta spingendo la navicella di Pietro. È  come rinascere. Ti accompagna la gioia di essere guidato in una avventura per la quale vale la pena spendersi. Come ai due di Emmaus “ardeva il cuore in petto” mentre il Maestro parlava e guidava con forza la sua Chiesa.

Dopo pochi anni però su quel tempo benedetto calano le oscurità e si affievolisce la speranza. Allora forte nasce dal cuore l’implorazione: “Resta con noi Signore, perché si fa sera”. E ancora una volta il Maestro ti prende per mano e ti invita alla sua Cena, per vivere una comunione unica con lui e con gli altri fratelli. È  il “memoriale”, presenza reale del suo amore; ti chiama a stare davanti alla sua croce, lui inchiodato, deriso, sconfitto, ma libero di un amore senza limiti, anche i nemici sono fratelli. Tocchi con mano la sua presenza, sempre più vera, unica, indispensabile: qui sta l’Amore. Non hai più bisogno di nulla, tutto è chiaro, questa è la bella notizia.

Lasci Emmaus, rinnovato e trasformato: Gesù è vivo, lo hai riconosciuto e incontrato “allo spezzare del pane”. Non cercarlo altrove, per altre strade, perché ora è dentro di te. Anche tu con lui sei risorto a vita nuova. A Gerusalemme, come su altre strade del mondo, incontri fratelli e sorelle, che vivono la stessa fede e la stessa gioia. Con loro puoi sperimentare e vivere la comunione fraterna. A loro ti puoi unire per annunciare al mondo intero la bella notizia: Gesù è vivo!

Sono molti i fratelli e le sorelle incontrati, ai quali sono grato per avermi sostenuto e confermato nella fede. Uomini e donne, che con la loro testimonianza di fede e carità vissuta nelle famiglie, nel mondo del lavoro, nella società, nella esperienza della malattia e della sofferenza, nell’amore ai poveri, mi hanno costantemente annunciato che vivere la fede in Gesù Cristo è possibile anche nel nostro tempo per dare senso pieno alla vita. Le esperienze e i campi di missione nel mio servizio nella Chiesa e nella società sono stati vari: la vita nelle parrocchie, il mondo del lavoro, dei malati, dei disabili, dei poveri, dei migranti.

Assieme a uomini e donne ho avuto la possibilità di vivere esperienze lavorative accanto a malati e disabili. Con colleghi di lavoro ho trovato amicizie sincere e solidarietà concrete, le quali oltre che mettermi a contatto diretto con tante miserie umane, mi hanno fatto crescere in umanità e sperimentare che, uniti su alti ideali comuni, si possono trovare strade e iniziative per sostenere uomini e donne, che nella loro vita sono stati molto provati e meno fortunati di noi. Porto nel cuore, con sincera commozione, l’incontro con tante persone, credenti e non credenti: con loro è nata una vera amicizia, dono grande, della quale sono profondamente riconoscente.

Il volto della Chiesa, alla quale ho sempre guardato è quello della Pentecoste: una famiglia di fratelli e sorelle radunati in attesa dello Spirito per lasciarsi da lui guidare nel mondo ad annunciare il Vangelo. Con noi c’è la presenza discreta e amorevole di Maria, donataci da Gesù come madre, che ci accompagna sapientemente alla sequela di Gesù.

Tra le tante persone che mi sono state di aiuto nel cammino della fede voglio ricordare in particolare il cardinal Carlo Maria Martini, vero uomo di Dio, capace di leggere con sapienza la Parola di Dio e quindi di illuminare gli eventi degli uomini e della storia.

Ho avuto tanti doni nelle persone incontrate, in particolare ringrazio Dio, Padre della vita, per i due ragazzi che a un certo punto sono entrati nella mia vita e mi hanno aiutato a vivere orizzonti nuovi, ricchi di umanità.

Ora arrivati gli anni ottanta, mentre ho la gioia di assistere a una nuova primavera nella Chiesa, con un Papa venuto dalla fine del mondo a guidare la Chiesa, si avvicina la sera della vita ed è bene unirsi a quanti stanno attendendo l’ultimo giorno terreno. Qui vivono uomini e donne, malandati nel corpo ma vigili nello spirito. Essi sono un messaggio vivente, detto appena con un fil di voce, che è vicino il momento di incontrare lo Sposo che sta per venire. La speranza è viva e mentre“aspettiamo nuovi cieli e terra nuova, dove abita la giustizia” (2 Pt3, 12) invochiamo “vieni, Signore Gesù”. Amen.

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